
Hans l'intelligente è un cavallo vissuto a Berlino tra fine ‘800 e inizio ‘900, che fu così chiamato perché per lungo tempo si ritenne fosse in grado di eseguire operazioni aritmetiche e altri compiti, e rispondeva battendo gli zoccoli o indicando con le zampe o con il muso. La fama del cavallo fu immensa e divenne un fenomeno acclamato dal pubblico. Fu però uno psicologo, Oskar Pfungst, a scoprire quale fosse il "trucco" sotto questa incredibile abilità: il cavallo non rispondeva per abilità matematiche, bensì perché riusciva a interpretare il comportamento (apparentemente) involontario del suo padrone o del pubblico che, con piccoli movimenti forse dovuti all'eccitazione per la risposta corretta, gli indicava effettivamente cosa avrebbe dovuto rispondere.
Chi era Hans, il cavallo che contava: la sua storia
Le esibizioni di Hans l'intelligente iniziarono nel 1891 a Berlino e venivano guidate dal suo padrone, Wilhelm con Osten. Wilhelm gli mostrava dei cartelli che riportavano operazioni matematiche e due possibili soluzioni, e con lo zoccolo il cavallo riusciva a indicare il risultato corretto, oppure il padrone indicava a voce delle possibili soluzioni alle domande e battendo lo zoccolo il cavallo era in grado di individuare la risposta.

Con questo metodo, Hans stupì non solo il pubblico, ma anche gli psicologi dell'epoca, che non riscontravano nessun trucco nelle capacità di Hans e anzi, rimasero stupiti dal fatto che fosse in grado non solo di eseguire funzioni aritmetiche, ma anche identificare colori, capire il calendario, identificare note musicali e perfino leggere. Per farlo, veniva messo davanti a cartelli che riportavano specifiche parole, e quando qualcuno pronunciava la parola in questione, Hans scuoteva la testa.
Fu solo nel 1911 che uno psicologo tedesco, Oskar Pfungst, riuscì a capire quale fosse il segreto dietro alle capacità di Hans.
L'indagine che scoprì il "trucco"
Fino a quel momento, gli psicologi non avevano riscontrato alcun "trucco" anche perché il cavallo era in grado di rispondere alle domande anche quando il suo padrone non era presente. Lo psicologo Pfungst, però, notò che anche se Hans sapeva rispondere anche senza il suo padrone, non era invece in grado di rispondere quando neanche il pubblico conosceva la risposta corretta. In più, Hans non riusciva a rispondere se non riusciva a vedere chi gli poneva la domanda (e quindi conosceva la risposta). Questo fece intuire a Pfungst che evidentemente il cavallo non conosceva propriamente la risposta, ma riusciva in qualche modo a leggerla dal suo padrone o dal pubblico.
La conclusione di Pfungst fu che le abilità del cavallo non erano tanto aritmetiche o di lettura, bensì di interpretazione del comportamento. Hans infatti era in grado di rispondere perché era capace di interpretare i segnali involontari che chi gli poneva la domanda mostrava quando si trovava davanti alla domanda corretta. Con ogni probabilità, tanta era l'eccitazione per la possibile risposta corretta, che il corpo e le espressioni di chi poneva la domanda risultavano leggibili dal cavallo. Insomma, il cavallo era davvero intelligente, ma non nel modo in cui pensava il pubblico, bensì perché riusciva a percepire segnali del corpo anche molto sottili.