337 tonnellate di rifiuti tossici prodotti dal disastro di Bhopal, in India, il più grave incidente industriale della storia avvenuto nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984, hanno lasciato soltanto adesso l'area – a 40 anni dalla tragedia – con un viaggio di più di 200 km, diretti verso un impianto di incenerimento nella città indiana di Pithampur. La decisione arriva dalla Madhya Pradesh State High Court, che il mese scorso ha ordinato lo smaltimento delle 337 tonnellate entro 4 settimane forzando così decenni di inattività. Le associazioni locali avanzano però dubbi sulla sicurezza dello smaltimento e sulla presenza di contaminanti nel terreno e nelle falde acquifere nell'aria dell'impianto della Union Carbide Corporation (UCC), ora proprietà dalla DOW Corporation.
Come è avvenuto lo smaltimento dei rifiuti tossici di Bhopal e perché è stato importante
I rifiuti sono stati caricati da 12 tir in speciali container sigillati, scortati da un cordone di mezzi d'emergenza, ambulanze e forze dell'ordine, e hanno viaggiato per più di 200 km verso un impianto di incenerimento di materiale industriale nella cittadina di Pithampur, costantemente seguiti dalle telecamere.
Il trattamento di questi rifiuti era stato deciso già nel 2005, presso un sito nello stato del Gujarat, ma forti proteste avevano bloccato il piano, così come è poi accaduto per altre destinazioni proposte negli anni.
La decisione ha ovviamente causato preoccupazione e polemiche, sia per il rischio di inquinamento dell'aria in seguito all'incenerimento dei rifiuti sia per il ridotto quantitativo di materiale trattato: per le autorità si tratta comunque di un importante passo, che potrebbe dare finalmente il via a un serio piano di bonifica sul modello di altre opere, come la decontaminazione dell'area di Seveso dove nel 1976 avvenne il più grave incidente industrial italiano.
Dal disastro ai progetti di bonifica
L'impianto di produzione di pesticidi della UCC fu causa del peggior incidente industriale della storia: il rilascio di enormi quantità di un composto tossico chiamato metil-isocianato (MIC) provocò almeno 3700 vittime accertate, con stime non ufficiali che sfiorano i 10.000 morti nelle giornate successive, e conseguenze pesantissime sulla salute dei sopravvissuti e delle generazioni successive.
Oltre alla contaminazione dovuta al rilascio del gas, decenni di pessime pratiche industriali hanno causato inquinamento da sostanze come mercurio e altri metalli pesanti, pesticidi e solventi, utilizzati nei processi produttivi dal 1969 al 1984, anno del disastro.
Tonnellate di sostanze tossiche sono state stoccate in discariche o strutture ormai in rovina all'interno dell'impianto, costituendo oggi il rischio maggiore per i cittadini di Bhopal. Un programma congiunto tra agenzie tedesche e indiane (GTZ-ASEM) ha stimato circa 2500 tonnellate di terreno contaminato da trattare, oltre al possibile inquinamento di diverse falde acquifere nell'area.
La mastodontica dimensione dell'opera e decenni di cause in tribunali indiani e statunitensi hanno ulteriormente rallentato ogni possibile progetto di recupero.