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2 Dicembre 2025
6:00

I fossati vicino a Stonehenge non sono naturali, li ha scavati l’uomo nel Neolitico: lo studio

Uno studio internazionale ha identificato vicino a Stonehenge un anello di grandi fosse neolitiche a Durrington Walls. Le prospezioni geofisiche, i carotaggi e le analisi dei sedimenti mostrano che sono strutture antropiche profonde 4–5 m e larghe fino a 20 m, usate dal 2500 a.C. all’Età del Ferro forse con funzioni rituali legate al vicino sito megalitico.

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I fossati vicino a Stonehenge non sono naturali, li ha scavati l’uomo nel Neolitico: lo studio
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Un nuovo studio internazionale, condotto da una équipe multidisciplinare delle università di Bradford, Birmingham, Warwick, Trinity Saint David, e St. Andrews, nel Regno Unito, ma anche di Vienna e Beijing-Hong Kong, ha individuato e studiato una serie di enormi fosse risalenti al Neolitico non lontane dal celebre sito di Stonehenge. Si è ritenuto che queste anomalie nel terreno, disposte ad anelli concentrici, fossero naturali, ma le diverse tecniche di prospezione adoperate hanno dimostrato la loro origine artificiale.

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Elaborazione grafica delle fosse del sito di Durrington Walls. Credit: Gaffney et al.

A 3 km da Stonehenge, nel sud-ovest dell'Inghilterra, si trova il sito di Durrington Walls, parte dello Stonehenge World Heritage Site. Nel 2020, una serie di prospezioni archeologiche individuò un insieme di grandi buche, successivamente riempite con un interro. Questa serie di buche (con diametro fino a 20 metri) è disposta su due archi, che formano un grande anello dal diametro di 2 km. Il gruppo di ricerca che si è occupato dello studio di queste grandi fosse ha voluto utilizzare diverse tecniche di analisi per stabilire se si trattasse di formazioni naturali o antropic

In primo luogo sono state adoperate tecniche di prospezione elettromagnetica. Misurando la conducibilità elettrica del terreno, è possibile stabilire se il sedimento presente all'interno di queste formazioni sia effettivamente un riempimento, diverso dal terreno circostante. Le analisi elettromagnetiche hanno in effetti segnalato differenze nella conducibilità elettrica del terreno.

Un'altra tecnica usata dai ricercatori, la Electrical Resistance Tomography (misura la resistenza agli impulsi elettrici dei diversi tipi di terreni), ha permesso di misurare la profondità e la forma di queste supposte buche. L'analisi ha in effetti dimostrato che si tratta di fosse profonde tra i 4 e i 5 metri, con fianchi inclinati e fondo piatto, tutti elementi che fanno propendere per una loro origine non naturale.

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Le enormi fosse del sito neolitico, segnalate come anomalie dalle prospezioni elettromagnetiche. Credit: Gaffney et al.

Successivamente sono stati eseguiti dei carotaggi, che hanno dimostrato come il riempimento delle buche sia composto da una successione di diversi strati, anche con ghiaia di origine non compatibile col terreno circostante, e dunque sicuramente portata all'interno da qualche altra parte. A supportare l'origine antropica dei sedimenti di riempimento, hanno concorso anche le analisi chimiche dei suoli, che hanno dimostrato come questi riempimenti si siano succeduti nel corso del tempo, in più fasi.

Attraverso un'altra tecnica, la OSL (Optically Stimulated Luminescence), che permette di datare la formazione dei sedimenti stimando l'ultimo momento in cui i campioni sono stati esposti alla luce solare (quindi prima del loro interro), gli autori dello studio hanno proposto una datazione e una sequenza per queste grandi buche. Potrebbero essere state scavate attorno al 2500 a. C. (dunque sarebbero coeve ad alcune fasi d'uso di Stonehenge, alla fine del Neolitico) e che siano state in uso (con una serie di progressivi interri) per tutta l'Età del Bronzo e per parte dell'Età del Ferro, almeno fino alla metà del V sec. a. C. Nelle fasi successive, durante l'epoca romana e medievale, l'uso di queste fosse sarebbe terminato, e i riempimenti artificiali sarebbero stati progressivamente sepolti da un interro naturale.

All'interno dei vari livelli di riempimento vi erano numerosi resti animali, soprattutto di bovini e ovini. Questi sono stati sottoposti ad analisi del DNA, per stabilire se ci fosse una certa coerenza tra i resti ritrovati nei diversi strati, oppure questi fossero finiti casualmente all'interno dei diversi interri. In effetti, all'interno dei riempimenti più antichi, quelli risalenti al Neolitico e all'Età del Bronzo, è stata ritrovata una quantità maggiore di resti animali coerenti, segnalando come probabilmente, nei pressi delle buche, durante questo lungo periodo, si svolgessero attività legate agli animali, non è chiaro se rituali oppure pratiche.

L'ipotesi presentata dai ricercatori britannici è la prima. Considerando come si sia a poca distanza da Stonehenge, e come il paesaggio fosse un riflesso della ritualità delle popolazioni dell'Inghilterra neolitica, è probabile che nei pressi di Durrington Walls si svolgessero dei riti legati a queste grandi fosse, in qualche modo associati al grande complesso megalitico.

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