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Il governo cinese, la mattina di venerdì 11 aprile, ha annunciato un ulteriore aumento dei dazi sui beni contro le importazioni dagli Stati Uniti, portandoli dall'84% al 125%. La decisione è arrivata dopo che lo scorso giovedì l'amministrazione di Donald Trump ha confermato un aliquota tariffaria contro i prodotti cinesi del 145%: la percentuale è la somma dei dazi del 125% imposti da Washington nell'ultima settimana e del 20% imposto tra febbraio e marzo 2025 come ritorsione per la mancata collaborazione di Beijing nel contrastare il traffico di fentanyl negli USA. Xi Jinping si è espresso riguardo alle guerre commerciali, dichiarando «non abbiamo paura, non ci sono vincitori nelle guerre commerciali» e auspicando che l'Ue si schieri con Pechino contro il "bullismo Usa".
La posizione di Pechino
Il governo cinese ha garantito che l‘aumento deciso l'11 aprile sarà l'ultimo. Come chiarito in un comunicato del ministero delle Finanze, «anche se gli Stati Uniti continuassero a imporre tariffe più alte, non avrebbe più senso dal punto di vista economico e diventerebbe uno scherzo nella storia dell’economia mondiale». La dichiarazione prosegue affermando che «con le tariffe ai livelli attuali, non esiste più un mercato per i beni statunitensi importati in Cina», per cui «se il governo degli Stati Uniti continuerà ad aumentare i dazi contro la Cina, Pechino li ignorerà».
Le ripercussioni sul mercato cinese
Nonostante la decisione nel rispondere agli attacchi commerciali statunitensi, molti analisti hanno fatto notare che lo scontro tariffario in corso avrà ripercussioni gravi per l'economia cinese. Le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti rappresentano il 3% del Pil del Paese, e un suo calo avrebbe ripercussioni dirette su almeno 10-20 milioni di lavoratori. Sebbene le esportazioni cinesi verso gli USA rappresentino solo circa 3 punti percentuali del PIL totale cinese, l’impatto sull’occupazione rimane significativo, hanno affermato gli analisti di Goldman Sachs. Inoltre, gli analisti stimano che circa 10-20 milioni di lavoratori in Cina siano impiegati nel settore delle esportazioni dirette agli Stati Uniti.
La banca d'affari newyorkese ha ridotto la previsione di crescita del PIL cinese di quest'anno al 4%, a causa delle tensioni con Washington e del previsto rallentamento dell'economia globale dei prossimi mesi. Anche per questo, il ministero del Commercio cinese ha fatto trapelare la volontà di avviare delle trattative con la controparte statunitense, a patto che siano tra pari e conducano a un accordo reciprocamente vantaggioso.
