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Credit: Morey Bernstein, Public domain, via Wikimedia Commons
Il caso Bridey Murphy divenne celebre negli Stati Uniti in seguito alla pubblicazione del libro The Search for Bridey – “Alla ricerca di Bridey Murphy”, scritto dall’ipnotista Morey Bernstein. L’opera raccontava la sorprendente storia di Virginia Tighe, una donna americana che, durante una seduta di ipnosi regressiva, affermava di essere la reincarnazione di Bridey Murphy, vissuta in Irlanda nella prima metà dell’Ottocento, oltre un secolo prima della nascita di Virginia.
Il clamore mediatico fu enorme e attirò l’attenzione di giornalisti, psicologi e scienziati, che iniziarono a indagare sul caso. Le ricerche rivelarono che molti dei ricordi raccontati da Virginia non erano altro che frammenti di storie ascoltate durante l’infanzia, rimasti sepolti nella memoria e poi riaffiorati sotto ipnosi. Sotto l’effetto della suggestione, la donna li aveva inconsapevolmente rielaborati come esperienze vissute in prima persona, un fenomeno chiamato criptomnesia.
Nasce nel 1956 il caso di Bride Murphy: la donna che visse due volte
Nel 1956, l’America fu scossa da un caso che divenne presto un fenomeno di massa, diffondendosi a macchia d’olio: una giovane trentenne del Colorado, Virginia Tighe, affermava di essere la reincarnazione di Bridey Murphy, una donna vissuta nella prima metà dell’Ottocento in Irlanda. La vicenda esplose dopo la pubblicazione del libro The Search for Bridey Murphy (La ricerca di Bridey Murphy), in cui il giovane ipnotista dilettante Morey Bernstein raccontava in dettaglio le sedute di ipnosi regressiva — una tecnica, mai validata scientificamente, che pretenderebbe di far riaffiorare ricordi rimossi — condotte su Virginia. È lo stesso Bernstein a descrivere come, una volta entrata in stato trance, la donna iniziasse a raccontare, con un perfetto accento irlandese, le vicende della vita di Bridey Murphy e a descrivere con sorprendente precisione luoghi, usanze e costumi dell’Irlanda ottocentesca. Eppure, Virginia non era mai stata in Irlanda e normalmente parlava con un accento americano impeccabile. Per i media e l’opinione pubblica dell’epoca, non c’erano dubbi: Virginia Tighe doveva essere la reincarnazione di Bridey Murphy, e le sedute di ipnosi regressiva avevano riattivato i ricordi della sua vita precedente.
Reincarnazione o autosuggestione? I media scavano nel passato di Virginia
Virginia Tighe – o meglio, Bridey Murphy – era in grado di raccontare la sua presunta vita precedente nei minimi dettagli. Nata in Irlanda nel 1798, diceva di essersi trasferita a Belfast dopo aver sposato l’avvocato Sean Brian McCarthy, docente alla Queen’s University di Belfast. Raccontava di aver vissuto da bambina in un piccolo cottage di legno (chiamato The Meadows) vicino alla città di Cork, e descriveva con notevole precisione paesaggi irlandesi e luoghi della sua infanzia.
Proprio la ricchezza di dettagli, tuttavia, attirò l’attenzione di giornalisti e ricercatori, che iniziarono a indagare più a fondo, anche per le implicazioni che una scoperta del genere avrebbe potuto avere. Esaminando i registri dell’epoca, emersero subito diverse incongruenze: nella prima metà dell’Ottocento non risultava nessuna donna chiamata Bridey Murphy, né un avvocato o professore di nome Sean Brian McCarthy. Per di più, la Queen’s University non era nemmeno stata fondata all’epoca in cui Bridey sarebbe vissuta. Anche le descrizioni dei luoghi e dei costumi non corrispondevano a quelli all’Irlanda del primo Ottocento, ma piuttosto a un periodo successivo.

Ma chi era, allora, Bridey Murphy? Scavando nel passato di Virginia, fu scoperto che accanto alla sua casa d’infanzia viveva Bridei Corkell, una donna irlandese che nel 1908 aveva lasciato il suo paese natale per emigrare in America, dove poco dopo aveva sposato un uomo americano. Interrogando la donna, fu scoperto che molti dei raccontati di Virginia corrispondevano a episodi di vita della signora Corkell, comprese le descrizioni di luoghi e paesaggi. Per di più, il cognome da nubile di Bridei Corkell era proprio Murphy. Il suo nome completo prima del matrimonio era, quindi, proprio Bridie Murphy. Da notare, inoltre, che secondo i racconti di Virginia Bridey Murphy era originaria di Cork, nome molto simile a Corkell.
A quel punto la spiegazione divenne evidente: da bambina, Virginia aveva assorbito inconsciamente i racconti della vicina di casa. Quei ricordi, rimasti sepolti nella memoria, erano riaffiorati anni dopo durante le sedute di ipnosi, confusi e rielaborati sotto l’effetto della suggestione, fino a convincerla di essere la reincarnazione di quella donna. E l’accento irlandese che Virginia assumeva sotto ipnosi? Si scoprì che Virginia da giovane aveva partecipato ad uno spettacolo teatrale, interpretando il ruolo di una donna irlandese.
Insomma, messi insieme tutti gli indizi, non restavano più dubbi: il caso venne smontato pezzo dopo pezzo e ogni interpretazione paranormale venne definitivamente smentita.
Virginia non aveva mentito, era stata suggestionata da Morey Bernstein durante le sedute di ipnosi
La storia di Bridey Murphy è uno dei casi più noti di criptomnesia, un inganno del nostro cervello che si verifica quando una persona è convinta che un’idea, un episodio o un’intuizione siano del tutto nuovi e originali, quando in realtà si tratta di ricordi dimenticati o rimasti latenti a lungo nel subconoscio. Questi stati possono emergere, in modo particolare, durante sessioni di ipnosi. L’ipnosi è infatti uno stato di coscienza alterata, in cui l’ipnotizzatore può indurre una forma di dissociazione caratterizzata da un’estrema focalizzazione dell’attenzione. In questo stato, il soggetto diventa particolarmente suggestionabile, ovvero più propenso a seguire le indicazioni dell’ipnotizzatore senza metterle in discussione.
Dopo che il caso esplose mediaticamente, vennero prodotti dei dischi contenenti le registrazioni delle sedute ipnotiche, che oggi è possibile ascoltare su Youtube.
Ascoltandole, appare evidente che gran parte delle informazioni venivano suggerite da Bernstein e successivamente elaborate da Tighe, resa più manipolabile dallo strato di trance. Questo è uno dei rischi più comuni legati a pratiche (ripetiamo, mai validate scientificamente) come l’ipnosi regressiva a vite passate: l’ipnotista, anche in maniera inconscia, può impiantare false memorie che il soggetto può vivere come fossero reali a causa della forte suggestionabilità.
Non si trattava, quindi, di una menzogna: la donna aveva semplicemente tessuto le trame della storia di Bridey Murphy attingendo a frammenti sepolti nel suo subconscio fin dall’infanzia.
Cosa possiamo imparare dalla storia di Bridey Murphy
Questa storia, pur risalendo al secolo scorso, può insegnarci una lezione valida ancora – e soprattutto – ai giorni d’oggi. I dettagli biografici forniti da Bridey durante gli stati di trance non furono controllati con rigore prima della pubblicazione del libro. Lo stesso Morey Bernstein, ipnologo e autore del libro, non aveva alcuna formazione medica o scientifica e, subito dopo la vicenda, abbandonò l’ipnosi per dedicarsi al mondo degli affari. Insomma, questa storia ci ricorda che, per quanto certe notizie possano sembrare incredibilmente affascinanti e verosimili, è fondamentale verificarne la veridicità attraverso fonti ufficiali e autorevoli, riportate da esperti con solide basi scientifiche.