Di maratone che hanno fatto la storia ce ne sono tante, ma ce n'è una, quella dei Giochi Olimpici del 30 agosto 1904 a St. Louis, che è ricordata come la più assurda e caotica delle competizioni sportive legate all'atletica leggera. Questo evento, che era legato all'Esposizione universale di quell'anno, era un po' in ombra a causa degli eventi di quest'ultima, tra cui i controversi "Anthropology Days", in cui alcuni nativi africani provenienti da villaggi selezionati erano stati scelti per compiere una serie di imprese atletiche. Il vero motivo, però, era di deridere coloro che erano reputati "selvaggi". Ma nonostante la maratona fosse stata offuscata da questo evento, vale il tempo di un racconto per le rocambolesche (e anche un po' circensi) avventure di coloro che vi parteciparono: fughe da cani randagi, veleni, mancanze d'acqua, furti di pesche… e chi più ne ha più ne metta.
Gli atleti alla maratona di St. Louis: professionisti, dilettanti o stravaganti
La maratona, evento simbolo delle Olimpiadi, sin da subito si dimostrò in linea con l'atmosfera carnevalesca della fiera. Tra i corridori c'erano atleti professionisti che speravano davvero di arrivare alle Olimpiadi, e che avevano già vinto in precedenti maratone olimpioniche, come Sam Mellor, Michael Spring, John Lordon e Thomas Hicks, che erano dati per favoriti.
Ma la maggior parte dei partecipanti era composta da corridori di mezzofondo e, soprattutto, da personaggi stravaganti, come Félix Carvajal, ex postino cubano che raccolse denaro per arrivare negli USA percorrendo a piedi l'intera lunghezza dell'isola. Al suo arrivo a New Orleans, però, aveva perso tutti i suoi soldi in una partita a dadi, e così dovette fare l'autostop fino a St. Louis. Su di lui nessuno scommise un soldo: alto 1,55 m, mingherlino, si era dimostrato poco sveglio agli occhi dei giudici presentandosi alla linea con una camicia a maniche lunghe, pantaloni lunghi alle caviglie (che si tagliò a metà percorso), scarpe da città e un basco, equipaggiamento del tutto inadatto alla corsa.
St Louis, 30 agosto 1904: l'inizio della maratona dei Giochi della III Olimpiade
Il 30 agosto, poco dopo le ore 15:00, partirono i 32 corridori. Solo 14 di loro, però, sarebbero arrivati al traguardo. Già da subito era chiaro che sarebbe stata una lenta agonia, a causa del caldo e dell'umidità che lacerarono la volontà di molti di loro durante il percorso di 40 km. Un percorso talmente difficile che uno dei funzionari della fiera disse:
Decisamente il più difficile che un essere umano abbia mai dovuto percorrere.
Si snodava su strade ricoperte di polvere (che causava attacchi di tosse) e aveva ben sette colline, alte da 30 a 90 metri. In alcuni tratti c'erano delle pietre rotte che tratteggiavano pericolosamente il percorso dei corridori, che oltre a questo dovevano anche passare per zone abitate e che dovevano quindi schivare il traffico e le persone che circolavano.
In tutto il percorso c'era un solo punto in cui gli uomini potevano bere, a 19 km dall'inizio della gara. Questo dettaglio fu premeditato: James Sullivan, organizzatore dei giochi, voleva ridurre al minimo l'assunzione di liquidi per testare i limiti e gli effetti della disidratazione intenzionale. Carvajal, però, che era un uomo ricco di risorse, si ingegnò, e riuscì a bere da una torre idrica già dopo 10 km.
Il californiano William Garcia, invece, per poco non fu la prima persona a morire durante una maratona olimpica quando crollò a terra a circa 13 km dal traguardo. La polvere gli aveva ricoperto l'esofago e lacerato il rivestimento dello stomaco, causandogli una grave emorragia. Se gli aiuti fossero arrivati un'ora più tardi sarebbe morto dissanguato. Lordon, fra i favoriti, ebbe un attacco di vomito e si arrese.
Il sudafricano Len Tau venne inseguito da un cane randagio per 1,6 km fuori dal percorso della competizione.
Carvajal corse di buona lena, e pur con il suo abbigliamento inadatto arrivò alla fine con un buon tempo, nonostante si fosse fermato a chiacchierare con alcuni spettatori con quel poco di vocaboli inglesi che conosceva e il suo inconfondibile accento cubano. A un certo punto si fermò a chiacchierare con alcune persone in automobile, che avevano delle pesche con loro e le stavano mangiando. Avendo molta sete ne chiese una, ma al loro rifiuto ne rubò una e la mangiò scappando. Non contento, poco più avanti si fermò in un frutteto e mangiò delle mele, che però erano marce e gli fecero venire i crampi. Anche Mellor e Lorz ne avevano sofferto: il primo dei due se ne chiamò fuori, mentre il secondo fu più furbo e chiese a una delle automobili d'accompagnamento di ospitarlo a bordo.
Il vincitore arriva al traguardo grazie al brandy e ai diabolici assistenti
Giunto a 16 km, Thomas Hicks venne affidato alle cure di due assistenti a cui chiese dell'acqua. Loro rifiutarono a causa della regola imposta dall'organizzatore, per testare quanto il fisico avrebbe potuto resistere in caso di disidratazione, e gli sciacquarono la bocca con acqua calda distillata. Sempre loro, quando Hicks era a 11 km dal traguardo, gli diedero un beverone di stricnina e albumi d'uovo. Oggi possiamo dire che fu il primo caso registrato di uso di droghe in una competizione per le Olimpiadi, che all'epoca non avevano regole sui farmaci che miglioravano le prestazioni.
La stricnina è anche usata come pesticida, in particolare per uccidere i topi. Non l'ideale per un uomo, ma fortunatamente Hicks non stette male. I due assistenti tennero con sé una fiaschetta di brandy francese, ma per molto tempo decisero di non dargliela.
Nel frattempo, Lorz, che si era ripreso dalla tremenda ondata di crampi, scese dal veicolo, dopo che ci era stato a bordo per 18 km. Quando gli assistenti di Hicks lo videro gli ordinarono di abbandonare la gara, ma Lorz continuò e arrivò al traguardo per primo. La folla era entusiasta, ma quando venne a sapere che era arrivato prima di tutti barando si arrabbiò, e si prese una valanga di fischi. Lorz tranquillizzò tutti e disse che non avava alcuna intenzione di ritirare il premio.
Hicks, con la stricnina in circolo nel sangue, era pallido e allo stremo. Quando però gli assistenti gli dissero che Lorz era stato squalificato, si riattivò e dopo una seconda dose di "pinta stimolante" con un'aggiunta di brandy e una doccia di acqua calda gettatagli addosso dai due assistenti si rianimò per arrivare al traguardo.
L'atleta però, sfinito, iniziò ad avere delle allucinazioni, e durante l'ultimo chilometro implorò alla coppia di assistenti dell'acqua ma ancora una volta gli venne negata. Allora camminò su per le salite delle ultime due colline e poi corse disperatamente giù dalle discese. Stretto tra le braccia dei suoi assistenti, con lo sguardo perso e i piedi che si trascinavano, riuscì a tagliare il traguardo diventando il vincitore della gara.
Subito dopo aver oltrepassato il traguardo quattro medici gli piovvero addosso per visitarlo, e dopo un'ora di cure era tornato in sé. Disse: «Mai più una maratona così». Ed effettivamente – per fortuna! – non ci sono più state maratone così…