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Il tema delle pensioni è uno tra i più discussi in Italia: le riforme continuano a cambiare e l'età di pensionamento si alza costantemente, l‘aspettativa di vita sempre più alta e l‘invecchiamento della popolazione mettono in difficoltà il sistema e in futuro ci saranno sempre meno lavoratori a causa della bassa natalità.
Ma, quindi, a che età andranno in pensione di giovani di oggi? Per capirlo, bisogna capire come funziona il sistema previdenziale italiano, che oggi si basa su un meccanismo di ripartizione: questo significa che i contributi previdenziali versati dai lavoratori di adesso non vengono "accantonati" e conservati per il loro futuro, ma vengono utilizzati direttamente per finanziare le pensioni attuali.
Fino al 2026, gli italiani potranno accedere alla pensione di vecchiaia all'età di 67 anni (con 20 anni di contributi), ma in futuro questo criterio d'età aumenterà sicuramente, dato che è stato collegato all'aspettativa di vita della popolazione italiana (che nel 2024 ha raggiunto gli 83,4 anni di media). Secondo alcune stime dell'OCSE, entro il 2060 l'età pensionabile potrebbe arrivare fino a 74 anni.
Come funziona il sistema pensionistico in Italia
Quando si parla di pensioni, si fa riferimento al sistema previdenziale: nell'arco della loro vita lavorativa, infatti, quasi tutti i lavoratori sono obbligati a versare a un ente dello Stato (in Italia l'INPS) i contributi previdenziali, ossia delle somme di denaro che servono per finanziare determinate prestazioni sociali, tra cui proprio la pensione.
Nel caso dei lavoratori dipendenti, una parte di questi contributi viene trattenuta automaticamente dalla busta paga (mentre l'altra viene versata allo Stato dal datore di lavoro). I lavoratori autonomi, invece, devono occuparsi in autonomia del versamento contributivo.
Dal 1995, il nostro sistema previdenziale è passato da un regime retributivo (secondo cui l’importo della pensione era legato al livello del salario percepito dalla persona quando lavorava) a un regime contributivo, in cui l'ammontare della pensione dipende dai contributi versati dal lavoratore durante la sua vita lavorativa.
Il problema è che, oggi, il sistema funziona con un meccanismo di ripartizione: i contributi versati dai lavoratori di oggi, quindi, non vengono effettivamente "accantonati" e riservati a loro per il futuro, ma sono utilizzati direttamente per finanziare le pensioni attuali. In altre parole, non c'è un accumulo di riserve: questo, chiaramente, sta creando sempre più difficoltà per il bilancio dello Stato, considerando che in Italia l'aspettativa di vita è sempre più alta e, quindi, ci sono sempre più pensionati rispetto ai lavoratori.
In generale, il sistema previdenziale rappresenta una delle spese più grandi all'intero del bilancio pubblico dello Stato: nel 2024 l'Italia ha speso 336 miliardi di euro per le pensioni e, al 1° gennaio 2025, l'INPS ha registrato un totale di 17,9 milioni di pensioni, di cui 13,6 milioni di natura previdenziale.
Ecco perché, nel corso degli ultimi anni, l'età pensionabile è stata modificata più volte attraverso numerose riforme, con l'obiettivo di rendere l'intero sistema più sostenibile per le casse dello Stato.
L'età pensionabile nel 2025
Ma quindi, a che età andranno in pensione i giovani di oggi? Possiamo semplificare le normative vigenti nel 2025 distinguendo tra:
- la pensione di vecchiaia, alla quale si può accedere dai 67 anni di età (sia per gli uomini che per le donne) con almeno 20 anni di contributi versati;
- la pensione anticipata ordinaria, che stabilisce un periodo minimo di contributi di 41 anni e 10 mesi per le donne e di 42 anni e 10 mesi per gli uomini, indipendentemente dalla loro età anagrafica.
La situazione, però, potrebbe cambiare già dal prossimo anno: l'età minima di pensionamento per vecchiaia (ossia 67 anni) è stata infatti collegata all'aspettativa di vita tramite la legge Fornero (legge 92/2012) e deve essere riconfermata ogni due anni. Di conseguenza, più aumenterà l'aspettativa di vita in Italia (83,4 anni nel 2024 secondo i dati ISTAT), più alta sarà l'età da raggiungere per poter accedere alla pensione di vecchiaia.
Proprio per questo, non è possibile stabilire con precisione a che età i giovani di oggi potranno accedere alla pensione: secondo alcune stime dell‘OCSE, tuttavia, è possibile che entro il 2060 l'età pensionabile arrivi fino a 74 anni.
Bisogna comunque specificare che, al momento, la normativa italiana riconosce anche altre modalità per accedere alla pensione anticipata, tra cui la pensione anticipata flessibile (la cosiddetta Quota 103, che corrisponde a 62 anni di età e 41 di contributi), la pensione anticipata contributiva riservata a chi ha versato il primo contributo a partire dal 1996 e altre agevolazioni per categorie specifiche di lavoratori.
Il sistema pensionistico nel 2050: le previsioni
Oggi il sistema previdenziale italiano è fortemente in crisi, per tre motivi principali:
- La crescita economica rallentata dell'Italia e i salari bassi: meno lavoratori e salari più bassi significano anche meno versamenti contributivi e, quindi, maggiori difficoltà nel mantenere sostenibile il sistema previdenziale.
- L'invecchiamento della popolazione: la popolazione italiana è sempre più vecchia, con un'età media di 48,4 anni. Di conseguenza, ci saranno sempre più pensionati in futuro, anche considerata l'aspettativa di vita crescente.
- Il calo demografico: nel 2024 in Italia il tasso di natalità è sceso al 6,3 per mille e secondo le stime il trend peggiorerà ulteriormente nei prossimi anni. Le nuove generazioni, quindi, saranno sempre meno numerose e, una volta entrati nel mondo del lavoro, verseranno sempre meno contributi.
Secondo le ultime previsioni dell'INAPP (Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche), al momento il rapporto tra i lavoratori attivi (considerati i cittadini nella fascia 15-64 anni) e i pensionati (65+) è di circa 3 a 2, ma entro il 2050 questo rapporto potrebbe arrivare a 1 a 1. Per ogni pensionato, quindi, ci sarà solo un lavoratore che verserà i contributi allo Stato.
Ovviamente, le soluzioni al problema non sono per niente facili: cercando di semplificare, oltre ad aumentare gradualmente l'età pensionabile, le alternative per lo Stato sono quelle di ridurre l'importo totale delle pensioni (il che diminuirebbe il potere d'acquisto dei pensionati) o alzare ulteriormente i contributi per i lavoratori.
Cosa succede nel resto del mondo
Anche nel resto del mondo occidentale, comunque, i sistemi previdenziali stanno entrando in crisi. Solo qualche mese fa, la Danimarca ha aumentato l'età di pensionamento a 70 anni (la più alta in Europa) a partire dal 2040, causando non poche proteste da parte della popolazione.
In Francia, invece, nel 2023 il Governo ha aumentato l'età pensionabile da 62 a 64 anni a partire dal 2030, a seguito di numerosi tentativi di riforma e l'opposizione dei cittadini francesi. Altri Paesi come Grecia, Spagna, Svizzera, Belgio e Svezia si posizionano all'incirca come l'Italia, con un'età di pensionamento che oscilla tra i 65 e i 67 anni. La Slovenia, invece, si posiziona tra i Paesi dove l'età per accedere alle pensioni è più bassa, con un totale di 62 anni e 40 anni di contributi.