
Una nuova ricerca sulla superficie del pianeta Venere, basata sui dati raccolti più di 30 anni fa dalla sonda Magellano della NASA, dimostra che sono tuttora attivi importanti processi vulcanici, un'ipotesi finora ritenuta probabile dagli scienziati ma mai confermata direttamente.
Al contrario della Terra, la superficie di Venere non sembra essere costantemente rimodellata da un sistema di tettonica a placche che si estende su tutto il pianeta: la geologia del pianeta sembra invece dominata da vasti bacini vulcanici riempiti nel corso del tempo da materiale lavico. Questa conformazione geologica aveva fatto supporre che le eruzioni vulcaniche su Venere fossero molto comuni, ma ancora non erano state trovate evidenze di fenomeni di questo tipo che fossero ancora in atto al giorno d'oggi.

Le immagini della sonda Magellano
Quella della sonda Magellano è stata una missione spaziale lanciata dalla NASA nel 1989 con l'obiettivo di realizzare una mappa della superficie di Venere utilizzando i suoi radar ad alta precisione. Durante la sua missione, durata 4 anni, la sonda è stata la prima a comporre una mappa completa della superficie del pianeta, riuscendo a penetrare lo spesso strato di nubi che oscuravano la superficie e ottenere così informazioni utili a comprendere la storia geologica di questo pianeta così simile eppure così diverso dalla Terra. La missione ha rivelato un panorama dominato da ampi bacini di lava solidificata dai quali emergono altopiani costellati da centinaia di vulcani: mancavano però le evidenze di attività eruttiva recente.
In attesa della nuova missione della NASA chiamata VERITAS (Venus Emissivity, Radio science, Interferometry with synthetic aperture radar, Topography, And Spectroscopy), diversi gruppi di ricerca hanno ripreso in mano i vecchi dati della missione Magellano: dopo centinaia di ore di lavoro, il geologo Robert Herrick dell'Università dell'Alaska – Fairbanks si è reso conto che osservando due immagini radar dello stesso luogo, prese a distanza di otto mesi, si potevano notare alcuni cambiamenti geologici in corrispondenza di un camino roccioso associato ad una cima nota con il nome di Monte Maat, che era considerato un possibile vulcano nella zona equatoriale.

Il modello 3D del vulcano
L'interpretazione di ciò che era avvenuto nel frattempo non era semplice, perché la qualità delle immagini era limitata dagli strumenti di 30 anni fa ed erano state riprese da prospettive diverse ma Herrick, grazie alla collaborazione di Scott Hensley del Jet Propulsion Laboratory affiliato al Caltech, è riuscito a creare diversi modelli tridimensionali del camino roccioso in base a diversi eventi possibili (eruzioni, frane, terremoti, eccetera), e hanno trovato che solo una eruzione vulcanica di lava fluida (del tipo che sulla Terra si osserva ad esempio nei vulcani delle Hawai'i) poteva spiegare i cambiamenti avvenuti tra le due immagini.

Questa scoperta conferma quello che gli scienziati ritenevano da tempo, ossia che su Venere fossero tuttora attivi fenomeni vulcanici anche molto intensi, ma è la prima volta che possiamo osservarne lo svolgimento, per così dire, "in diretta".
Ricerche future
“Venere è un mondo enigmatico, e la missione Magellano ci ha stuzzicato con così tante possibilità," ha affermato Jennifer Whitten, vice direttrice scientifica della missione VERITAS all'Università di Tulane a New Orleans. "Ora abbiamo la certezza che il pianeta ha vissuto una eruzione vulcanica solo 30 anni fa, e questo è solo un piccolo assaggio delle incredibili scoperte che farà VERITAS."
Lo studio e la comprensione della geologia di Venere sarà di fondamentale importanza per capire meglio anche la storia geologica della Terra, e comprendere come due pianeti con caratteristiche fisiche così simili possano aver preso strade così differenti fino a diventare i pianeti completamente diversi che vediamo oggi: un paradiso rigoglioso di vita sulla Terra, e un inferno soffocante di lava su Venere.