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26 Novembre 2023
7:12

Perché sentiamo il bisogno di raccontare storie: l’esperimento di Heider e Simmel

Il potere della narrazione per la nostra mente non sembra esaurirsi mai. Le storie infatti sono il modo in cui organizziamo la nostra conoscenza del mondo in modo da poter trovare un ruolo in esso.

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Perché sentiamo il bisogno di raccontare storie: l’esperimento di Heider e Simmel
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Spesso non ci pensiamo, ma trascorriamo molto tempo immersi in mondi di finzione. Questa nostra necessità e capacità di narrare storie è antichissima: ci sono prove dell’esistenza di storie di finzione fin dai primordi dell'umanità. Basta osservare un bambino durante i suoi giochi quotidiani con il suo “facciamo finta che”, per capire che si tratta di un meccanismo presente in noi a livelli primordiali.

Se guardiamo indietro nei secoli, siamo passati da racconti narrati oralmente, alla lettura di testi scritti, film, serie TV, videogiochi e giochi di ruolo. Nei millenni le storie hanno mantenuto intatto il loro valore sociale pur cambiando mezzi di propagazione e riproduzione. Come mai sono così potenti?

La nostra mente è narratrice

Carlo è andato al supermercato a comprare la frutta.

Elisa è uscita di casa per andare al lavoro.

Davide è uscito a portare fuori il cane.

A cosa pensate quando leggete queste tre frasi una di seguito all'altra? La maggior parte delle persone le starà mettendo insieme le tre frasi, cercando di trovare una storia nascosta che leghi le tre persone, come in un incipit di un libro.

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La realtà è che queste frasi non sono correlate ma inventate a caso. La nostra mente narrante inizierà automaticamente a tesserle insieme: come dimostrarono gli psicologi Heider e Simmel, se si dà a una persona un'informazione casuale, che non rientra in alcuno schema, quella persona avrà una capacità molto limitata di non intesserla in una storia.

L'esperimento di Heider e Simmel

Nella metà degli anni 40 i due ricercatori realizzarono un breve filmato di animazione molto semplice: un grande quadrato che rimane fisso, tranne per un segmento di uno dei lati, che si apre e si chiude. Sulla stessa schermata ci sono anche un triangolo grande, uno più piccolo e un cerchio ugualmente piccolo. Il corto inizia con il triangolo grande situato dentro al quadrato, poi compaiono il triangolo piccolo e il cerchio. Mentre il segmento del quadrato si apre e si chiude le tre figure geometriche si spostano sullo schermo e, dopo circa un minuto e mezzo, il triangolo piccolo e il cerchio piccolo scompaiono di nuovo.

Fotogramma dell’esperimento di Heider-Simmel (1944)
Fotogramma dell’esperimento di Heider–Simmel (1944).

Dopo aver presentato il filmato ai soggetti che stavano studiando, Heider e Simmel hanno assegnato un semplice compito, ossia, quello di descrivere ciò che vedevano. Solo tre persone su 144 hanno detto di vedere “solo” delle figure geometriche mentre tutti gli altri hanno visto delle storie realizzarsi sullo schermo: porte che sbattevano, danze di corteggiamento, ecc. Alla radice di una simile interpretazione della situazione ci sarebbe la nostra tendenza innata ad attribuire "intenzioni" ai comportamenti osservati, ossia a considerare (ricevuto il minimo incoraggiamento) gli eventi che vediamo come azioni dotate di senso e gli oggetti in movimento come agenti antropomorfi.

Interpretare gli eventi come azioni significa intravedere un progetto dietro all’apparenza dei fenomeni: questa è una facoltà adattiva che, mentre rende più prevedibile l’ambiente, permette all’individuo di esercitare un controllo sulla realtà circostante, economizzando sulle risorse cognitive necessarie per interagire con essa.

A cosa ci servono le storie?

La nostra mente quindi è predisposta per individuare schemi di significato: pensiamo per esempio a quanto siamo bravi a riconoscere figure e visi umani, vedere animali nelle nuvole o riconoscere il volto di qualche personaggio famoso dalla tostatura del pane. Ma perché facciamo tutto ciò?

Secondo lo psicologo Keith Oatley, le storie ci danno l’opportunità di vivere le esperienze senza doverne correre i rischi: sono una sorta di simulazione protetta di situazioni che potremmo ritrovare nella vita reale. Le storie avrebbero cioè, un’utilità evoluzionistica. Per Schank. la nostra intelligenza narrativa ci consiste di capire e analizzare ciò che è accaduto nel passato per essere in grado di prevedere quando potrebbe accadere di nuovo.

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Crescendo, il gioco del "facciamo finta che", si affina e ci si comincia a chiedere che cosa si proverebbe e che cosa si farebbe se ci si trovasse in un altro luogo, in altro tempo, in un altro corpo, afflitti da problemi diversi rispetto a quelli che si hanno.

Cosa si prova a essere un pipistrello? Dove sarei oggi se le cose fossero andate diversamente? Cosa succederebbe al mondo se i mari si prosciugassero? Il potere della narrativa per la nostra mente

Confrontarsi con storie e personaggi di finzione, infatti, può esserci utile nella comprensione del mondo reale e delle altre persone. Le storie si basano sui personaggi e sulle loro interazioni e comprenderle è un esercizio delle nostre abilità socio-cognitive, come l’empatia (capacità di condividere gli stati emozionali di altre persone) e mentalizzazione (abilità di comprendere cosa un altro individuo stia pensando o sentendo emotivamente).

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La narrazione di storie ci viene in aiuto anche quando vogliamo esercitare un potere persuasivo sugli altri: in alcuni esperimenti di laboratorio, Appel dimostrò che è possibile far credere cose piuttosto bizzarre come: lavarsi i denti fa male, si può prendere la pazzia entrando in un istituto psichiatrico, etc. col solo utilizzo di finzione narrativa.

Bruner, in ultimo, riconosce alla narrazione un ruolo e un’importanza anche a livello sociale e culturale: il pensiero narrativo rappresenterebbe una capacità propriamente umana, una modalità universale per organizzare l’esperienza e costruire significati condivisi. Esso è basato sul bisogno di comunicare dell’essere umano e di dare forma e senso alla realtà e al proprio agire, ai nostri scopi, progetti , emozioni, intenzioni e valori. Le storie, poi, fungono da lubrificante sociale, riuniscono le persone e le comunità intere attorno a valori condivisi e pro-sociali.

Non dobbiamo poi dimenticarci della grande influenza che la narrazione ha sui fatti storici e sull’opinione pubblica.

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