
Il 10 settembre del 1960, durante le Olimpiadi di Roma, Abebe Bikila vinse una medaglia che rimarrà per sempre nella storia dello sport. Nato nel 1932 in Etiopia, iniziò la sua carriera quasi per caso. All'età di venti anni, infatti, decise di arruolarsi nella Guardia Imperiale diventando membro della scorta dell’imperatore Hailé Selassié. Durante questo periodo, venne notato da Onni Niskaen, un allenatore svedese incaricato di preparare proprio i militari della Guardia Imperiale. Entrò così nel mondo del professionismo e, dopo soli quattro anni, Bikila venne convocato dalla sua nazionale in occasione dei Giochi Olimpici di Roma a causa di un infortunio dell'ultimo minuto di un suo connazionale: Wami Biratu. Già vincitore della maratona di Addis Abeba (la capitale etiope), a Roma, e senza scarpe, fu il primo atleta africano a vincere una medaglia d'oro, stabilendo il record nella maratona. Quattro anni più tardi, durante i Giochi di Tokyo, si confermò campione (primo nella storia a ottenere due medaglie d’oro consecutive nella maratona alle Olimpiadi) con un nuovo record.
La grandezza dell’impresa: perché viene ricordato
Per quanto si possano facilmente intuire la difficoltà e la sofferenza di, non solo terminare, ma addirittura vincere una maratona senza scarpe, la grandezza del trionfo di Abebe Bikila non si limita a questo. L'atleta etiope, come già accennato, aveva iniziato ad allenarsi tra i professionisti da soli quattro anni e ciò, ovviamente, rendeva il corridore praticamente sconosciuto. Alla sua terza maratona in carriera e dopo soli 10km, riuscì a staccare quasi tutti gli avversari e da circa metà percorso in poi, iniziò un vero e proprio testa a testa con il marocchino Rhadi Ben Abdesselem che, negli ultimi 500m, dovette piegarsi al nuovo record mondiale di 2 ore, 15 minuti e 16 secondi di Abebe.
Con il suo successo Bikila portò sul tetto del mondo il suo Paese. A fine gara, infatti, durante un'intervista affermò che l'Etiopia aveva sempre vinto con determinazione ed eroismo. Al suo rientro in patria, il corridore che sbalordì lo sport venne accolto come un vero e proprio eroe. La Guardia Imperiale decise di promuoverlo al ruolo di caporale, gli assegnò una casa e una macchina con autista (visto che lui non guidava).
Morì nel 1973 in seguito ad alcune conseguenze legate a un grave incidente che lo aveva paralizzato dalla vita in giù qualche anno prima, lasciando un esempio vivo di olimpismo e resilienza a tutto il mondo.
Perché non indossava le scarpe
Chiaramente, il dettaglio che genera più curiosità e interesse quando si parla della grande conquista di Bikila è il fatto che corse per 42,195km senza scarpe. Il motivo alla base di questa sua scelta è, in realtà, tutt’altro che straordinario. Abebe, infatti, possedeva delle scarpe consegnategli dallo sponsor (Adidas) in occasione della gara. Queste, però, risultavano troppo strette e scomode e gli avevano causato delle dolorosissime vesciche. Decise, così, di toglierle e di correre scalzo.
Nel marzo del 2010, in occasione della sedicesima edizione della Maratona di Roma dedicata al cinquantesimo anniversario della vittoria di Bikila, trionfò un altro atleta etiope: Siraj Gena. Allo scopo di omaggiare la storica impresa del suo connazionale, anche Siraj tolse le scarpe per completare gli ultimi 300 metri e tagliare il traguardo.
