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28 Gennaio 2025
18:30

Tunnel di Cu Chi: come hanno fatto i Viet Cong a costruire queste gallerie contro gli USA

Durante la Guerra del Vietnam i Viet Cong costruirono un vasto sistema di tunnel sotterranei, come quelli di Cu Chi, fuori dalla città di Saigon. Scavati in suoli argillosi resistenti, ospitavano basi, ospedali e difese letali come trappole avvelenate.

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Tunnel di Cu Chi: come hanno fatto i Viet Cong a costruire queste gallerie contro gli USA
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Pali avvelenati, granate nascoste e tunnel labirintici: così i Viet Cong hanno tenuto testa agli Stati Uniti per vent’anni durante la Guerra in Vietnam, riuscendo alla fine ad ottenere l’indipendenza e a riunificare il Paese. Ma… come sono stati realizzati questi tunnel? Si tratta di opere estremamente ingegnose, rese possibile dalle particolari caratteristiche del suolo e realizzati a partire dagli anni '40. Il loro obiettivo era nascondere le truppe Viet Cong, cogliendo di sorpresa i soldati americani. Per capire meglio il contesto, però, è prima necessario spendere due parole sulla guerra in Vietnam e spiegare per quale motivo gli Stati Uniti si trovavano lì.

Breve riassunto della Guerra in Vietnam

La guerra del Vietnam, scoppiata nel 1955 e conclusa nel 1975, venne combattuta prevalentemente nel Vietnam del Sud, tra i guerriglieri del Paese e gli Stati Uniti d'America. La sua origine ha a che fare con la decolonizzazione: negli anni ’40 la Francia, che nella Seconda guerra mondiale aveva perso le sue colonie in Indocina, cercò di riconquistarle, ma fu sconfitta dal movimento indipendentista guidato dai comunisti – che già all’epoca in realtà realizzò parte delle gallerie sotterranee delle quali parleremo a breve.

Negli anni ’50, dopo la sconfitta francese, nacquero due Stati indipendenti: il Vietnam del Nord, nel quale fu instaurato un regime comunista, e il Vietnam del Sud, governato da una dittatura legata all’Occidente.

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Nel Sud si sviluppò un movimento guerrigliero, quello dei Viet Cong, abbreviazione di Vietnam cong San («comunisti del Vietnam»), che lottava per riunificare il Paese. Gli Stati Uniti d’altro canto, intimoriti dalla possibile espansione del comunismo, decisero di intervenire. Qui ha inizio la nostra storia.

Le caratteristiche dei tunnel in Vietnam

Per resistere agli attacchi statunitensi, i Viet Cong realizzarono lunghissimi tunnel sotterranei e, tra tutti, il sistema in assoluto più famoso e complesso fu quello di Cu Chi – ad oggi visitabile in due brevi seioni a nord di Ho Chi Minh. Al suo interno erano presenti circa 200 km di gallerie, scavate a sud-ovest di un’area strategica durante la guerra in Vietnam: il cosiddetto Triangolo di Ferro. Si tratta di un’area di appena 100 km2 tra i villaggi di Ben Suc, Ben Cat e Phu Hoa che era importantissima per i Viet Cong, perché da lì sostanzialmente arrivavano approvvigionamenti e rinforzi dal Vietnam del Nord e dalla Cambogia. E anche qui ovviamente c’erano dei tunnel, anche se un po’ meno a causa di diverse caratteristiche del suolo.

Dal punto di vista tecnico infatti i tunnel venivano scavati all’interno di un suolo alluvionale: si tratta di un suolo argilloso di colore grigio formato da sedimenti fluviali e che in questo caso è ricco in ferro. Il punto qual è? Che durante la stagione dei monsoni il suolo è più tenero e si può scavare senza troppa difficoltà, mentre d’estate gli ossidi di ferro nel suolo lo induriscono molto, facendo da legante e dando vita a un materiale resistente quasi come il calcestruzzo.

Solitamente era possibile scavare gallerie entro i primi 10-20 metri di suolo, a seconda del livello della falda acquifera, e per realizzarli 2 persone si occupavano dello scavo vero e proprio, togliendo la terra e compattando quella alle pareti, mentre dalle 2 alle 3 persone rimuovevano gli scarti. Solitamente le gallerie avevano un pattern a zig zag e si cercava di non avere mai lunghi rettilinei ma corridoi con angoli dai 60 e i 120 gradi: questo era necessario per ridurre la linea di fuoco nemica e per smorzare eventuali esplosioni. Le gallerie avevano in media un’ampiezza compresa tra 1,2 metri e 80 centimetri, con uno spessore del suolo sopra al tunnel non inferiore al metro e mezzo. Questo veniva fatto non solo per accelerare i tempi di realizzazione, ma anche per rendere molto più difficoltoso l’accesso ai soldati statunitensi.

Attenzione però: detto così potrebbe sembrare che i tunnel fossero dei semplici passaggi sotterranei.. ma in realtà sotto terra c’erano delle vere e proprie cittadelle che ospitavano non solo soldati ma anche civili.

Come erano strutturati i tunnel sotterranei dei Viet Cong

L’entrata dei tunnel era possibile attraverso delle botole che venivano camuffate usando delle tavole di legno ricoperte da spugna e cera, con sopra terreno e foglie: questo permetteva di ingannare i soldati americani che, camminandoci sopra, avevano la sensazione di camminare su normale terreno. Pensate che addirittura alcune entrate vennero realizzate all’interno dei recinti dei maiali perché i Viet Congsapevano che i soldati non avrebbero ispezionato a fondo quei posti. Il sistema sotterraneo di tunnel era molto complesso e alcuni sistemi di tunnel potevano avere fino a 4 livelli di profondità, con alcune zone segrete e raggiungibili solo tramite botole nascoste nelle gallerie stesse.

All’interno di queste basi sotterranee si potevano trovare ospedali, zone abitative, magazzini, fabbriche di armi, quartieri generali, cucine e qualunque altra cosa potesse servire a un esercito in guerra. C’erano poi vari fori che sbucavano in superficie per garantire una buona ventilazione e all’interno dei tunnel erano previste anse piene d’acqua ogni 100 metri circa.
Queste avevano 3 funzioni:

  • rendevano più complessa l’avanzata del nemico;
  • funzionavano come sifoni in caso di inondazioni;
  • smorzvano l’effetto di gas lacrimogeni o antisomossa sprigionati da granate, evitando che questi si diffondessero in tutta la base.

Quindi insomma, non erano semplici buche nel terreno. Ovviamente, per quanto fosse un sistema geniale, è facile immaginare come vivere al loro interno fosse terribile: le scorte di cibo e acqua potabile erano sempre al minimo, moltissima gente si ammalava di malaria e bisognava condividere lo spazio con formiche, ragni, scorpioni, centopiedi velenosi e qualunque altra creatura che normalmente vive nel suolo.

Ma se i tunnel sono resistiti così a lungo non è solo merito di come sono stati realizzati, ma anche dei sistemi di difesa progettati dai Viet Cong.

Trappole a difesa dei tunnel: come funzionavano e le tipologie

Per proteggere queste basi i Viet Cong misero a punto un sistema difensivo tanto semplice quanto ingegnoso: pensate che queste trappole pare abbiano causato da sole circa l’11% delle vittime tra i soldati USA in Vietnam. Vediamo le principali.

Punji Sticks

Tra le più note ci sono i punji sticks. Si trattava di pali di bambù affilati, o in alternativa di legno o metallo, che venivano posizionati sul fondo di una buca e poi mimetizzati. Quando un soldato americano calpestava la copertura della buca veniva trafitto ai piedi e alle gambe da questi bastoni. Per rendere il tutto ancora più letale, le punte venivano ricoperte di escrementi o sostanze velenose di origine sia vegetale che animale, così da aumentare enormemente il rischio di infezione e avvelenamento. Spesso poi queste buche erano realizzate a coppie, così non solo si intrappolava un soldato ma anche chi cercava di aiutarlo.

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Fruste di bambù

Un’altra trappola prevedeva di prendere un palo di bambù, di fissarne un’estremità a un’albero e di tenere l’altra tirata indietro, a mò di frusta con gli spuntoni. Quando il malcapitato passava e innescava il meccanismo, la tensione del ramo si liberava e veniva frustato, o per meglio dire, trafitto.

Granate improvvisate

C’erano poi le granate improvvisate, cioè delle granate realizzate all’interno di barattoli il cui innesco spesso avveniva grazie a un filo. Questo veniva teso tra due alberi e quando qualcuno lo calpestava rimuoveva la spoletta, facendo detonare immediatamente la granata.

Altri sistemi

Oltre a queste ci sono fosse piene di serpenti velenosi, palle piene di spuntoni che dondolano nella foresta, balestre in bambù e tante tante altre. Come avrete capito questi sistemi di difesa non solo erano letali, ma distruggevano anche il morale di chi sopravviveva, perché già la giungla è un ambiente ostile, e in più le trappole potevano ucciderti da un momento all’altro.
Ovviamente agli stati uniti questa situazione non andava bene, e quindi si posero come obiettivo quello di distruggere i tunnel.

L’attacco ai tunnel degli Stati Uniti: l'Operzione Crimp

Prese quindi il via nel 1966 l’operazione Crimp che prevedeva di bombardare con dei B-52 le aree nelle quali si trovavano i tunnel. O meglio, dove gli stati uniti ipotizzavano si potessero trovare. Ma niente da fare, come dicevamo prima questo suolo una volta secco diventa estremamente resistente, tanto da sopportare alla perfezione bombardamenti aerei. Nel frattempo i soldati statunitensi e australiani non appena trovavano entrate dei tunnel ci entravano, sperando di riuscire a sgomberarli… Inutile dire che morivano come mosche, visto che come l’interno dei tunnel era costellato di trappole.

Col tempo quindi nacque la figura del cosiddetto “tunnel rat”, letteralmente “topo di galleria”, cioè soldati di statura più piccola addestrati appositamente per sgomberare i tunnel, il cui unico equipaggiamento era costituito da una torcia e da una pistola.

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Il loro compito comunque era liberare una porzione di tunnel e poi piazzare dell’esplosivo per fare saltare in aria tutto. Esplosivo che, come avrete intuito, non funzionava granché. Provarono allora ad allagare i tunnel, ma tra le anse ogni 100 metri e il suolo che assorbiva buona parte dell’acqua, anche questo piano fallì. Ci si rese conto che continuando così non si andava da nessuna parte, e quindi serviva un nuovo approccio.

Lo studio geologico del Vietnam

Vennero quindi assunti due geologi, tali Jim Burns and Perry Narten, il cui compito era quello di studiare il suolo e fare una relazione di dettaglio. In particolare dovevano:

  • identificare un'associazione tra i tunnel e caratteristiche ambientali particolari, così da restringere l’area dove cercare i tunnel;
  • capire nel dettaglio le caratteristiche del suolo e come cambia con l’umidità, così da capire come distruggerli.

Il risultato fu una carta geologica e da questa si capì alla perfezioni quali erano le aree papabili per i tunnel, quindi quali erano le aree da colpire con più violenza. Erano quindi pronti a terminare questa storia una volta per tutte.

L'operazione Cedar Falls

A gennaio 1967 venne lanciata l’Operazione Cedar Falls. Vennero utilizzati milioni di litri di Agent Orange, che è un potentissimo erbicida, per rimuovere quasi tutta la vegetazione all’interno del triangolo di ferro, utilizzando poi buldozzer per rimuovere gli strati superficiali di suolo ed esporre i tunnel, permettendo ai tunnel rats di entrare e liberarli. Questo rese effettivamente vuoti buona parte dei tunnel all’interno del triangolo di ferro, anche considerato il fatto che nel 1969 l’area fu bombardata a tappeto con dei B-52, andando a dare il colpo di grazia.

La cosa pazzesca però è che anche in questo caso una parte dei tunnel riuscì a resistere, tant’è che oggi dei circa 200 km originari ce ne sono ancora 120 intatti, soprattutto nel distretto di Cu Chi. Per questo motivo già all’epoca ci si accorse che e la situazione era sfuggita di mano e nel 1973 il presidente Nixon, resosi conto che la guerra era troppo onerosa in termini economici e di vite umane, accettò di ritirare l’esercito e due anni più tardi il Vietnam fu riunificato.

Ad oggi quindi esistono alcune porzioni di tunnel ancora conservate che sono state tramutate in museo e che sono visitabili, permettendo a chiunque di capire in che condizioni vivevano i Viet Cong e quali intricate strutture riuscirono a realizzare.

Sono un geologo appassionato di scrittura e, in particolare, mi piace raccontare il funzionamento delle cose e tutte quelle storie assurde (ma vere) che accadono nel mondo ogni giorno. Credo che uno degli elementi chiave per creare un buon contenuto sia mescolare scienza e cultura “pop”: proprio per questo motivo amo guardare film, andare ai concerti e collezionare dischi in vinile.
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