
Un aereo cargo militare turco Lockheed C-130 Hercules è precipitato al confine tra Georgia e Azerbaigian mentre era diretto in Turchia con a bordo 20 persone: la dinamica dell'incidente, avvenuto ieri 11 novembre, non è ancora stata chiarita dalle autorità turche, che hanno avviato un'inchiesta sul disastro e questa mattina hanno confermato la morte di tutti i 20 militari a bordo del velivolo, in forza all'aeronautica turca dal 2010 e precedentemente in servizio presso l'Air Force dell'Arabia Saudita. Il disastro aereo, tuttavia, ha immediatamente innescato una serie di speculazioni su possibili atti nemici o sabotaggi, vista la posizione strategica del luogo in cui è avvenuto lo schianto, un'area di particolare interesse per diverse potenze regionali, dalla Russia fino all'Iran.
Le prime ispezioni – riportate dai media turchi – hanno escluso la presenza di munizioni a bordo, affossando l'ipotesi di un'esplosione avvenuta all'interno dell'aereo, che sarebbe stata visibile già analizzando i resti del velivolo caduto nella località georgiana di Sighnaghi, a circa 5 km dal confine con l'Azerbaigian. Nel frattempo, è stato confermato il ritrovamento della scatola nera.
Al momento, quindi, per avere un quadro più completo sarà necessario attendere l'esito delle indagini ufficiali condotte dalle autorità turche.
La ricostruzione del volo operato dal C-130 turco
Secondo i dati tracciati da Flightradar24, l'aereo militare turco – modello C-130 Hercules – è decollato dall'aeroporto internazionale di Ganja, in Azerbaigian, alle 14:19 locali (le 11:19 in Italia). Il velivolo era diretto in Turchia: dopo circa 22 minuti, alle 14:41, il C-130 ha raggiunto una quota di crociera di circa 24.000 piedi (circa 7.315 metri).
Dopo essere entrato nello spazio aereo della Georgia, alle 14:49 (30 minuti dopo il decollo), l'aereo militare che viaggiava a circa 519 km/h è scomparso dai radar, senza trasmettere alcun segnale di emergenza. Secondo le ricostruzioni, quindi, i comandanti non hanno segnalato particolari situazioni di pericolo a bordo né ha inviato messaggi di soccorso prima di precipitare.
I dati per ora disponibili suggeriscono una rapida discesa durante gli ultimi secondi di volo, con una velocità verticale superiore a 19.000 piedi al minuto.
Perché sono spuntate delle ipotesi di sabotaggio dietro all'incidente
Subito dopo l'incidente, i media turchi e internazionali hanno iniziato a parlare di possibili sabotaggi e attacchi nemici contro l'aereo militare turco. Effettivamente, l'area dove è precipitato il C-130 Hercules, al confine tra Georgia e Azerbaigian, è uno spazio sul quale diverse potenze regionali – tra cui la Russia e l'Iran oltre a Georgia e Azerbaigian – mantengono un forte interesse geopolitico.

A rinforzare l'ipotesi di sabotaggio c'è il fatto che il modello di aereo militare C-130 Hercules è particolarmente conosciuto per la sua resistenza a condizioni particolarmente avverse – anche meteorologiche – e ha raramente subito guasti fatali, a eccezione di pochi incidenti mortali provocati principalmente da errori umani.
Ma le cospirazioni per un possibile “attacco esterno” si sono diffuse ulteriormente dopo che l'accademica turca Deniz Ulke Kaynak, in un post su X ha sottolineato che:
Gli aerei non si disintegrano in volo senza un intervento interno o esterno. O qualcosa è esploso al loro interno (magari un carico di munizioni trasportato), oppure sono stati colpiti. Se c'è un attacco o un sabotaggio, che il sangue dei nostri figli non resti impunito.
In un secondo post, Kaynak ha poi parzialmente ritrattato sulla questione sabotaggio, specificando che:
Non è corretto speculare subito su Russia, Israele, Ucraina o Iran, solo perché c'è la possibilità di un sabotaggio. L'aereo potrebbe anche essere stato distrutto da un'esplosione di materiale interno. Inoltre, non dimentichiamo che potrebbe essersi verificato fuoco amico, e quella regione è un'arena per i droni. Potrebbe anche essere possibile una collisione.
In realtà diversi media turchi, che citano fonti interne al Ministero, hanno confermato che l'aereo militare trasportava esclusivamente dei pezzi di ricambio per un caccia F-16 turco, impegnato nella parata militare di Baku dell'8 novembre dalla quale stavano tornando i militari: a bordo, quindi, non erano presenti munizioni né esplosivi.
Le ispezioni iniziali, inoltre, non avrebbero rivelato segni di impatto esterno o eventuali esplosioni sulla fusoliera dell'aereo: come molti esperti hanno evidenziato, se il C-130 fosse stato colpito da un ordigno esplosivo, questo avrebbe lasciato tracce evidenti sul corpo dell'aereo.
Subito dopo l'accaduto, il presidente turco Erdogan ha espresso le proprie condoglianze per i “martiri” (in turco şehidin) che hanno perso la vita durante l'incidente: questa traduzione ha da subito alimentato le voci di sabotaggio e attacco esterno. In realtà, il termine şehidin viene sempre utilizzato dal governo turco per indicare i militari morti in servizio, proprio come nel caso dell'incidente aereo dell'11 novembre.
Al momento, quindi, l'ipotesi che il disastro aereo sia stato causato da un'esplosione interna o da un attacco nemico resta una mera cospirazione: sulla dinamica dell'incidente potremo saperne di più solo dopo che la chiusura delle indagini ufficiali.