
Forse non tutti sanno che sono esistiti dei costumi in poliuretano per il nuoto agonistico, gli LZR Racer, che furono banditi perché fecero infrangere così tanti record che alla fine vennero considerati “doping tecnologico”.
La storia comincia alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Il pubblico trattiene il fiato, i nuotatori sono sui blocchi di partenza, scatta la gara… e il tabellone si illumina: nuovo record mondiale. Non una volta, ma decine e decine di volte. In meno di due anni, nel nuoto vengono abbattuti più di 130 record mondiali, un fenomeno mai visto nella storia dello sport. E la domanda che tutti si sono fatti è stata: ‘ma davvero gli atleti sono diventati improvvisamente più forti?’. No, non erano cambiati loro, erano cambiati i costumi. Vennero prodotti gli LZR Racer, costumi ideati in collaborazione con la NASA che univano un tessuto tecnico come il nylon a pannelli di poliuretano ed erano in grado di comprimere il corpo, diminuire l'attrito e controllare il flusso dell'acqua. Queste caratteristiche "dopanti" portarono i "supercostumi" ad essere banditi dalla FINA (Federazione Internazionale di Nuoto) nel 2010, facendo crollare il numero di nuovi record.
La storia dei costumi in poliuretano racconta che lo sport non vive solo di allenamento e talento, ma anche di ricerca e tecnologia. Un’innovazione che ha trasformato il nuoto e ci ha insegnato che, a volte, non è l’uomo a spostare i confini dello sport… ma la scienza dei materiali.
I costumi in poliuretano LZR Racer e poi banditi: la rivoluzione nascosta
Fino ad allora i costumi da nuoto erano simili tra loro: un tessuto tecnico come il Nylon, elasticizzato e aderente al corpo, ma senza grandi innovazioni. Poi, poco prima delle Olimpiadi di Pechino, l'azienda inglese Speedo presenta un costume completamente diverso sviluppato in collaborazione con la NASA: il LZR Racer.
Alla vista sembrava un costume intero tradizionale, ma al suo interno nascondeva una vera e propria rivoluzione dei materiali. Aveva come base un tessuto composto da elastomero e nylon. A questa struttura si aggiungevano sottili pannelli di poliuretano, termosaldati in punti mirati, per migliorare la scorrevolezza in acqua e aumentare la compressione sul corpo.
Qui entrò in gioco l’esperienza della NASA: le stesse competenze di fluidodinamica usate per ottimizzare aerei e navicelle spaziali furono applicate al nuoto. I tessuti furono testati in galleria del vento per capire quali opponessero minore resistenza, e vennero scelti i materiali più scorrevoli. Anche le cuciture furono ridisegnate: non più ago e filo, ma giunzioni fuse ad ultrasuoni, pensate per eliminare ogni discontinuità che potesse rallentare l’avanzamento in acqua. Ogni dettaglio era pensato per ridurre al minimo il drag, cioè la resistenza dell’acqua sul corpo. Questa collaborazione tra scienza spaziale e sport trasformò il costume in molto più di un semplice indumento: un piccolo razzo spaziale per il nuoto.

Il risultato? Un salto in avanti nelle prestazioni mai visto prima. I cronometri impazziscono: in due anni, più di 130 record mondiali vengono riscritti. Parliamo di miglioramenti enormi: invece di pochi decimi di differenza, i cronometri segnavano progressi di secondi interi. Alle Olimpiadi di Pechino del 2008, vediamo tempi incredibili: Michael Phelps sigla 8 ori con performance leggendarie, Federica Pellegrini diventa la prima donna sotto 1’55’’ nei 200 m stile libero, record ritoccato l'anno successivo e destinato a durare 14 anni. Ma non solo: i tempi dei 50 m e 200 m stile libero uomini fatti segnare nel 2009 sono tutt’ora imbattuti.
Perché i costumi LZR Racer funzionavano così bene
I costumi ‘miracolosi’ del 2008 non rappresentavano solo un cambiamento estetico: aumentavano in modo sostanziale la velocità dei nuotatori. Gli studi stimano che i full-body introdotti nel 2000 davano circa 1% di vantaggio rispetto ai precedenti, mentre i costumi in poliuretano arrivavano fino al 5,5%. Una differenza enorme, soprattutto nelle gare più brevi.
Ma perché erano così veloci?
- Compressione del corpo: l’elevata rigidità dei costumi comprimeva il corpo, riducendone la superficie esposta all’acqua. Un corpo più allineato e stretto significa meno resistenza idrodinamica. Immagina di stringere un cuscino in una federa piccola: diventa più sottile e l’acqua incontra meno superficie da spingere via.
- Riduzione dell’attrito: il poliuretano ha una superficie molto più liscia dei tessuti tradizionali. Questo permette al costume di scivolare meglio, un po’ come pattinare su ghiaccio levigato invece che su ghiaccio ruvido. Il risultato? L’acqua oppone meno resistenza e la velocità aumenta.
- Controllo del flusso d’acqua: normalmente, quando l’acqua scorre sul corpo, a un certo punto si stacca creando turbolenze dietro il nuotatore, una specie di “scia” che frena. I costumi aiutavano l’acqua a rimanere attaccata al corpo più a lungo, riducendo queste turbolenze.
Un mix perfetto di fisica e ingegneria dei materiali. Negli sprint (50–100 m) i vantaggi erano enormi, perché a velocità più alte la resistenza dell’acqua cresce molto. Nelle gare lunghe, invece, il costume rigido poteva diventare scomodo: stringeva, limitava i movimenti e affaticava i muscoli, garantendo un vantaggio ridotto o addirittura annullato nelle distanze di fondo.

I costumi in poliuretano vennero banditi dalla FINA: il doping tecnologico
Non tutti i nuotatori avevano accesso a quei modelli, e presto la stampa parlò di “doping tecnologico”. Dopo i Mondiali di Roma 2009, la FINA (Federazione Internazionale di Nuoto) intervenne: dal 2010 furono vietati i costumi in poliuretano. Da allora, gli atleti possono usare solo costumi in tessuto, dalla vita al ginocchio per gli uomini e dalla spalla al ginocchio per le donne. Una scelta necessaria per riportare il nuoto agli atleti e non alla tecnologia. E infatti, dopo la restrizione, il numero di record crollò di colpo.