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10 Aprile 2024
20:30

Il “mare di plastica” di Almeria: la svolta storica di un territorio e le ombre ignorate dall’Europa

Una terra infertile trasformata con ingegno in un centro della produzione alimentare Europea, con conseguenze sociali ed ambientali volutamente dimenticate.

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Il “mare di plastica” di Almeria: la svolta storica di un territorio e le ombre ignorate dall’Europa
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Credits: European Space Agency, Copernicus Sentinel–2 imagery.

Un primo sguardo alle immagini satellitari della provincia di Almeria, nel sud-est della Spagna, potrebbe lasciarci giustamente perplessi: enormi distese di bianco contrastano coi colori quasi desertici dell'Andalusia. Quella che vediamo è un'infinità di piccole e grandi serre, da cui proviene una buona parte del fabbisogno di ortaggi dell'intera Europa: un successo delle tecnologie agricole moderne che nasconde però pesanti conseguenze sociali e ambientali. 

Perché le serre si concentrano in questa zona

Il clima secco dell'area ha da sempre limitato resa e tipologie di coltivazioni sfruttabili, ma l'uso di economiche serre in plastica e di terricci sabbiosi sparsi sopra alle terre coltivabili ha favorito i coltivatori locali a partire dagli anni '50.

Questi espedienti erano stati pensati per proteggere il terreno e le piante dagli effetti del vento e della salsedine, ma è stata soprattutto l'aumentata capacità di trattenere l'umidità del terreno ad avvantaggiare le coltivazioni.

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Una serra idroponica per la coltivazione di pomodori. Credits: Markus Spiske, via Pexels.

Ulteriori innovazioni, come le coltivazioni idroponiche e l'uso sempre più accorto di risorse idriche, hanno spinto ulteriormente la produzione che, grazie al clima, è in grado di assicurare raccolti anche nelle stagioni più fredde.

Il basso costo della manodopera locale ha permesso di sfruttare al massimo l'ingresso della Spagna nella UE del 1986: la caduta dei dazi per l'esportazione ha portato ad un aumento esponenziale della domanda estera, soprattutto da paesi nordici come la Gran Bretagna.

La crescita delle serre e il "raffreddamento locale"

Dall'86 l'intera regione è stata tappezzata di serre (come possiamo vedere in questo timelapse di Google Earth): nel 2022 risultavano coperti circa 26.000 ettari (260 km2), con una produzione di quasi il 40% della frutta e verdura esportata dalla Spagna.

Serre Almeria distesa

Ciò ha portato anche all'aumento dell'albedo, ossia della quantità di radiazione solare che viene riflessa verso l'atmosfera e non rilascia quindi energia (come calore) al suolo. Stando ad un recente studio l'area ha subito una diminuzione della temperatura media di -0,9 °C rispetto al 1980, in netto contrasto con l'aumento di +1 – 3 °C delle vicine province di Granada o Malaga.

L'inquinamento da microplastiche

Il miracolo economico di Almeria, che all'apparenza può sembrare un virtuoso esempio a cui guardare, nasconde però molti lati oscuri che le autorità e i grandi compratori (catene di ipermercati) sembrano voler dimenticare.

Per quanto sia difficile trovare stime precise, gli studi per rotte marine o su rotaia evidenziano come le esportazioni avvengano soprattutto su gomma,  soluzione inquinante e dai costi crescenti per l'aumento dei carburanti.

La stessa plastica, che ha permesso il boom produttivo, ha un impatto importante sul territorio: a causa dell'usura frammenti microscopici di plastica vengono ogni giorno trasportati nel terreno e in mare. Uno studio pubblicato nel 2021 ha analizzato in particolare i sedimenti marini della costa, dove le particelle sono filtrate meccanicamente dalle alghe: da qualche decina di particelle per kg di sedimento degli anni 50/60 si è passati a concentrazioni di 2000 – 3800 part/kg nell'ultima decade.

Lo sfruttamento degli immigrati irregolari

Il lato più oscuro della vicenda è però la condizione dei lavoratori delle serre, problema comune del comparto agricolo anche in Italia.

Alla fatica fisica del lavoro di raccolta si somma il clima all'interno delle piantagioni, dove facilmente si possono raggiungere temperature di 40/45 °C ed alta umidità, e i rischi di traumi e intossicazioni da pesticidi. La maggioranza della manodopera non è regolarizzata, composta da migranti dapprima dal Marocco e successivamente dall'Est Europa e l'Africa Subsahariana. La mancanza di contratti ha permesso così di creare un mercato di lavoratori "a chiamata", escludendo chiunque richieda aumenti o tutele per la salute.

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Nelle serre la manodopera è spesso irregolare, ricattabile e sottopagata: Credits: Tim Mossholder, via Unsplash.

I lavoratori vivono in baracche senza servizi igienici o elettricità, senza poter accedere a cure mediche per la paura di essere arrestati in quanto clandestini. Molte associazioni non governative, tra cui la Croce Rossa, denunciano il disinteresse delle autorità statali che anzi sembrano aver favorito e diretto il flusso migratorio, nei primi anni 2000, senza curarsi delle conseguenze sociali.

Nonostante le proteste delle associazioni e inchieste approfondite della stampa anche internazionale, da quella inglese a televisioni in lingua araba, la crescita del mare di plastica di Almeria non sembra destinata a fermarsi, e con essa tutti i problemi ambientali e sociali che il mercato (e noi consumatori) ignorano più o meno consciamente.

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