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4 Agosto 2025
6:00

Perché i paesi demograficamente più giovani hanno più rivolte interne?

Nei paesi con una popolazione giovane, la mancanza di opportunità economiche e sociali può alimentare proteste e instabilità, rendendo la demografia un fattore chiave nei conflitti interni.

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Perché i paesi demograficamente più giovani hanno più rivolte interne?
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Le società in cui la popolazione è composta in gran parte da giovani, a differenza dell'Italia che si trova al 5° posto dei Paesi più vecchi al mondo, tendono spesso a vivere proteste, insurrezioni e movimenti di contestazione: accade per esempio in aree come l'Africa subsahariana, il Medio Oriente e alcune regioni dell'America Latina. Diversi studi sociali suggeriscono che la giovane età media della popolazione incida sulla stabilità politica e sociale. Il concetto di "youth bulge" (letteralmente “rigonfiamento giovanile”) introdotto da sociologi come Gunnar Heinsohn e Jack A. Goldstone aiuta a comprendere perché la pressione demografica giovanile sia un “fattore di rischio” per le rivolte interne.

I dati: la correlazione tra demografia e instabilità sociale

Secondo i dati della Banca Mondiale e delle Nazioni Unite, i paesi con un’alta incidenza di giovani (tra i 15 e i 29 anni) rispetto alla popolazione adulta tendono ad avere più proteste, rivolte e guerre civili. Un caso emblematico è la cosiddetta Primavera Araba (2010-2012): in quegli anni, nei paesi coinvolti, come Tunisia, Egitto e Siria, oltre il 60% della popolazione aveva meno di 30 anni, e la disoccupazione giovanile superava il 25%. Le proteste sono state alimentate dalla frustrazione di una generazione che, pur essendo più istruita delle precedenti, si trovava esclusa dal mercato del lavoro, dalla vita politica e, in generale, dal benessere a loro promesso. Un report del United Nations Development Programme (UNDP, 2014) evidenzia che circa il 40% delle guerre civili dal 1945 in poi è avvenuto in paesi con un'alta quota di giovani rispetto alla popolazione totale. Il sociologo Jack A. Goldstone (1991) ha analizzato la relazione tra crescita demografica e instabilità politica, concludendo che quando oltre il 30-40% della popolazione è costituito da giovani adulti, il rischio di conflitto interno aumenta significativamente.

Le teorie sulle rivolte giovanili

Diversi studiosi hanno elaborato teorie che spiegano perché la giovane età media di una popolazione possa essere un fattore di rischio per le rivolte interne. Uno dei principali concetti utilizzati è quello del "youth bulge", elaborato da Gunnar Heinsohn (2003). Secondo Heinsohn, quando una società produce un ambiente in cui i giovani non hanno accesso a risorse e opportunità, la competizione per lavoro, status e potere genera frustrazione e, quando i giovani in questione sono una fetta molto larga di popolazione, questo conduce più facilmente a ribellioni, insurrezioni o guerre civili.

Un’altra teoria interessante è quella di Ted Robert Gurr (1970) che parla di frustrazione relativa: le rivolte nascono quando un gruppo sociale percepisce un divario tra le proprie aspettative legittime e le opportunità reali. Nei paesi giovani, spesso caratterizzati da una storia coloniale e da uno sviluppo basato sullo sfruttamento delle risorse, le nuove generazioni, grazie all’istruzione e all’esposizione tramite i social media a modelli di benessere percepiti come superiori, sviluppano aspirazioni diverse rispetto a quelle delle generazioni che li hanno preceduti (genitori e nonni). Tuttavia, si scontrano con barriere strutturali e culturali che ne ostacolano la realizzazione, spingendoli alla protesta.

Dal punto di vista antropologico, James C. Scott (1990) ha studiato le forme di resistenza quotidiana delle popolazioni marginalizzate, evidenziando che i giovani sono spesso i protagonisti di movimenti di opposizione perché meno legati alle gerarchie tradizionali. Le generazioni più anziane tenderebbero ad accettare maggiori compromessi con il potere tradizionale e politico, mentre i giovani, meno integrati nei meccanismi istituzionali, sono più propensi a mettere in discussione l’ordine esistente.

Implicazioni sociali e politiche

Se la giovinezza della popolazione è un fattore di rischio per la stabilità sociale, quali sono le implicazioni politiche? I governi devono affrontare una sfida complessa, tuttavia, le risposte politiche variano a seconda del contesto. Alcuni paesi cercano di assorbire la pressione giovanile attraverso la migrazione (come avviene in molte nazioni dell’Africa occidentale, da cui i giovani emigrano verso l’Europa). Altri, come la Cina, investono massicciamente in formazione e industrializzazione per offrire ai giovani opportunità economiche. Un caso particolare è quello dell’Iran, che negli anni ‘90 ha vissuto una forte crescita demografica giovanile e ha sperimentato numerose proteste studentesche: in risposta, il governo ha adottato una combinazione di repressione e concessioni economiche, con esiti contrastanti.

La demografia è determinante?

Anche se studi come quelli di Goldstone e Heinsohn suggeriscono una correlazione tra youth bulge e conflitti interni, la relazione tra i due fenomeni non è necessariamente causale, cioè l'uno non genera necessariamente l'altro, ma semplicemente coesistono. Ad esempio, se osserviamo paesi come l'India e l'Indonesia, dove la quota di giovani è particolarmente significativa sul totale della popolazione, possiamo affermare che non ci siano state rivolte significative al loro interno paragonabili alla "Primavera Araba". Al contrario, troviamo invece paesi che, seppur con una popolazione media molto più anziana (Germania), hanno sperimentato un'instabilità più importante. Quando pensiamo alle proteste, infatti, è bene ricordarsi che tenere in considerazione il solo fattore demografico è riduttivo: il dato andrebbe letto anche in relazione ad altri aspetti strutturali quali corruzione, repressione politica, disuguaglianze economiche e così via. La demografia, da sola, non determina il destino di un paese, ma gioca un ruolo fondamentale nell’influenzare le sue dinamiche sociali e politiche: un’elevata percentuale di giovani nella popolazione può essere una risorsa preziosa per la crescita economica e l’innovazione, ma solo se esistono opportunità adeguate in termini di istruzione, lavoro e partecipazione sociale.

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