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11 Marzo 2024
17:45

Perché il rumore delle unghie sulla lavagna ci dà così fastidio?

Le frequenze acustiche sprigionate quando sentiamo le unghie graffiare una lavagna sono paragonabili a quelle emesse dalle scimmie e dai neonati per segnalare un pericolo. Sembrerebbe da ricercare in questa curiosa coincidenza quella sensazione di disagio che chiamiamo "brivido acustico".

A cura di Joel Baldo
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Perché il rumore delle unghie sulla lavagna ci dà così fastidio?
Perche unghie lavagna stridio fastidio

La sensazione di disagio e fastidio che proviamo al rumore di un'unghia che raschia sulla lavagna, o di una forchetta che graffia un piatto, è quasi universale. Ma cos'è che rende questi suoni così insopportabili? La risposta, sorprendentemente complessa, ci porta nelle profondità del nostro cervello, dove il suono incontra la percezione, l'emozione e l’istinto di sopravvivenza, fino a provocare in noi un'intensa reazione di allarme e disagio che accomuna queste esperienze a quelle provate quando ascoltiamo le grida dei nostri simili o il pianto dei neonati. Un'ipotesi è che il rumore causato dalle unghie sulla superficie di ardesia della lavagna ci dà fastidio perché le frequenze di questo rumore si sovrappongono a quelle di altri rumori – il pianto dei neonati, appunto – a cui rispondiamo istintivamente con uno stato di allarme.

Quali suoni ci danno più fastidio

La nostra avversione per certi tipi di rumore ha radici profonde nella neurobiologia del sistema uditivo. Gli studi hanno mostrato che suoni ad alta frequenza, in particolare quelli compresi tra 2.000 e 5.000 Hz, sono particolarmente efficaci nell'evocare una risposta emotiva negativa. Coincidenza: questa gamma di frequenze include quella dello stridio delle unghie sulla lavagna.

La spiegazione di questo fenomeno risiede nel modo in cui il nostro cervello elabora i suoni. Quando un suono entra nell'orecchio, viene trasformato in segnali elettrici che viaggiano fino alla corteccia uditiva per essere interpretati. Tuttavia, non si ferma qui: i suoni sgradevoli stimolano anche l'amigdala, una parte del cervello associata all'elaborazione delle emozioni, in particolare quelle legate alla paura e al disagio. Questo collegamento tra corteccia uditiva e amigdala ci è utile a rispondere in maniera reattiva ai “suoni pericolosi”, scatenando la nostra risposta emotiva.

Il possibile legame con le urla dei primati e dei neonati

Una teoria affascinante cerca le radici di questa avversione nella nostra evoluzione, proponendo che la nostra reazione negativa a tali frequenze possa essere stata vantaggiosa per la sopravvivenza dei nostri antenati, probabilmente perché suoni appartenenti alla stessa gamma di frequenze potevano essere associati a pericoli ambientali o predatori.

È infatti curioso osservare che alcune delle frequenze generate dalle urla dei nostri cugini primati si esprimono proprio in quell’intervallo, e ciò lascerebbe pensare che la forte risposta emotiva a questo tipo di suoni possa esserci stata di grande aiuto. Forse ancor più curioso, anche molte delle grida emesse dai neonati si muove nello stesso range di frequenza, ed è sempre associata alla stessa reazione di allarme e di paura verso un eventuale pericolo. Questo meccanismo sarebbe quindi diventato parte del nostro repertorio comportamentale innato.

scimpanze urla

Il brivido dipende dalla tipologia di stridio

Altri studi hanno messo in gioco l’esperienza individuale, le aspettative culturali e persino il contesto in cui si verifica il suono: sapere che quello stridio derivi effettivamente da un gesso sulla lavagna o da una forchetta su un piatto modificherebbe la nostra risposta emotiva ad esso, intensificando il “brivido” rispetto ad uno stesso suono di cui non identifichiamo l’origine, e suggerendo un intreccio complesso tra percezione, cognizione e contesto. Curioso è il fatto che nel vocabolario spagnolo esiste una parola precisa per definire la sensazione di brivido di cui stiamo parlando, “grima”, parola di cui non esiste un corrispettivo in inglese, tedesco o italiano.

La ricerca sull'avversione ai suoni sgradevoli come lo stridio sulla lavagna apre finestre intriganti sulla complessità del cervello umano, sulla nostra interazione con l'ambiente e della connessione ancora oggi presente con i nostri istinti più primitivi. Al di là della semplice irritazione, questi studi rivelano come suoni specifici possano attivare reti cerebrali che innescano percezioni sensoriali, elaborazioni emotive e meccanismi evolutivi di sopravvivenza.

La comprensione di questi fenomeni è ancora in fase di sviluppo. Continuando a esplorare le frontiere delle neuroscienze, possiamo oggi aspettarci di scoprire non solo perché certi suoni ci disturbano così tanto, ma anche come questa conoscenza possa essere applicata alla vita di tutti i giorni per migliorare il nostro benessere psicologico e fisico rispetto allo “smog acustico” nel quale siamo immersi.

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