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Kimono colorati, volti truccati di bianco, passi leggeri e misteriosi: l'immagine della geisha affascina da secoli, ma è spesso vittima di una colossale incomprensione. Nell'immaginario occidentale, questa figura elegante è stata a lungo confusa con quella della prostituta d'élite. Eppure, nulla potrebbe essere più lontano dalla realtà.
La geisha non vendono il proprio corpo, ma offrono qualcosa di molto più raro: arte, bellezza e conoscenza. Il termine geisha significa «persona che pratica le arti»: si tratta di donne dedicate alle arti tradizionali del Giappone come la danza, il canto e la cerimonia del tè, capaci di intrattenere i propri ospiti durante cene e feste.
Origini e significato profondo della figura della geisha
La geisha è una delle più raffinate incarnazioni dell'estetica giapponese. Il suo nome deriva da due ideogrammi che significano «persona d'arte»: ancora oggi, infatti, il suo ruolo è quello di intrattenere i clienti (spesso molto facoltosi) attraverso musica, danza, cerimonie del tè, poesia e conversazioni colte. Si tratta quindi di interlocutrici raffinate, esperte nell'arte oratoria.

Le geisha nascquero nel periodo Edo (1603-1868), in un Giappone stabile e culturamente vivace, come professioniste dell'intrattenimento. La loro formazione avviene in strutture chiamate okiya, dove fin da giovani intraprendono un lungo apprendistato come maiko (apprendiste geisha). Le loro giornate sono scandite da ore di studio, pratica e disciplina, in cui si apprendono tecniche artistiche, comportamenti codificati e l'uso di abiti tradizionali come il kimono.
Il corpo della geisha non è mai stato merce: è invece stato strumento espressivo di un'arte che punta all'equilibrio e alla bellezza. Il loro compito era intrattenere in contesti selezionati e raffinati, mai vendere sesso.
La confusione storica: oiran, soldati americani e colonizzazione dell'immaginario
L'equivoco tra geisha e prostituta nasce da un errore storico e culturale. Durante il periodo Edo, le oiran erano le vere cortigiane di alto rango, che offrivano anche servizi sessuali, ma anch'esse colte e versate nelle arti.
Mentre le oiran scomparvero con la modernizzazione, le geisha continuarono a esistere come figure culturali. Tuttavia, il mito della geisha prostituta si rafforzò nel dopoguerra, quando l'occupazione americana portò con sé miseria e disinformazione: molte donne si spacciarono per "geisha" per attrarre i soldati statunitensi, senza esserlo davvero.
Da qui nacque la figura distorta della geisha girl, largamente diffusa nell'immaginario occidentale e poi rafforzata da film, romanzi e media. Questo ha prodotto una narrazione esoticizzante e sessualizzata che ha oscurato la reale identità delle geisha, appiattendole su stereotipi coloniali.
Una formazione rigorosa e una vita dedicata all'arte
Diventare geisha è tutt'altro che facile: richiede anni di sacrifici, rigore e studio.
L'ingresso in una okiya avviene in età molto giovane, e il percorso formativo è duro e selettivo. Le maiko imparano a suonare lo shamisen, a danzare secondo codici tradizionali, a muoversi con eleganza, a curare ogni minimo dettaglio della propria apparenza, della pettinatura al trucco.
L'arte della conversazione è fondamentale: le geisha devono saper intrattenere con intelligenza e grazia, in un contesto che non ha nulla a che vedere con l'erotismo o la seduzione sessuale. Durante l'addestramento, le relazioni sentimentali sono scoraggiate e la vita personale è subordinata al lavoro. Alcune geisha, in passato, avevano un danna (un patrono che le finanziava), ma si trattava di un accordo privato, non di prostituzione. La loro figura era pubblicamente associata al decoro, alla cultura e alla discrezione: valori che continuano a definirle anche oggi.
Le geisha oggi: resistenza culturale e identità in evoluzione
Oggi le geisha sono poche, ma ancora attive, soprattutto a Kyoto, Kanazawa e Tokyo. I loro quartieri, detti hanamachi, resistono come luoghi dove si tramanda una memoria viva, fatta di gesti lenti, riti precisi e saperi antichi.
Le geisha moderne partecipano a eventi culturali, spettacoli pubblici e ricevimenti privati, continuando a esercitare il loro mestiere con lo stesso rigore di un tempo. Alcune sono diventate portavoce della loro arte attraverso interviste, pubblicazioni e documentari, nel tentativo di smontare il mito sessualizzato e riportare al centro della verità: la geisha è un'artista, non una cortigiana.