
Come confermato da Agence France Presse, la Commissione europea fa un passo indietro rispetto allo stop della produzione delle auto con motori a combustione interna (benzina, diesel, gas, auto ibride e veicoli alimentati con carburanti a basse emissioni) dopo il 2035. In pratica, i produttori di auto con motori endotermici potranno continuare a produrre e vendere questi veicoli oltre le scadenze previste. Ma non è stato l'unico passo fatto oggi: anziché richiedere una riduzione del 100% delle emissioni di CO₂ dalle nuove auto entro lo stesso anno come era stato dichiarato negli ultimi mesi, l'obiettivo è stato abbassato al 90%.
La notizia era già trapelata la scorsa settimana, quando il presidente del Partito Popolare Europeo Manfred Weber aveva rivelato al quotidiano tedesco Bild di aver incontrato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen a Bruxelles.
La commissione guidata da Von der Leyen, infatti, aveva reso noto un obiettivo ben diverso: dal 2035 tutte le nuove auto e i veicoli leggeri venduti nell'UE non avrebbero più dovuto produrre emissioni di CO2, mettendo fuori gioco le auto termiche. Ma poi ha dovuto scontrarsi con la realtà, fatta di pressioni da parte dell'industria automobilistica europea (Volkswagen, Stellantis, Renault, Mercedes‑Benz e BMW), che ora può cantare vittoria, e quelle da parte dei governi (Germania e Italia in primis, seguite da Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e Bulgaria), che hanno incessantemente richiesto alla Commissione di rivedere le scadenze "troppo stringenti" e gli obiettivi "troppo rigidi" da perseguire in così pochi anni.
Inoltre, per raggiungere l'obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni assegnato a ogni costruttore la Commissione ha proposto di introdurre una nuova categoria di auto elettriche omologate come "M0" (M zero), con prestazioni inferiori rispetto alle auto tradizionali e dimensioni più contenute (lunghezza massima 3,40 metri). Una sola condizione: queste auto devono essere realizzate in Europa. Ognuna di queste piccole e-car immessa sul mercato garantirebbe un vantaggio ai produttori, consentendogli di accumulare dei supercrediti e, di conseguenza, compensare la vendita di un numero maggiore di veicoli con motore termico rispetto a quanto consentito dal limite generale del 90%.
Tuttavia, l’ipotesi di una vettura elettrica europea di larghissima diffusione si scontra con il tema dell’origine delle batterie, che arrivano quasi interamente dall'Asia. Nelle comunicazioni ufficiali non compare alcun riferimento a possibili finanziamenti per la creazione di nuovi mega impianti industriali in Europa dedicati alla produzione su larga scala di batterie LFP (litio-ferro-fosfato), che, grazie ai costi più contenuti, rappresenterebbero l’unica soluzione davvero compatibile con auto elettriche progettate per essere economiche.
Secondo alcuni politici esperti nel settore automotive e alle questioni climatiche, questa decisione – che dovrebbe consentire un passaggio all'elettrico più graduale preceduto da automobili a basse emissioni e ibride o altre soluzioni transitorie – potrebbe però rallentare la transizione verso la mobilità elettrica e indebolire la competitività europea rispetto alla Cina, ormai sempre più avanti sul settore. Inoltre, con l'abbassamento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO₂ dal 100% al 90%, l'Unione Europea rischia di non raggiungere i traguardi stabiliti per la decarbonizzazione del settore dei trasporti. Questo potrebbe compromettere gli sforzi per ridurre le emissioni complessive di CO₂ dell'Europa.