
Lo SPID ci accompagnerà per almeno altri due anni, forse per altri cinque. È stato infatti rinnovato l'accordo tra AgID (Agenzia Italia Digitale, che rappresenta il governo) e Assocertificatori (che rappresenta i provider di identità digitale) per mantenere lo SPID come strumento per l'accesso all'identità digitale per altri 24 mesi con un'eventuale proroga di altri 36 mesi, quindi possibilmente fino al 2030. L'intesa, siglata l'8 ottobre, è arrivata un giorno prima della scadenza della convenzione: se non fosse stata firmata avrebbe significato la dismissione dello SPID come strumento per la gestione della propria identità digitale in Italia, a favore di un sistema basato sulla combinazione di CIE (Carta d'Identità Elettronica) e IT-Wallet. Attualmente lo SPID è usato da 41 milioni di italiani, l'89% della cittadinanza attiva nel nostro Paese.
Cosa succede ora che lo SPID è stato rinnovato
Il rinnovo dell'intesa garantisce che lo SPID potrà continuare a essere usato come prima, ma non significa che rimarrà per sempre. Anzi, il governo ha più volte ribadito l'intenzione di migrare la gestione dell'identità digitale in Italia da un sistema pubblico basato sullo SPID a uno basato su CIE e IT-Wallet. I motivi sono sostanzialmente due: i costi di gestione del servizio e la sicurezza del servizio stesso. Intenzione, questa, ribadita anche in occasione del rinnovo della convenzione dal sottosegretario all'Innovazione Alessio Butti:
L'Italia […] ora guarda al futuro con un sistema IT-Wallet sempre più completo e interoperabile. La crescita di CIE e queste convenzioni ci consentiranno di accompagnare la transizione verso uno modello unico […] pienamente integrato con gli standard europei.
La garanzia che il sistema SPID durerà per almeno altri due anni aiuterà quindi a effettuare una transizione graduale tra i due sistemi.
SPID con Poste Italiane a pagamento? La sostenibilità economica del sistema
Ora che lo SPID è ufficialmente “salvo”, almeno per ora, il grande tema riguarda la sostenibilità economica di questo servizio, che richiede l'afflusso di consistenti fondi pubblici. I contratti tra AgID e i gestori di identità digitale sono infatti stati prorogati soltanto fino al 2023, e i fondi previsti dal PNRR (40 milioni di euro) sono arrivati soltanto nel marzo di quest'anno.
Questo ha portato alcuni provider a introdurre tariffe a pagamento: l'ultimo in ordine cronologico è InfoCert, che da luglio chiede ai suoi utenti 5,98 euro all'anno. Hanno introdotto canoni annui anche Aruba (4,90 euro + IVA), Register (9,90 euro) e Intesi Group (14,90 euro + IVA). L'attenzione ora però è puntata soprattutto su Poste Italiane, di gran lunga il maggiore provider di identità digitale in Italia con il 72% degli utenti nazionali, che sta valutando di adottare la stessa misura rendendo a pagamento il servizio PosteID abilitato allo SPID con un costo di 5 euro all'anno.