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7 Ottobre 2024
9:00

Perché per secoli le donne non hanno potuto recitare a teatro? E quando hanno iniziato?

Il rapporto tra donne e teatro è stato storicamente difficile: le donne sono riuscite a entrare nel teatro solo dal Rinascimento, verso la metà del Cinquecento, diventando sia attrici sia autrici di drammi. In alcuni Paesi, però, questo sviluppo è avvenuto solo molti secoli dopo, come in Inghilterra o in Giappone.

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Perché per secoli le donne non hanno potuto recitare a teatro? E quando hanno iniziato?
rapporto donne teatro nella storia

Il rapporto tra donne e teatro non è stato affatto semplice, nella storia. Tenute lontane da recitazione e scrittura, le donne sono state per secoli spettatrici silenziose fino a una progressiva integrazione sulla scena. Solo con il Rinascimento in Italia le donne iniziarono a salire sul palco, anche se ancora circondate da pregiudizi, mentre in Inghilterra fu necessario attendere il 1660 e nel Giappone alcune forme teatrali, come il Kabuki, sono ancora prerogativa tradizionale maschile. Ripercorriamo in sintesi le varie tappe della relazione tra donne e teatro.

Nell'antica Grecia, in particolare ad Atene, le donne vivevano in condizioni di semiclausura, nel gineceo, e uscivano solo in occasioni solenni, feste religiose, matrimoni, funerali, e, forse, per assistere alle rappresentazioni teatrali. Non era consentito loro di recitare: se ci pensiamo, si tratta di un paradosso, visto che il teatro greco è ricco di figure femminili memorabili, come Medea, Elena, Fedra, Antigone, Elettra, Ecuba. Tutti questi personaggi mitici erano portati in scena da attori uomini. Pensate che il filosofo Platone, nell'opera Repubblica, criticò questa pratica.

teatro greco

Nell'antica Roma le donne, che andavano più liberamente a teatro, potevano comunque esibirsi solo nei mimi, spettacoli molto essenziali e accompagnati dalla musica, nei quali recitavano, cantavano e ballavano.

Durante il Medioevo, e con l'avanzare del cristianesimo, le donne erano invitate a tenersi lontane dal teatro, presentato come luogo di corruzione. L'unico genere sopravvissuto, il dramma religioso, ebbe però dei contributi fondamentali da alcune figure femminili come la badessa sassone Roswitha di Gandersheim, che nel X secolo fece rinascere il dramma in Germania scrivendo opere religiose ispirate a Terenzio. Non c'erano però attrici, tranne in casi assolutamente eccezionali e solo verso la fine del Medioevo, a metà Quattrocento.

In Italia le attrici iniziano finalmente a recitare a fianco degli attori solo durante il Rinascimento, periodo in cui viene rivolta alle donne una nuova attenzione. All’inizio del XVI secolo, infatti, la condizione femminile divenne oggetto di un'intensa riflessione che portò alla partecipazione delle donne alla recitazione e alla stesura stessa di personaggi femminili più sfaccettati e carismatici: un esempio celebre del Cinquecento è Isabella Andreini, attrice e ottima autrice (anche se poco studiata). Nonostante questa prima apertura, bisogna sottolineare che in questo periodo (e per secoli ancora) le attrici non godevano di buona fama, ma come le ballerine erano spesso associate a una dubbia moralità.

teatro rinascimento

Anche nel resto d'Europa, le donne divennero autrici di sceneggiature teatrali – è il caso della principessa francese Marguerite de Navarre – e arrivarono sul palco. Ci fu però un'eccezione di rilievo: l'Inghilterra introdusse le attrici solamente dal Seicento. Nessun ruolo femminile delle commedie o delle tragedie di William Shakespeare, per esempio, era interpretato da donne: più che Romeo e Giulietta, c'erano Romeo e Romeo. I ruoli femminili venivano assegnati tipicamente ad adolescenti maschi. Non esisteva alcuna norma giuridica chiara che lo proibisse – motivo per cui le donne si esibivano nelle "masque" di corte, spettacoli di danza e musica apprezzati dagli aristocratici in Inghilterra durante il XVI e il XVII secolo, oppure negli intrattenimenti nelle tenute di campagna – ma motivi spesso pratici: senza donne, la compagnia poteva spostarsi più rapidamente ed economicamente.

Fu re Carlo II a dichiarare formalmente nel Seicento che le parti femminili potevano "essere interpretate da donne”: nel 1660 Margaret Hughes interpretò per la prima volta la parte di Desdemona nell'Otello di Shakespeare. A quel punto, l'abitudine era sdoganata in tutta Europa, e all’inizio del Settecento l’interpretazione femminile arrivò a diventare il perno dell’azione scenica, anche grazie alle opere di Goldoni, e nell'Ottocento e poi nel Novecento sarebbero emerse le dive, con miti come Eleonora Duse. Nel XX secolo fiorirono anche le autrici, in Italia, come Natalia Ginzburg e Dacia Maraini, e nel mondo, come Caryl Churchill.

teatro giapponese

Esistono ancora dei divieti di questo genere? , per diversi motivi. Ci sono esempi di stampo morale, come nel caso delle strette talebane contro le donne in Afghanistan, o esempi di tipo culturale, come nel caso del teatro classico giapponese. Nello specifico, il genere del Kabuki è ancora riservato ai soli uomini: parliamo di un tipo di rappresentazione che mescola performance drammatiche alla danza tradizionale, con costumi altamente decorati e un trucco elaborato. Diversa è invece la questione per il teatro Noh, a sua volta una delle principali forme di danza-dramma classica giapponese, nata nel XIV secolo: questo si è lentamente aperto alle donne, che però restano rare, e infatti sono spesso i padri a tramandare la vocazione ai figli.

Fonti
Warwick University Colorado State University Folger Shakespeare Library Japan Times Il Fatto Quotidiano
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