
La nostra pelle opsita tantissimi batteri, funghi e virus i quali formano il cosiddetto microbiota cutaneo. Un recente studio pubblicato sul Journal of Invesigative Dermatology avrebbe scoperto un ceppo specifico di questi batteri cutanei aiuterebbe a ridurre l'effetto immunosoppressivo della luce ultravioletta del Sole. Questo potrebbe aprire nuove prospettive per la fototerapia e la prevenzione delle malattie della pelle.
L’esposizione ai raggi UV infatti, e in particolare ai raggi UVB (280-315 nm, particolarmente energetici e in grado di provocare scottature), potrebbe indebolire temporaneamente le risposte immunitarie della pelle. Questo effetto è dovuto, tra le altre cose, anche dalla trasformazione di una molecola naturalmente presente nell’epidermide, l’acido urocanico (UCA). Nello specifico i raggi UVB farebbero avvenire una isomerizzazione, quindi il passaggio dalla forma trans (tUCA) alla forma cis (cUCA). Ecco, la forma cis dell'acido urocanico ha proprietà immunosoppressive.

Il cuore dello studio consiste proprio nella scoperta che alcuni batteri cutanei, come Staphylococcus epidermidis, sarebbero in grado nei topi di “mangiare” il cUCA, riducendo quindi la sua azione immunosoppressiva. Questo sarebbe dovuto all'azione di un enzima – l'urocansi – che consentirebbe loro di metabolizzare il cUCA e quindi di ridurne la concentrazione sulla pelle.
Questi studi quindi ci dicono che agire sul microbioma cutaneo – ad esempio, attraverso la selezione di batteri specifici o l’uso di inibitori enzimatici – potrebbe potenziare l’efficacia di terapie per alcune malattie della pelle. In più, controllare la concentrazione del cUCA potrebbe aiutare a prevenire alcune patologie legate all’esposizione solare.