
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha promesso di fare tutto il possibile per rendere la Siria un successo, dopo uno storico incontro alla Casa Bianca con il presidente siriano Ahmed al-Sharaa, ex comandante di al-Qaeda che, fino a poco tempo fa, era sanzionato da Washington come terrorista straniero e inserito nella lista nera dell'FBI. Il viaggio di al-Sharaa ha rappresentato la prima visita di un presidente siriano alla Casa Bianca da quando Damasco ha ottenuto l'indipendenza dalla Francia nel 1946: parlando con i giornalisti, Trump lo ha elogiato come un “leader forte” e ha espresso fiducia in lui.
Per il nuovo governo di Damasco, uno degli obiettivi principali del vertice era la rimozione completa delle più severe sanzioni statunitensi. Obiettivo per ora mancato, ma al-Sharaa ha ricevuto una proroga di 180 giorni della sospensione dell’applicazione delle cosiddette sanzioni del Caesar Act, che solo il Congresso americano ha il potere di revocare del tutto. Il significato della visita, ad ogni modo, va oltre il mero calcolo economico e racchiude decenni di storia, tra America e Medio Oriente.
Siria e Stati Uniti: storia di un rapporto complicato
Dal 1946, anno dell'indipendenza siriana dal mandato francese, a oggi, le relazioni tra Siria e Stati Uniti sono state segnate da alti e bassi. I rapporti rimasero cordiali fino alla fine degli anni Quaranta, quando gli Stati Uniti intervennero nel tentativo di insediare il leader militare siriano Husni al-Za’im, che sembrava più disposto a collaborare con l’Occidente rispetto al Partito nazionalista che governava il Paese. Un ulteriore deterioramento si ebbe con l’ascesa del presidente egiziano Gamal Abd al-Nasser nel 1954: Damasco si avvicinò alla sua visione di nazionalismo arabo e panarabismo in funzione anti-occidentale. Con la formazione della RAU (Repubblica araba unita) tra Egitto e Siria nel 1958, Washington interruppe le sue relazioni con il governo siriano.
I legami furono ristabiliti dopo lo scioglimento della Repubblica nel 1961, ma rimasero freddi. La diffidenza verso Damasco era comune tra i funzionari statunitensi, abituati a considerarla un satellite dell’Unione Sovietica nella regione e gli incidenti lungo il confine israeliano contribuivano ad alimentare i sospetti, fino alla Guerra dei Sei Giorni del 1967. Allora, l’esercito israeliano riuscì a sconfiggere Egitto, Siria e Giordania e Israele si avvicinò ulteriormente agli Stati Uniti, dopo aver ricevuto il loro sostegno militare, mentre l’Unione sovietica fornì armamenti a Egitto e Siria.
L’ascesa al potere del nuovo leader siriano Hafez al-Assad (1971) riportò le ambasciate operative nel 1974: nello stesso anno, Richard Nixon visitò Damasco nella prima visita ufficiale di un presidente statunitense in Siria. Il vertice riuscì a ristabilire i legami diplomatici, ma si ottenne poco in termini di pace tra Siria e Israele. Tra gli anni Ottanta e Novanta, le relazioni continuarono a essere instabili, muovendosi tra la Guerra civile libanese (1975-1990) e l’invasione del Kuwait da parte del leader iracheno Saddam Hussein nell’agosto 1990: in quest'ultima occasione fu formata una coalizione guidata dagli Stati Uniti per espellere il suo esercito, con la Siria che ne divenne un alleato di rilievo.
Sotto la presidenza di Bill Clinton, la fragile cooperazione tra i due Paesi fallì nuovamente: mentre il presidente statunitense cercava di raggiungere un accordo di pace in Medio Oriente, dovette scontrarsi con l'opposizione di Assad. L’arrivo al potere di suo figlio Bashar al-Assad non cambiò la natura conflittuale dei rapporti: la “guerra al terrore” che gli Stati Uniti lanciarono all’inizio degli anni 2000 inasprì ulteriormente le relazioni, con Damasco che venne considerata complice dei gruppi armati in Medio Oriente (già dal 1979 Washington aveva inserito il Paese tra gli Stati sponsor del terrorismo).
Questo scontro comportò l’imposizione di pesanti sanzioni economiche contro la Siria, che nel 2011 aumentarono ulteriormente dopo lo scoppio della guerra civile nel Paese e la brutale repressione del regime. Washington rispose anche sul campo, fornendo supporto alle forze di opposizione, portando Assad a consolidare ulteriormente i rapporti con avversari degli USA come Iran e Russia.
Trump riceve al-Sharaa: cosa cambierà adesso?
Dopo la caduta di Bashar al-Assad nel 2024 e l’ascesa al potere di al-Sharaa, la Siria ha cambiato totalmente strada a livello diplomatico, allontanandosi da Iran e Russia e avvicinandosi alla Turchia, ai Paesi del Golfo e soprattutto a Washington. Il nuovo leader siriano ha dichiarato la propria disponibilità a partecipare a qualsiasi iniziativa di pace regionale proposta da Trump, un’apertura che potrebbe portare a una pace tra Siria e Israele e alla normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi, ostili dal 1948.
Gli Stati Uniti starebbero infatti mediando colloqui su un possibile patto di sicurezza tra Siria e Israele (che rimane tuttavia diffidente nei confronti dei precedenti legami militanti di al-Sharaa) e starebbero pianificando di stabilire una presenza militare in una base aerea di Damasco. Per la Siria e gli Stati Uniti, dunque, potrebbe aprirsi una finestra di stabilità.
Se la scommessa su al-Sharaa dovesse fallire, invece, Washington rischierebbe di ritrovarsi con un alleato instabile nel cuore del Levante e di spingere di nuovo Damasco verso Mosca e Teheran. Se invece la scommessa funzionasse, la Siria potrebbe diventare il tassello centrale di un nuovo ordine regionale – con un ex comandante jihadista trasformato in interlocutore imprescindibile dell’Occidente.