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27 Giugno 2024
13:27

Il mito di re Artù e i cavalieri della Tavola rotonda: realtà storica o leggenda medievale?

Chi di noi non ha mai sentito nominare Re Artù e i cavalieri della Tavola rotonda, Mago Merlino, la Fata Morgana, la Spada nella Roccia e le altre storie del ciclo bretone? La saga, ambientata in epoca tardo-antica, è probabilmente ampiamente inventata, ma è reale il contesto in cui si svolge.

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Il mito di re Artù e i cavalieri della Tavola rotonda: realtà storica o leggenda medievale?
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Re Artù è un leggendario sovrano britannico, che viveva circondato dai cavalieri della Tavola rotonda nella fortezza di Camelot. Le storie di Artù e della Spada nella roccia compongono il ciclo bretone, cioè la saga nata nell’Inghilterra medievale e divenuta popolare in tutto il mondo. Da secoli gli studiosi si interrogano sulla storicità di Artù, chiedendosi se il sovrano sia realmente esistito. Tuttavia le fonti sull’argomento sono successive di molti secoli agli eventi e, sebbene gli storici abbiano tentato di identificare Artù con vari personaggi reali, nessuna ipotesi ha trovato piena conferma. È probabile che per Artù valga lo stesso discorso di un’altra celebre figura del folklore inglese, Robin Hood, cioè che sia un personaggio in larga parte inventato dai cantastorie, forse ispirato da uno o più uomini realmente esistiti.

La leggenda di re Artù e il ciclo bretone

Re Artù (King Arthur in inglese) è il personaggio principale del ciclo bretone, noto anche come ciclo arturiano o materia britannica, cioè la saga di racconti ambientati in Inghilterra dell’epoca tardo-antica. Nel Medioevo le storie del ciclo bretone erano raccontate dai cantastorie e, in secoli più recenti, hanno ispirato romanzi, film, fumetti e persino videogiochi.

Artù in una miniatura del XIII secolo
Artù in una miniatura del XIII secolo

Secondo la leggenda, Artù era un re romano-britannico che tra V e VI secolo d.C. combatté contro gli invasori angli e sassoni, provenienti dall’Europa continentale. Era figlio illegittimo del re di Pendragon e guadagnò il diritto alla successione perché riuscì a superare una prova nella quale tutti gli altri candidati al trono avevano fallito: estrarre una spada conficcata nella roccia. Divenuto sovrano, Artù respinse gli invasori, combattendo con la sua spada Excalibur (che in alcune versioni è quella estratta dalla roccia, in altre no) e raccolse nella sua fortezza di Camelot i cavalieri della Tavola rotonda.

La pace terminò quando uno dei cavalieri, Lancillotto, intraprese una relazione con Ginevra, moglie di Artù. In realtà, Ginevra era stata spinta all’adulterio da Mordred, un figlio che Artù aveva concepito con la sorellastra Morgana, intenzionato a distrarre il sovrano e a usurpare il trono. Dopo il tradimento, Lancillotto partì alla ricerca del Sacro Graal (il vaso leggendario nel quale fu raccolto il sangue di Gesù) per espiare la sua colpa e tra Artù e Mordred scoppiò una guerra. Il figlio fu ucciso e il padre, ferito, si trasferì sull’isola di Avalon, ritirandosi “a vita privata”. Quanto c’è di vero in questa storia?

Tristano e Isotta
Tristano e Isotta, due personaggi del ciclo arturiano

Le fonti storiche su Re Artù

Per rispondere alla domanda sulla storicità di Artù è necessario capire attraverso quali fonti conosciamo il personaggio. Nessun documento contemporaneo alla sua presunta esistenza menziona il sovrano. I primi cenni si trovano nella Historia Brittonum (Storia dei britanni) scritta dal monaco Nennio nel IX secolo (quindi diversi secoli dopo le vicende narrate). La figura di Artù divenne popolare in molti Paesi europei sin dal X-XI secolo, ma la storia fu raccontata nel dettaglio per la prima volta solo da Goffredo di Monmouth nella sua Historia Regum Britanniae (Storia dei re di Britannia), un’opera pseudo storica del 1136.

Statua di Goffredo
Statua di Goffredo

Dopo Goffredo, la vicenda di Artù si arricchì di nuovi particolari e nuovi personaggi. Nella sua forma definitiva, con la quale è nota ancora oggi, apparve per la prima volta alla fine del Quattrocento nel romanzo di Thomas Malory La morte di Artù.

Artù e i suoi cavalieri sono realmente esistiti?

Rispondere alla domanda se Artù sia mai esistito non è facile, ma ci sono due punti di partenza certi: molti particolari della storia sono sicuramente inventati (la spada nella roccia, la ricerca del Graal, ecc.); è reale invece il contesto nel quale si situa la vicenda, cioè la Gran Bretagna dell’epoca tardo-antica, invasa da popolazioni europee che presero il sopravvento sulla civiltà romano-celtica già esistente.

E Artù? Molti studiosi ritengono che sia stato ispirato da figure realmente esistite. In particolare, hanno individuato diversi punti di contatto tra lui e un tale Riothamus, un re dei britanni che fu tradito da uno dei suoi sottoposti (come Artù fu tradito da Mordred) e morì in una località in Borgogna chiamata Avallon. Riothamus potrebbe dunque essere il “vero” Artù. Tuttavia conosciamo molto poco del personaggio, menzionato solo dallo storico goto Gerdane, al punto che non si può escludere nemmeno che Riothamus non fosse un nome proprio, ma un titolo. Pertanto, solo pochi studiosi accettano che Artù derivi da Riothamus.

Secondo altri, il mitico protagonista del ciclo bretone potrebbe essere ispirato a uno dei comandanti militari romano-britannici che si scontrarono contro gli invasori angli e sassoni: Ambrogio Aureliano, un condottiero romano restato in Britannia dopo il ritiro delle legioni nel 408, o Artorius, un altro generale di Roma vissuto nel II secolo d.C. Nessuna ipotesi, però, è suffragata da prove e i collegamenti tra Artù e i personaggi proposti sono molto labili.

Anche le località menzionate nel ciclo bretone non sono identificabili: non sappiamo dove effettivamente si trovassero Camelot, Avalon, ecc. L’ipotesi più realistica è quindi che Artù e i suoi cavalieri siano in larga parte personaggi di fantasia, ma che abbiano forse qualche collegamento con uno o più personaggi realmente esistiti.

La fortezza di Camelot raffigurata da Gustavo Doré
La fortezza di Camelot raffigurata da Gustavo Doré
Fonti
King Arthur Fandom Geoffrey Ashe, The Discovery of King Arthur, Anchor Press/Doubleday, 1985
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