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21 Febbraio 2025
14:30

I nematodi di Chernobyl non presentano “danni” da radiazioni al DNA: perché la scoperta è importante

L'area circostante la centrale di Chernobyl è tra le più contaminate al mondo da materiale radioattivo, noto per la sua capacità di indurre danni nel DNA. Tuttavia, uno studio della Columbia University non ha rilevato “danni” e cambiamenti genetici significativi nei nematodi prelevati dalla zona di esclusione (CEZ).

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I nematodi di Chernobyl non presentano “danni” da radiazioni al DNA: perché la scoperta è importante
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I nematodi (noti anche come vermi cilindrici) che popolano la zona di esclusione di Chernobyl (CEZ) non mostrano danni genetici significativi rispetto agli esemplari cresciuti in ambienti incontaminati. Questo dato è particolarmente interessante considerando che in questa regione – recentemente attaccata da un drone che ha colpito il sarcofago del reattore 4 – è ancora vietato vivere per gli esseri umani a causa degli elevati livelli di radioattività rimasti dopo il disastro nucleare del 1986. Ad affermarlo è uno studio condotto dalla Columbia University e recentemente pubblicato sulla rivista PNAS. Questa scoperta suggerisce una forma di resistenza genetica che non sembra influenzata dal livello di radiazioni ambientali. Sebbene la presenza di materiali radioattivi comporta un aumento dei rischi di malformazioni e malattie, gli animali continuano a prosperare in questo ambiente così avverso, anche per via dell'assenza umana. Questo dà la possibilità agli scienziati di indagare gli effetti delle radiazioni negli organismi di varie specie. Capire i meccanismi alla base di questa resistenza potrebbe trovare applicazioni nello sviluppo di nuovi trattamenti contro il cancro e altre patologie causate da anomalie genetiche.

Cosa succede ai vermi di Chernobyl: i nematodi resistenti alle radiazioni

Lo studio della Columbia University ha analizzato il DNA dei nematodi (che comprendono i comuni vermi cilindrici presenti nel suolo) nell’area attorno all'ex centrale nucleare di Chernobyl. Dai 298 nematodi prelevati da diverse aree della zona di esclusione (ad alta e a bassa radioattività) non è stato riscontrato un aumento significativo di “danni” nel DNA rispetto agli esemplari raccolti in ambienti non contaminati (Filippine, Germania, Stati Uniti, Mauritius e Australia), utilizzati come controllo.

Oltre al confronto sui genomi di nematodi esposti a diversi livelli di radiazioni, i ricercatori hanno testato l'influenza delle radiazioni nella loro resistenza a sostanze chimiche che danneggiano il loro DNA, dette mutageni. I risultati hanno dimostrato che i nematodi di Chernobyl non sono risultati più resistenti ai mutageni rispetto a quelli provenienti da ambienti non contaminati.

Nel complesso, i risultati sono sorprendenti: dato l'alto potenziale mutagenico delle radiazioni, ci si sarebbe aspettati di trovare un DNA nei nematodi della zona di esclusione caratterizzato da un elevato tasso di mutazioni. Tuttavia, i dati suggeriscono che l'esposizione cronica alle radiazioni non abbia indotto cambiamenti genetici significativi o adattamenti specifici, il che potrebbe indicare una particolare "resistenza genetica" di questi organismi, che tuttavia non dipenderebbe dall’esposizione cronica al materiale radioattivo. Potenzialmente, la scoperta dei meccanismi alla base di questa resistenza potrebbe rivelarsi utile per aiutarci a comprendere come mai alcuni individui siano più sensibili a determinate forme di cancro e altre malattie genetiche.

nematode
Un nematode osservato al microscopio. Credit: Vyzhdova V, via Wikimedia Commons.

Queste conclusioni potrebbero essere messe in discussione da una domanda a cui è difficile rispondere: da quanto tempo i nematodi prelevati abitano quelle zone? Molti di questi vermi, infatti, possono “viaggiare” trasportati da piccoli insetti e animali, un fenomeno noto come foresìa. Questo potrebbe voler dire che alcuni degli individui analizzati potrebbero essere arrivati solo di recente nella CEZ, piuttosto che derivare da popolazioni di nematodi esposte per generazioni ai danni delle radiazioni.

Cosa è la zona di esclusione (CEZ) attorno alla centrale nucleare di Chernobyl

Sono trascorsi quasi 39 anni dal più grave incidente nucleare della storia. Era il 26 aprile 1986 quando, nel pieno della notte, il reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplose, rilasciando nell’aria una gigantesca nube di materiale radioattivo che si concentrò soprattutto sulle vicine città di Chernobyl e Prypiat. Il giorno successivo, circa 120.000 persone furono evacuate e venne istituita una zona di esclusione, un’area con un raggio di circa 30 km attorno alla centrale, dove ancora oggi è proibito vivere a causa dell’elevata radioattività.

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La mappa mostra i livelli di contaminazione da cesio nel 1996. La Zona di esclusione è quella rossa. Credits: CIA Factbook, Sting , MTruch, Makeemlighter, via Wikimedia Commons.

Da allora, il tempo appare sospeso in questa terra abbandonata, dove le tracce dell’uomo stanno lentamente scomparendo a causa dell’avanzare della natura, che ha ripreso il controllo dei suoi spazi colonizzando strade e palazzi abbandonati. Animali e piante però non sono meno soggetti dell’uomo agli effetti delle radiazioni, che nella zona di esclusione raggiungono ancora livelli elevatissimi, seppur con un’estrema variabilità tra le diverse aree costituiscono il territorio.

Per dare un'idea dell'entità di questi valori, il danno biologico causato dalle radiazioni assorbite da un organismo si misura in Sievert (Sv). Una delle situazioni di maggiore esposizione alle radiazioni sono i viaggi nello spazio, dove gli astronauti sono esposti a valori di radiazioni pari a circa 1 Sv per anno. In alcune aree della zona di esclusione di Chernobyl, i livelli di radiazione possono raggiungere 10 Sv per anno, ovvero dieci volte superiori. Si tratta di valori altissimi e pericolosissimi per la salute.

Perché le radiazioni ionizzanti di Chernobyl sono così pericolose

Lo iodio-131, il cesio-137 e lo stronzio-90 sono tra le principali sostanze radioattive rilasciate a seguito dell'esplosione. Questi elementi sono tutti isotopi radioattivi, cioè versioni energicamente instabili di alcuni atomi che, per natura, tendono a trasformarsi in forme più stabili attraverso un processo chiamato decadimento. In questa trasformazione, l’energia in eccesso viene rilasciata nell’ambiente sotto forma di raggi chiamati radiazioni ionizzanti. Sono proprio queste radiazioni il vero pericolo, ancora oggi, legato al disastro di Chernobyl. Le radiazioni ionizzanti, infatti, sono tra i principali agenti mutageni, in grado di modificare il DNA. L'elevata energia permette loro di attraversare le cellule del nostro corpo e colpire il materiale genetico, alterandone la sequenza o provocando danni strutturali ai cromosomi. In altre parole, possono indurre mutazioni. Il DNA è il "manuale d’istruzioni" delle nostre cellule, che contiene tutte le informazioni necessarie affinché possano svolgere correttamente le loro funzioni. Se queste istruzioni vengono modificate, le cellule possono subire alterazioni tali da morire o, in alcuni casi, trasformarsi in cellule tumorali.

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Principali radiazioni ionizzanti. Credit: Nuclear Regulatory Commission, via Wikimedia Commons
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