
Las Vegas è riconosciuta a livello internazionale come capitale mondiale del gioco d'azzardo e dell'intrattenimento, ma quello che non tutti sanno è che attorno alla metà del secolo scorso divenne anche il principale punto di riferimento per il cosiddetto "turismo atomico". La città infatti promuoveva come attrazione turistica i test nucleari che il governo effettuava a poche decine di chilometri di distanza, nel deserto del Nevada, invitando i clienti ad ammirare le esplosioni da terrazze panoramiche e balconi di hotel e casinò.
Ma per quale motivo decisero di puntare su questa insolita tipologia di turismo? Per capirlo dobbiamo fare un piccolo salto indietro nel tempo.
Il piano espansionistico di Las Vegas
A cavallo tra gli anni '30 e '40 del Novecento la città di Las Vegas volle imporsi con la forza come principale meta turistica non solo del Nevada, ma di tutti gli Stati Uniti. Per questo motivo vennero realizzati nuovi casinò e gli spettacoli iniziarono a coinvolgere personalità sempre più rilevanti.
Negli anni '50, però, le cose cambiarono: le autorità locali vennero avvisate che, a circa un centinaio di km dal confine cittadino, nel deserto del Nevada, l'esercito americano avrebbe effettuato test di armi atomiche.
Per molti questa sarebbe stata una notizia devastante, demolendo un progetto imprenditoriale ormai ben avviato. Chi mai avrebbe voluto visitare una città così vicina a ripetuti test atomici?
Beh, i membri della Camera di Commercio di Las Vegas furono abbastanza astuti (o forse folli?) da ribaltare la questione a loro favore. La bomba non fu infatti annunciata come una minaccia, ma sponsorizzata come un'attrazione unica e irripetibile, che solo i turisti di Las Vegas avrebbero potuto ammirare in tutto il suo splendore.
I test atomici come attrazione turistica
Il 27 gennaio 1951 venne condotto il primo test e la città sfruttò l'occasione per sponsorizzare l'evento, pubblicizzandolo come una delle tante attrazioni proposte dalla città del peccato.
Fu proprio così che, per i test successivi, iniziarono ad arrivare i primi turisti, tanto da spingere la città a realizzare mano a mano calendari relativi ai test in programma, specificando per ognuno quale fosse il migliore spot per ammirare l'esplosione. Hotel e casinò iniziarono anche ad organizzare i cosiddetti "Dawn Bomb Party", durante i quali gli ospiti potevano assistere ai test su terrazze panoramiche, sorseggiando cocktail a tema atomico – come l'Atomic, il più popolare, la cui ricetta era a base di vodka, brandy, sherry e champagne.

Per i più audaci vennero organizzati anche dei veri e propri pranzi al sacco che permettevano di mangiare un boccone mentre si ammirava la detonazione dell'arma, posizionandosi alla distanza minima prevista dalla legge. Non è esagerato dire che quella delle esplosioni atomiche fu una vera e propria mania: in quel periodo in città non era raro trovare in negozi di souvenir cartoline e gadget a tema atomico.
Dal punto di vista economico tutto ciò si rivelò essere estremamente redditizio, oltre al fatto che l'esercito, per realizzare questi test, versò nelle casse del Nevada almeno 176 milioni di dollari di fondi federali – due terzi dei quali finiti poi nelle casse di Las Vegas.
La fine del turismo atomico
Nei successivi 12 anni vennero svolti circa un centinaio di test e, per chi se lo stesse chiedendo, gli scienziati all'epoca dichiararono che la città si trovava a una distanza tale da non essere direttamente interessata dalla ricaduta di materiale radioattivo – oltre al fatto che i test venivano effettuati solamente in giornate con condizioni meteo ideali.
Tuttavia le cose cambiarono drasticamente nel 1963, quando la Limited Test Ban impose il divieto di effettuare test di questo tipo in superficie, mettendo ufficialmente fine al turismo atomico della città.