
Il karma non è solo una parola di moda: è un’idea antica che ci invita a riflettere sul fatto che nulla accade per caso. Nato nei testi vedici come gesto rituale per mantenere l’equilibrio del mondo, il termine – che in sanscrito significa “azione” – si è trasformato in una legge di causa ed effetto morale e spirituale. Nel buddhismo, ciò che conta è l’intenzione dietro ogni azione: il karma diventa così una guida per vivere con consapevolezza. Arrivato in Occidente, ci ricorda che siamo responsabili delle nostre scelte e delle conseguenze che generano.
Dalle origine vediche alla legge del ritorno
Il termine "karma" deriva dal sanscrito "karman", che significa di fatto "azione, atto o opera". Se ne parla nei Testi Vedici dell'India, databili tra il XV e il VI secolo a.C., dove il termine stava a significare, in origine, l'azione rituale capace di mantenere l'ordine cosmico. Ogni gesto compiuto secondo il rito corretto contribuiva a preservare l'armonia del mondo, ogni errore, invece, rischiava di turbare quell'equilibrio.
Con il passare dei secoli, il significato della parola si spostò dal piano rituale a quello morale e esistenziale. Nei Testi delle Upanisad, composte intorno al VIII secolo a.C., il karma divenne la legge di causalità che regola il destino dell'anima, secondo la quale, le azioni compiute in una vita determinano la qualità della successiva: un ciclo ininterrotto di cause e conseguenze chiamato samsāra, la ruota delle nascite e delle morti.
Il pensiero buddhista: dall'azione al pensiero
Quando, successivamente, nel V secolo a.C., Siddhartha Gautama, il Buddha, si confrontò con la visione brahmanica, ne accolse il principio di causalità ma ne rovesciò l'interpretazione. Spostò l'attenzione dall'azione all'intenzione con la quale si compie un'azione: «Non è l'azione in sé che conta, ma l'intenzione che la genera».
In questa visione, il karma non è una forza misteriosa che punisce o premia, ma una catena di cause mentali. Ogni pensiero, parola o gesto plasma la mente e crea delle abitudini. Se un'azione nasce dall'ignoranza, rabbia o desiderio, produrrà inevitabilmente sofferenza. Se invece scaturisce da compassione, consapevolezza ed empatia genererà serenità e pace.
Questo spostamento di prospettiva, apparentemente sottile, ha generato conseguenze enormi. Il karma diventa infatti una dinamica psicologica: è la legge dell'esperienza che si autoalimenta. E la liberazione (il Nirvana) si ottiene perseguendo la consapevolezza nelle nostre azioni.
Il karma che ha sedotto l'Occidente
Quando il concetto di karma arrivò in Europa a fine Ottocento, trovò un terreno fertile: l'insofferenza verso le promesse delle religioni tradizionali e la diffidenza per le morali politiche, disponeva positivamente l'Occidente ad accogliere un principio etico più autonomo, più "giusto", nel senso universale del termine.
Il karma come concetto e filosofia offriva e offre proprio quella forma di responsabilità personale senza dogmi, credi o venerazioni, dove la giustizia non viene da Dio, ma dalle conseguenze delle proprie azioni.

L’idea si modificò progressivamente sotto l’influsso di Schopenhauer e altri filosofi, che ne offrirono una interpretazione più spiritualista e in alcuni casi ottimista: il karma cominciò a essere visto come principio che assicura un equilibrio nell’universo, una sorta di legge che tende a “rimettere le cose a posto”. In seguito, nel Novecento, grazie alla diffusione delle filosofie orientali e poi del pensiero New Age, la nozione di karma venne adottata nel linguaggio comune per parlare di destino, energia, equilibrio e fortuna; tra le espressioni più popolari entrò il “mantra”: “quello che fai ti torna”.
Arrivando ai giorni nostri, possiamo trovare la parola karma un po' ovunque, eppure, dietro tante semplificazioni, resta un nucleo potente: l'idea che non siamo solo spettatori del mondo, ma partecipanti attivi. Nel tempo del "tutto e subito", il karma funge in qualche modo da pensiero controcorrente. Ci costringe a fare i conti con la lentezza delle conseguenze. Quindi, seppure l'Occidente ha addolcito, e in gran parte strumentalizzato e mercificato, il concetto karma, quello che ne rimane è l'invito a essere presenti e produrre il mondo in cui ci piacerebbe abitare.