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12 Maggio 2025
10:12

La maternità danneggia davvero la carriera delle donne?

La penalizzazione della maternità è il fenomeno per cui le madri guadagnano meno delle donne senza figli e degli uomini. Le cause includono interruzioni di carriera, discriminazioni e carico di cura sproporzionato, per contrastarla, servono congedi parentali equi, flessibilità lavorativa e servizi di assistenza accessibili.

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La maternità danneggia davvero la carriera delle donne?
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La maternità oggi sembra ancora essere accompagnata da una serie di ostacoli nel mondo del lavoro, dando origine a quello che viene definito "penalizzazione della maternità" (motherhood penalty). Questo fenomeno descrive la circostanza che coinvolge le mamme che guadagnano salari inferiori rispetto alle donne senza figli e agli uomini, indipendentemente dal loro status genitoriale: una ricerca pubblicata dal Pew Research Center nel 2023 ha evidenziato che le madri negli Stati Uniti guadagnano in media il 7% in meno rispetto alle donne senza figli, mentre il divario salariale tra madri e padri supera il 20%. Un altro studio condotto nel 2014 ha rilevato che le madri guadagnavano il 3% in meno delle donne senza figli e il 15% in meno degli uomini senza figli.​

Le cause della penalizzazione della maternità

Le radici di questa disparità sono molteplici e intrecciate tra fattori economici, culturali e organizzativi.

  • Interruzioni di carriera e riduzione dell’orario lavorativo
    Dopo la nascita di un figlio, molte donne scelgono di ridurre l’orario di lavoro o di sospendere temporaneamente la carriera per occuparsi della famiglia. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), nel 2022 il 61,4% delle donne in età lavorativa era impiegato o cercava lavoro, un dato in calo rispetto al 62,8% del 1990. Queste scelte, però, possono rallentare la crescita salariale e limitare le opportunità di carriera.
  • Discriminazione nei processi di selezione e promozione
    Le madri vengono spesso percepite come meno affidabili e produttive rispetto alle donne senza figli o agli uomini. Uno studio della Cornell University ha rivelato che le donne con figli ricevono meno offerte di lavoro e stipendi iniziali più bassi rispetto alle loro colleghe, a parità di esperienza. Al contrario, gli uomini che diventano padri tendono a ottenere aumenti di stipendio e una maggiore considerazione sul lavoro, perché visti come più stabili e responsabili.
  • La "care penalty": il lavoro di cura non retribuito
    Un problema chiave è la "care penalty" (penalizzazione dell’assistenza), ovvero il carico sproporzionato di lavoro domestico sulle donne. Secondo l’OCSE, le donne dedicano in media 4,9 ore al giorno alla casa e alla cura dei figli, contro le 2 ore degli uomini. Questo equivale a 43,5 giorni in più all’anno, riducendo il tempo disponibile per la crescita professionale.

Significati sociali della maternità e stereotipi di genere

Oltre agli aspetti economici, la maternità è profondamente legata a costruzioni sociali e culturali che contribuiscono a mantenere le disuguaglianze di genere. In molte società, il ruolo di madre viene considerato il fulcro dell’identità femminile, mentre il lavoro è visto come un elemento secondario o addirittura opzionale. Questa visione alimenta stereotipi che ostacolano le donne nell’accesso alle stesse opportunità professionali degli uomini. Questa disparità si riflette anche nel diverso impatto che la genitorialità ha sulle carriere di uomini e donne: se la maternità porta spesso a penalizzazioni professionali, la paternità ha invece l’effetto opposto. Il cosiddetto "fatherhood bonus" dimostra che gli uomini con figli sono generalmente percepiti come più stabili e affidabili, il che si traduce in maggiori opportunità di crescita professionale e aumenti di stipendio. Di fatto, mentre alle donne viene chiesto di conciliare lavoro e famiglia, per gli uomini la genitorialità diventa un valore aggiunto nel mondo del lavoro.

Esempi di politiche per il superamento della penalizzazione da maternità

Per ridurre la penalizzazione della maternità, si stanno attuando diversi interventi a livello politico, istituzionale e organizzativo, con particolare attenzione ad alcune strategie chiave: tra queste, un aspetto fondamentale è lo sviluppo di politiche di congedo parentale equo, che prevedano congedi retribuiti e paritari per entrambi i genitori, riducendo così la pressione esclusiva sulle madri. Paesi come la Svezia e l'Islanda hanno implementato con successo modelli in cui i padri sono incentivati a prendersi periodi di congedo più lunghi, favorendo una maggiore equità nella divisione delle responsabilità familiari. Un altro elemento cruciale è la flessibilità lavorativa, attraverso la promozione di modelli come smart working, orari ridotti e condivisione dei ruoli, senza che chi ne usufruisce subisca penalizzazioni. Un esempio significativo si è verificato durante la pandemia, quando molti padri hanno trovato nello smart working un'opportunità per rafforzare il legame con i figli e la partner, valutando positivamente questa modalità sia dal punto di vista professionale che familiare. Per contrastare la discriminazione nei processi di selezione, si punta inoltre all’introduzione di pratiche di assunzione anonime e basate sulle competenze, eliminando pregiudizi legati allo stato genitoriale.

Infine, un altro fattore determinante è garantire un accesso a servizi di cura accessibili, attraverso investimenti in asili nido pubblici e servizi di assistenza all’infanzia a costi sostenibili, per facilitare il rientro delle madri nel mondo del lavoro. Attualmente, in molti paesi, il costo della cura dei bambini supera il 30% del reddito familiare medio, rendendo difficile per molte donne riprendere un impiego a tempo pieno (OECD Family Database).

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