
Un team di ricerca dell’Università di Trento ha sviluppato mappe digitali del rischio sismico nella zona di Riva del Garda, in provincia di Trento. Qui, il 13 dicembre 1976, alle 6:24 un terremoto di magnitudo 4.4 (che fu poi ribattezzato “terremoto di Santa Lucia”) provocò gravi danni. Quasi cinquant’anni dopo, grazie all’analisi di una grande mole di dati storici, geologici e satellitari e a simulazioni al computer, è stato possibile elaborare un nuovo modello per la valutazione del rischio nell’area interessata particolarmente accurato. L’obiettivo è contribuire alla prevenzione delle conseguenze più gravi di eventuali terremoti futuri.
La realizzazione delle mappe del rischio sismico
Il 13 dicembre 1976, alle 6.24 del mattino, una forte scossa sorprese la popolazione di Riva del Garda, e più in generale dell’Alto Garda e della valle di Ledro. Non ci furono vittime, ma alcuni feriti, centinaia di sfollati e danni ingenti per un totale di 10 miliardi di lire: gran parte degli edifici storici fu lesionata, con danni anche a municipio, scuole e chiese. Il lavoro dei ricercatori, finanziato dalla Provincia autonoma di Trento, è partito da una mappatura del territorio per analizzare i tre elementi che definiscono il rischio sismico: la pericolosità, cioè la probabilità che un certo livello di scuotimento del suolo si verifichi in un certo intervallo di tempo; il valore esposto, che riguarda per esempio il numero di abitanti e il valore degli edifici; la vulnerabilità, cioè la predisposizione di strutture e persone a subire danni. In particolare, la ricerca ha tenuto conto delle caratteristiche geologiche locali, che possono amplificare gli effetti di un terremoto (microzonazione sismica). In questo modo è stato possibile costruire mappe digitali del rischio sismico molto accurate. La sismicità nella zona dell’Alto Garda è risultata medio diffusa, con il rischio di fenomeni di amplificazione delle onde sismiche presso il centro storico di Riva.

La simulazione del terremoto del 1976
Per calibrare il modello di mappe sviluppato, i ricercatori hanno ricreato il terremoto del 1976 con una simulazione al computer che ha previsto anche la riproduzione dei danni registrati quel giorno. I risultati sono poi stati verificati confrontandoli con dati satellitari, documenti storici e rilievi geologici. Il modello è stato ulteriormente validato con il terremoto del 2019 in Vallarsa, in provincia di Trento. Lo scopo della ricerca è contribuire al monitoraggio delle strutture presenti sul territorio, a una corretta pianificazione territoriale e alla predisposizione di piani di emergenza adeguati, che garantiscano la sicurezza della popolazione. In particolare, il lavoro sottolinea la necessità di riorganizzare i piani di emergenza, rivedendo le vie di fuga in modo da garantire le operazioni di soccorso. L’obiettivo finale è realizzare un unico sistema digitale di raccolta e gestione delle informazioni, con la possibilità di accedere alle mappe del rischio sismico per tutti i cittadini, che in questo modo potrebbero conoscere meglio il territorio in cui vivono e i rischi a cui è soggetto.