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Mercoledì 2 ottobre 2024, uno studente di medicina di 27 anni, di ritorno in treno in Germania da un viaggio in Ruanda, è stato isolato con la sua ragazza dopo aver mostrato sintomi compatibili con il virus Marburg. Il ragazzo ha allertato le autorità già mentre era in treno, dopo aver mostrato i primi sintomi. Anche 275 passeggeri del treno sono stati messi sotto controllo in via del tutto precauzionale. Lo studente aveva prestato servizio in un ospedale di Kigali, dove è in corso un focolaio del virus Marburg, nello specifico sono stati identificati 26 casi, di cui il 70% sono operatori sanitari. Il virus provoca febbre molto alta, sintomi gastrointestinali e successivamente presenta una fase emorragica. Nonostante questo virus provochi una malattia emorragica estremamente letale (il tasso di letalità è del 50%), è importante sottolineare che si trasmette tramite fluidi corporei, ma mai per via aerea. Non esistono cure specifiche o vaccini, ma l'isolamento e la diagnosi precoce aumentano le possibilità di sopravvivenza. L'OMS valuta il rischio di un'epidemia come molto alto in Ruanda, ma basso a livello globale.
Cos'è il virus Marburg
Il virus Marburg (Marburg marburgvirus -MARV-) fa parte della famiglia dei Filoviridae, la stessa famiglia del più conosciuto virus Ebola. Benché questi due virus siano diverse tra loro, le malattie causate sono clinicamente molto simili. Il virus Marburg è, infatti, il responsabile della "febbre emorragica di Marburg" (chiamata anche "malattia da virus di Marburg").
Questo virus deve il suo nome alla città tedesca di Marburg, dove si manifestò per la prima volta nel 1967, quando causò tre focolai a Marburg, appunto, e poi a Francoforte e a Belgrado. È stato poi accertato che i primi esseri umani ad essere stati infettati a Marburg, furono dei ricercatori che lavoravano a stretto contatto con le scimmie verdi ugandesi, o Cercopiteco grigioverde (Cercopithecus aethiops), precedentemente infettate a loro volta da pipistrelli.

Come si trasmette il virus Marburg
Si ritiene che l'origine del virus sia probabilmente una zoonosi (cioè una trasmissione animale-uomo) e che sia derivata dall'esposizione ai pipistrelli del genere Rousettus (probabilmente in particolare i Rousettus aegyptiacus, il pipistrello africano della frutta), sia da parte dei primati (che poi lo hanno trasmetto all'uomo), sia dall'uomo stesso in maniera diretta, a causa della sua permanenza prolungata in miniere e grotte abitate da questi pipistrelli.
Una volta infettata la prima persona, il virus può poi trasmettersi da essere umano ad essere umano, tramite contatto diretto con sangue, secrezioni, fluidi e mucose della persona infetta, oppure venendo a contatto anche con oggetti, vestiti o biancheria contaminati. Il virus, infatti, può restare sulle superfici e nei fluidi per tanti giorni, se non trattato con disinfettanti, ebollizione, esposizione a temperature a partire dai 60° o raggi gamma.
Altre possibili vie di contagio sono il consumo di carni selvatiche infette e il contatto con animali infetti vivi o mori.
Durante il periodo di incubazione il rischio di contagio è minimo, ma durante le fasi avanzate della malattia, quando si manifestano sintomi come vomito, diarrea o emorragie, il rischio di trasmissione è altissimo.

Quali sono i sintomi
L'incubazione del virus di Marburg varia dai 2 ai 21 giorni, anche se nella maggior parte dei casi si manifesta verso l'ottavo/nono giorno. L'esordio avviene con febbre molto alta che arriva anche a 40 °C, cefalea, mal di gola e malessere generale. Dal terzo giorno iniziano i sintomi gastrointestinali: vomito, diarrea acquosa, crampi addominali. Questa fase può durare anche una settimana e portare il paziente a letargia.
La fase emorragica inizia tra il quinto e il settimo giorno, In questa fase possono svilupparsi petecchie, sanguinamenti dalle gengive, presenza di sangue nelle feci, vomito con sangue, perdita di peso. In questa possono manifestarsi anche sintomi neurologici, quali ad esempio: convulsioni, coma, confusione, agitazione e disorientamento. Se non si interviene a tamponare i sintomi immediatamente, la morte avviane in circa 9 giorni.
Se il paziente sopravvive, il virus resta latente nel corpo fino a 4 settimane ed è ancora trasmissibile. Il tasso di letalità di questa malattia è circa del 50%, ma può arrivare fino all'88%; Si muore solitamente a causa delle emorragie interne e dell'insufficienza multiorgano. Una identificazione precoce aumenta le chance di sopravvivenza.
Diagnosi, cura e prevenzione
Essendo la febbre di Marburg simile, per molti sintomi, all'Ebola, e per alcuni altri al tifo o alla malaria, si procede con una diagnosi differenziale, cercando di capire se il paziente ha viaggiato e dove, e quali rischi è stato esposto. Si individuano poi gli antigeni con Test ELISA e PCR, e si valutano emocromo, funzionalità epatica e analisi delle urine.
Non esistono vaccini o cure particolari per la febbre emorragica di Marburg, ma il paziente va tenuto isolato, strettamente sotto controllo, continuamente reidratato per via endovenosa ed orale e va controllato e mantenuto il bilancio elettrolitico.
Esistono delle precauzioni da prendere per evitare il contagio diretto, ma soprattutto per evitare l'espandersi dei focolai. È raccomandato il lavaggio frequente delle mani, evitare di toccare oggetti potenzialmente contaminati, evitare il contatto con malati e anche persone già defunte a causa della malattia, non mangiare carne di animali selvatici, utilizzare dispositivi di protezione individuale se si viene a contatto con un presunto infetto, evitare l'esposizione a pipistrelli africani e scimmie.
Se vengono identificati dei focolai, questi devono essere dichiarati e contenuti; I passeggeri in volo o con altri mezzi, provenienti da quella zona, devono essere controllati.