0 risultati
video suggerito
video suggerito
27 Marzo 2024
19:30

La vera storia della rivoluzione culturale cinese, in cui è ambientato “Il problema dei tre corpi”

La serie televisiva “Il problema dei tre corpi” ha riacceso i riflettori sulla "rivoluzione culturale", avvenuta in Cina nella seconda metà degli anni ’60. Cerchiamo di capire cosa è stata davvero e come si è sviluppata.

A cura di Erminio Fonzo
39 condivisioni
La vera storia della rivoluzione culturale cinese, in cui è ambientato “Il problema dei tre corpi”
rivoluzione culturale cinese mao zedong

La serie sci-fi Il problema dei tre corpi, da poco disponibile su Netflix, è ambientata nel periodo della storia della Cina chiamato rivoluzione culturale cinese. Fu il processo politico, sviluppatosi nella Repubblica popolare cinese tra il 1966 e il 1969, attraverso il quale si affermò definitivamente la leadership di Mao Zedong e fu imposta una rigorosa e inflessibile ideologia. Alla rivoluzione parteciparono le “guardie rosse”, cioè studenti delle università e delle scuole che compirono atrocità ed efferatezze contro chiunque fosse sospettato di non aderire all’ortodossia maoista. Le stime delle vittime complessive variano da 400.000 a diversi milioni di persone. La rivoluzione culturale terminò di fatto nel 1969, ma fu rinnegata solo dopo la morte di Mao, avvenuta nel 1976, e l’ascesa al potere di Deng Xiaoping.

La lotta interna al Partito comunista

Per capire la rivoluzione culturale, bisogna ricordare che nel 1949 nel territorio della Cina continentale si affermò un regime di stampo socialista, nel quale il potere era concentrato nelle mani del Partito comunista e del suo leader Mao Zedong (Mao Tse Tung secondo un’altra traslitterazione dei caratteri cinesi).

Nel 1958 Mao propose un nuovo piano economico, chiamato "Grande balzo in avanti", che avrebbe dovuto trasformare la Cina in un moderno e industrializzato Paese socialista. Il “balzo”, però, si rivelò un disastro e fu all’origine di una carestia che provocò milioni di morti. Il fallimento del piano fece perdere prestigio a Mao. La sua leadership fu messa in discussione da altri dirigenti del Partito comunista, tra i quali Liu Shaoqi, presidente della Repubblica popolare cinese, e Deng Xiaoping, futuro leader dello Stato e del partito.

Dal 1962 Mao, pur conservando formalmente i suoi incarichi, perse gran parte del potere effettivo. Deng e Liu guadagnarono consensi all’interno del partito e cercarono di imporre un approccio più pragmatico alla politica e all’economia.

Liu Shaoqi
Liu Shaoqi

L’inizio della rivoluzione culturale

Mao non intendeva darsi per vinto e già nel 1962 lanciò pesanti accuse contro i “revisionisti”, cioè i dirigenti accusati di allontanarsi dalla linea politica “ortodossa”. Nel 1966 diede avvio alla rivoluzione culturale vera e propria. In agosto, nel corso di una seduta del comitato centrale del Partito comunista, lanciò un appello ai giovani perché si ribellassero contro i “quattro vecchi”: vecchie correnti di pensiero, vecchie culture, vecchie abitudini e vecchie tradizioni. In sostanza, invitò i giovani a battersi in nome di un sistema politico ed economico basato sull’ortodossia maoista. Chi si opponeva alla sua visione era tacciato di essere un nemico del popolo.

Le guardie rosse e la repressione del dissenso

Mao si assicurò il sostegno dell’Esercito popolare di liberazione, la forza armata della Cina, e il supporto di gran parte degli studenti delle università e delle scuole superiori, che si organizzarono nei gruppi delle guardie rosse, rendendosi responsabili di violenze e atrocità ai danni degli esponenti politici non allineati. Tra le categorie prese di mira più frequentemente figuravano gli intellettuali e i professori, accusati di rallentare il processo rivoluzionario.

Studenti dell'università di Pechino preparaono poster contro i revisionisti
Studenti dell’università di Pechino preparano poster contro i revisionisti

Tuttavia, anche gli avversari di Mao disponevano di numerosi sostenitori e in molte città ebbero luogo scontri tra opposte fazioni. Per tale ragione, tra il 1966 e il 1967 la Cina si trovò sull’orlo della guerra civile, ma il conflitto fu evitato perché l’Esercito popolare di liberazione riprese il controllo delle principali città, costringendo le guardie rosse a rientrare nelle scuole e negli atenei.

Mao, del resto, ottenne una netta vittoria e riconquistò pienamente il potere. Nel 1968 Liu Shaoqi fu esautorato da ogni incarico politico e relegato in un campo di lavoro, nel quale trovò la morte l’anno successivo. Deng Xiaoping fu invece mandato nella provincia rurale dello Jangxi come semplice impiegato del partito.

I massacri e il numero delle vittime

Nel corso della rivoluzione culturale le guardie rosse compirono massacri di vaste proporzioni e si macchiarono di gravissime atrocità ed efferatezze. Una delle stragi più note fu quella avvenuto nel Guanxi, una provincia della Cina meridionale, nella quale furono uccise con metodi brutali tra 100.000 e 150.000 persone. Nel corso del massacro, furono commesse crudeltà e violenze di ogni genere: persone sepolte vive, sventrate, fatte saltare con la dinamite. Si verificarono persino casi di cannibalismo, dovuti non alla mancanza di cibo, ma a puro sadismo.

Stragi e massacri ebbero luogo anche in altre provincie cinesi. Il numero delle vittime complessive della rivoluzione culturale non è noto e le stime sono molto diverse tra loro: da 400.000 a venti milioni di morti.

Guardie rosse a Shangai
Guardie rosse a Shangai

La fine della rivoluzione culturale

La fase “acuta” della rivoluzione culturale terminò nel 1969, ma il sistema politico da essa scaturito restò in vigore fino a quando Mao fu in vita. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1976, ascese al potere Deng Xiaoping, che era tornato sulla scena politica nazionale nel 1973 e, dopo aver sconfitto le altre fazioni del Partito comunista, riuscì a imporsi come leader della Repubblica popolare cinese.

Deng ripudiò la rivoluzione culturale e diede avvio a un vasto programma di riforme economiche, ma volle salvare la memoria di Mao e, pur riconoscendo alcuni suoi errori, attribuì ad altri dirigenti la responsabilità dei massacri e degli errori politici.

Deng Xiaoping nel 1979. Sullo sfondo il presidente americano Carter
Deng Xiaoping nel 1979. Sullo sfondo il presidente americano Carter
Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views