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Secondo la mitologia greca, la guerra di Troia (una città situata sulle coste della Penisola anatolica, nell’attuale Turchia) fu combattuta verso la fine del II millennio a. C. tra i Greci e i Troiani. Il conflitto si concluse grazie a uno stratagemma: i Greci, dopo aver assediato infruttuosamente la città per dieci anni, riuscirono a penetrare al suo interno nascondendosi in un grande cavallo di legno che i Troiani, scambiandolo per un dono lasciato in onore degli dei, portarono dentro la cinta muraria. A causa di questa leggenda, l’espressione “cavallo di Troia” ha assunto un significato metaforico per indicare chi riesce a entrare in un ambiente facendosi passare per qualcuno o qualcosa diverso da quello che è. L’espressione fa parte anche del gergo informatico: cavalli di Troia (Trojan horse o semplicemente Trojan) sono chiamati dei malware che entrano nei computer all’interno di programmi “buoni”. In questo articolo scopriamo da dove nasce il mito del cavallo di Troia.

La guerra di Troia nel mito
Partiamo da un presupposto: la storia del cavallo di Troia è un mito e non un fatto avvenuto realmente, come la stessa guerra tra Greci e Troiani nella forma nella quale è stata raccontata.
Secondo il mito, la guerra fu provocata dal rapimento di una donna greca, Elena, da parte di Paride, uno dei figli del re troiano Priamo. Elena era sposata con un uomo molto potente, Menelao, re di Sparta e fratello di Agamennone, sovrano di Micene. Per riprendersi la moglie, Menelao convocò gli eserciti delle città greche e li convinse a muovere guerra contro Troia. I Greci assediarono la città per dieci anni, senza riuscire ad abbattere le sue poderose mura, e poterono conquistarla e distruggerla solo grazie allo stratagemma del cavallo.
Gli eventi avrebbero avuto luogo tra il XIII e il XII secolo a.C., molto tempo prima della civiltà della Grecia classica (per intenderci, quella del Partenone, di Socrate, delle tragedie, ecc., che è del V-IV secolo). Al tempo della guerra di Troia nella penisola greca predominava la civiltà micenea, che aveva nella città di Micene (Peloponneso) la sua “capitale”.

Storicità della guerra di Troia
C’è stata veramente la guerra di Troia? L’ipotesi più plausibile è che la leggenda abbia un fondo di verità e che un conflitto tra popoli della Grecia e dell’Asia Minore abbia effettivamente avuto luogo nel periodo indicato. Naturalmente è quasi impossibile che la guerra sia scoppiata per il rapimento di una donna, ma riscontri archeologici e letterari confermano sia che la città di Troia è veramente esistita, sia che combatté delle guerre contro i popoli abitanti in Grecia.
Nel 1871 il tedesco Heinrich Schliemann scoprì le rovine di Troia nei pressi della città turca di Çannakale (oggi il sito, chiamato Truva, è aperto ai visitatori), confermando l’esistenza della città. Inoltre, alcune fonti del Regno Ittita, esistito in Asia Minore nella seconda metà del II millennio a. C., menzionano un conflitto fra Troia (indicata con il suo nome ittita, Wilusa) e un popolo abitante sull’altra sponda del mare Egeo.

Gli storici hanno ipotizzato che i conflitti siano scoppiati per ragioni commerciali (Troia era situata in un punto strategico per i commerci mediterranei, essendo vicina allo stretto dei Dardanelli) o per semplici ragioni di conquista. Alla fine del II millennio a. C., infatti, la civiltà micenea era molto potente ed era capace di conquistare territori al di là del mare Egeo. Forse il mito ha riassunto in un’unica guerra vari conflitti sviluppatisi tra popoli della Grecia e popoli dell’Asia minore.
Il cavallo di Troia
Per secoli la storia del cavallo di Troia è stata tramandata soprattutto per via orale. Non compare, per esempio, nei poemi omerici, l’Iliade e l’Odissea (in quest’ultima c’è solo un cenno), che hanno raccontato parte della guerra tra Greci e Troiani; in tutti i testi scritti della Grecia antica non è menzionata se non di sfuggita. La prima opera a narrarla nei dettagli è l’Eneide, un poema epico appartenente alla civiltà romana, scritto in latino e risalente al I secolo a.C.
Virgilio, l’autore del poema, racconta che il più astuto dei comandanti greci, Ulisse (in greco Odisseo), escogitò un trucco: far credere ai troiani che i Greci, accettando la sconfitta, erano tornati in patria e avevano lasciato sulla spiaggia un grande cavallo di legno quale offerta agli dei, per propiziarseli in vista del viaggio di ritorno. In realtà, l’esercito greco si era appostato in una località poco distante; il cavallo era cavo e al suo interno erano nascosti i più valorosi eroi greci.

Il cavallo fu portato all’interno delle mura dai troiani e, quando calò la notte, i greci nascosti al suo interno uscirono, aprirono le porte della città al resto dell’esercito e poterono così distruggere Troia.
Da dove nasce il mito del cavallo?
In genere le storie mitiche non nascono dalla pura fantasia. Leggende che si tramandano per secoli in forma orale hanno spesso un fondo di verità, che però nella trasmissione del racconto viene profondamente alterato.
Quale può essere il fondo di verità alla base della storia del cavallo di Troia? Gli studiosi si interrogano da secoli sulla questione. Uno scrittore latino, Plinio il Vecchio, formulò un’ipotesi destinata ad avere successo: il cavallo era probabilmente una macchina d’assedio, la cui forma ricordava vagamente quella di un equino. Con questa macchina, nella “vera” guerra contro Troia, i Greci avrebbero forse sfondato le difese nemiche. Questa tesi è stata accettata da molti autori moderni.
Di recente è emersa una nuova teoria, secondo la quale la leggenda, nella sua formulazione originaria, non menzionava un cavallo, ma una nave. In greco antico cavallo si dice hippos (è la parola dalla quale derivano termini come ippica, ippodromo, ecc.) e lo stesso nome era usato per un tipo di nave fenicia, chiamata hippos perché aveva una testa di cavallo scolpita sulla prua. Gli autori antichi, nel raccontare la storia, avrebbero interpretato erroneamente la parola hippos, traducendola con cavallo e non con nave. È impossibile, naturalmente, verificare la fondatezza dell’ipotesi.

Sulla vicenda del cavallo, del resto, sono state formulate anche altre teorie. Siamo, tuttavia, sempre nell’ambito della mitologia: nave o cavallo, la storia del dono lasciato dai Greci e usato come stratagemma per entrare a Troia – ribadiamolo – non è un fatto storico ma un mito.