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12 Novembre 2025
7:00

Il monumento Maya più grande e antico della storia forse rappresentava una mappa dell’Universo

Il monumento maya di Aguada Fénix, costruito 3000 anni fa dai popoli mesoamericani, era una mappa dell’universo collettiva senza élite dominanti.

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Il monumento Maya più grande e antico della storia forse rappresentava una mappa dell’Universo
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La struttura era così grande che sembrava parte del paesaggio naturale. Photo Credits: Takeshi Inomata

Il monumento maya di Aguada Fénix, costruito circa 3mila anni fa nel sud-est del Messico, è al centro di una nuova ricerca dell’Università dell’Arizona: potrebbe essere la più antica struttura monumentale finora nota della civiltà Maya (e quindi il più antico sito monumentale dell’America centrale), datato tra il 1050 e il 700 a.C.

La scoperta, pubblicata su Science Advances, è del gruppo di ricerca statunitense guidato da Takeshi Inomata, che insieme ai suoi collaboratori archeologi ha utilizzato rilievi LiDAR (Light Detection and Ranging) e scavi stratigrafici per ricostruire la forma del sito, individuando piattaforme, piazze rialzate, canali e depositi rituali disposti secondo un accurato allineamento astronomico. L’insieme delle strutture principali disegna una croce, in cui ogni braccio incarna una direzione del cosmo e traduce in architettura una vera e propria mappa simbolica dell’universo.

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Mappa LIDAR del complesso monumentale di Aguada Fénix, in cui è evidente l’impianto cruciforme delle strutture. Credit: Inomata et al.

Aguada Fénix si trova nello stato federato di Tabasco, nel Messico sudorientale, al confine col Guatemala. Si tratta di una zona conosciuta come le "Pianure Maya", uno degli epicentri principali per lo sviluppo di questa antica cultura mesoamericana. Il sito fu occupato a partire dal 1200 a. C. circa, con la costruzione dei monumenti principali che avvenne tra il 1050 e il 700 a. C., nel periodo che gli archeologi definiscono come "Preclassico" (2000 a. C. – 250 d. C. circa), un momento chiave nello sviluppo della civiltà Maya.

Il complesso, uno dei più grandi noti fino ad adesso, è costituito da un insieme di strade rialzate e strade infossate, canali, dighe e strutture con un rigido orientamento approssimativamente nord-sud ed est-ovest, che convergono in un punto, dando origine a una struttura cruciforme, il cui centro doveva essere il punto catalizzatore della vita cultuale di Aguada Fénix. Molto probabilmente infatti si trattava di un santuario, utilizzato dagli abitanti della zona per funzioni religiose comunitarie.

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La fossa centrale cruciforme, punto catalizzatore dei culti nel santuario. Credit: Inomata et al.

Ciò che è veramente sorprendente del complesso è non solo la maniera in cui le strutture sono disposte, ma anche il fatto che un complesso così grande sia stato realizzato in un periodo della storia Maya in cui probabilmente non c'erano ancora rigide divisioni gerarchiche nella società. Un assunto ormai largamente messo in discussione nell'archeologia mondiale, ovvero il fatto che una comunità potesse realizzare una grande opera solamente se indirizzata da un'élite, ha subìto quindi un'ulteriore smentita.

La campagna di ricerche archeologiche è stata condotta tra il 2020 e il 2024, e ha utilizzato diverse tecniche. Oltre al normale scavo archeologico con metodo stratigrafico, svolto nel punto centrale del santuario, gli studiosi hanno utilizzato anche il LIDAR (Light Detection and Ranging) per individuare strutture e complessi inghiottiti dalla giungla o sepolti sottoterra.

Lo scavo si è concentrato nel punto centrale dell'impianto cruciforme. I costruttori del complesso realizzarono qui infatti una fossa a forma di croce, dove convergevano i due assi principali del santuario, con orientamento nord-sud e est-ovest. Quest'ultimo asse sembra essere allineato col sorgere del sole il 24 febbraio e il 17 ottobre, con un intervallo di tempo di 130 giorni, esattamente la metà dei 260 giorni del calendario rituale mesoamericano. Ancora più sorprendente è ciò che gli archeologi hanno ritrovato sul fondo della fossa centrale.

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I pigmenti "direzionali" e le conchiglie rinvenute sul fondo della fossa. Credit: Inomata et al.

Nella sezione nord vi era un pigmento blu a base di azzurrite, nella sezione est un pigmento verde a base di malachite e nella sezione sud uno giallo a base di goethite. Secondo il gruppo di ricerca si tratterebbe dell'attestazione più antica nota fino ad ora dei colori direzionali americani, un simbolismo cromatico condiviso da molte altre culture native americane, nel quale si associa un colore a ciascun punto cardinale. Il colore mancante, nel settore ovest, era probabilmente realizzato con una qualche sostanza deperibile, prodotta a partire da conchiglie come Macrostrombus costatus e del genere Spondylus, e si tratterebbe forse del rosso. Utilizzando i colori per evidenziare le diverse direzioni, gli antichi costruttori di Aguada Fénix realizzarono sulla terra una rappresentazione dell'universo per come essi lo conoscevano e lo percepivano. Oltre ai pigmenti, gli archeologi hanno trovato diversi materiali, come ceramica e ornamenti in giada, associati alle funzioni che si svolgevano nel centro del santuario.

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Manufatti in giada rinvenuti nei pressi della fossa centrale, probabilmente associati alle figure religiose che svolgevano i riti. Credit: Inomata et al.

Secondo Inomata, i costruttori di Aguada Fénix non avevano una organizzazione sociale gerarchica complessa paragonabile a quella delle coeve città degli Olmechi, un altro popolo mesoamericano che all'epoca aveva raggiunto un avanzato livello di sviluppo, ma nonostante ciò realizzarono un complesso monumentale enorme. Considerando il simbolismo astronomico e cosmologico del santuario, è probabile che il complesso sia stato costruito sotto la direzione di figure religiose rispettate, senza però l'autorità che avrebbe contraddistinto in seguito le élite delle città Maya successive.

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