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14 Novembre 2025
15:12

L’Italia è il terzo Paese al mondo per riserve di oro: la classifica globale con i primi 10 Stati

L'Italia possiede 2.452 tonnellate di oro come riserve auree, per un valore stimato che – secondo le quotazioni attuali – supera i 300 miliardi di euro (circa il 13% del PIL). Nella classifica globale, siamo il terzo Paese: sopra di noi solo Stati Uniti e Germania.

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L’Italia è il terzo Paese al mondo per riserve di oro: la classifica globale con i primi 10 Stati
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L'Italia è il terzo Paese al mondo per riserve auree, con un patrimonio che si aggira attorno alle 2.452 tonnellate di oro e un valore stimato che, secondo le quotazioni attuali, supera i 300 miliardi di euro – circa il 13% del PIL italiano. La quasi totalità di queste riserve è composta da lingotti d'oro, custoditi in parte nella sede di Roma della Banca d'Italia e in parte in Paesi stranieri come Stati Uniti, Svizzera e Regno Unito.

Le riserve auree svolgono principalmente una funzione strategico-finanziaria per la stabilità economica di un Paese: l'oro, infatti, è considerato un “bene rifugio”, che mantiene il proprio valore anche nei periodi di crisi, non dipende dai governi o dalle valute e protegge dall’inflazione. Anche per questo, le riserve auree non vengono utilizzare per ripagare il debito pubblico.

Vediamo la classifica dei primi 10 Paesi al mondo per riserve auree, che vede nelle prime due posizioni Stati Uniti e Germania.

La classifica dei primi 10 Paesi al mondo per riserve d'oro: l'Italia sul podio

Insomma, la funzione principale delle riserve auree è quella di agire come “stabilizzatore” del rischio nel portafoglio finanziario di uno Stato. In altre parole, quantità così grandi di oro consentono a un Paese di rafforzare la fiducia degli investitori sulla propria stabilità finanziaria – soprattutto durante i periodi di crisi economica – e assicurare una liquidità in caso di default.

Nella classifica mondiale delle riserve auree, l'Italia si posiziona come il terzo Paese a livello globale, scendendo al quarto posto se si considerano anche le riserve del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Sopra di noi solo Stati Uniti, con circa 8.133 tonnellate, e la Germania, con circa 3.355 tonnellate.

Gran parte della riserva aurea italiana, circa il 95,47%, è formata da lingotti d'oro, mentre la restante parte è composta da monete. Le nostre riserve auree non sono custodite esclusivamente in Italia: il 44,86% (1.100 tonnellate) è effettivamente custodito nei caveau della Banca d'Italia a Roma, il 43,29% (1.061,5 tonnellate) è depositato negli Stati Uniti, il 6,09% (149,3 tonnellate) si trova in Svizzera e il restante 5,76% (141,2 tonnellate) è custodito nel Regno Unito.

Il nostro Paese, tra l'altro, ospita diversi giacimenti d'oro nel Monte Rosa, ora abbandonati a causa della loro grandezza e inaccessibilità.

Perché le riserve auree non vengono utilizzate per ripagare il debito pubblico

Come anticipato, con le quotazioni attuali dell'oro, il valore della riserva aurea italiana supera i 300 miliardi di euro, che corrispondono a circa il 13% del nostro PIL. A questo punto può venire spontaneo chiedersi: con un debito pubblico che ad agosto 2025 ha raggiunto i 3.082 miliardi di euro (circa il 135% del PIL) stando ai dati forniti da Banca d'Italia, perché non viene utilizzata una parte della riserva aurea italiana per ripagare parzialmente il debito?

La risposta si ricollega a quello che abbiamo detto in precedenza: l'oro gestito dalla Banca d'Italia (l'Istituzione che gestisce queste riserve) è un bene strategico che funge da garanzia per la stabilità finanziaria e la credibilità internazionale del nostro Paese, soprattutto nei casi in cui è necessario ottenere un prestito. La sua funzione primaria, quindi, è quella di garantire la solidità economica dell'Italia, non quella di finanziare il bilancio statale.

Al tempo stesso, bisogna considerare anche le possibili ricadute sul mercato dell'oro: vendere circa 2.452 tonnellate d'oro per ottenere il capitale necessario a ripagare il debito pubblico destabilizzerebbe ovviamente il mercato globale dell'oro, che sarebbe quindi inondato di una quantità enorme di questo metallo prezioso. Per il principio economico della scarsità, questo provocherebbe nell'immediato un crollo del prezzo dell'oro, annullando di fatto il guadagno atteso da questa vendita. Oggi, infatti, l’oro è un bene sempre più scarso, il cui valore aumenta proprio in occasione di crisi o incertezza economica.

Tra l'altro, anche se il nostro Paese dovesse scegliere di investire tutte le sue riserve auree per ridurre il debito pubblico, questa operazione coprirebbe solo una frazione minoritaria del debito: l'effetto, quindi, non solo sarebbe temporaneo, ma comporterebbe anche la perdita di una garanzia fondamentale, senza peraltro risolvere il problema strutturale del debito pubblico.

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