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29 Marzo 2024
11:21

Trovata in Antartide una catena di vulcani sottomarini lunga 50 km: la scoperta (anche) italiana

Al largo della Terra Vittoria, in Antartide, la nave da ricerca italiana “Laura Bassi” ha scoperto una catena di vulcani sottomarini lunga ben 50 km. La scoperta è utile per comprendere l'evoluzione della calotta glaciale antartica.

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Trovata in Antartide una catena di vulcani sottomarini lunga 50 km: la scoperta (anche) italiana
vulcani sottomarini antartide
Credits: PNRA.

Scoperta una catena di vulcani sottomarini lunga circa 50 km e larga 15 km, che raggiunge altezze di 1500 m rispetto al fondale rimanendo comunque sommersa. Si trova nei mari della Terra Vittoria Settentrionale, una regione dell’Antartide meridionale, al largo della costa di Pennell al confine tra l'Oceano Meridionale e il Mare di Ross. La scoperta è avvenuta tramite la nave rompighiaccio italiana “Laura Bassi” dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) nell’ambito del progetto internazionale BOOST, finanziato dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) e coordinato dall’Università di Genova. Il ritrovamento è importante nell'ottica di comprendere meglio i processi geologici che hanno portato alla formazione della calotta glaciale antartica.

Le caratteristiche della catena vulcanica sottomarina

La catena vulcanica sottomarina è stata individuata grazie a indagini geologiche e geofisiche condotte a bordo della rompighiaccio “Laura Bassi”, l’unica nave italiana in grado di operare nei mari polari, che riesce ad accedere a zone coperte da ghiaccio marino un tempo inaccessibili. In particolare, sono stati effettuati rilievi ad alta risoluzione della morfologia e della profondità dei fondali, indagini di tipo sismico e il prelievo di carote di sedimenti marini.

I vulcani si trovano a circa 70° di latitudine sud e circa 60 km al largo della Costa di Pennell, che fa parte della Terra Vittoria, una regione dell’Antartide orientale situata tra il Mare di Ross e l’Oceano Pacifico Meridionale. La catena, lunga circa 50 km e larga fino a 15 km, è costituita da un complesso vulcanico principale, che si estende su una superficie di oltre 500 km2, e da uno più piccolo situato nella parte meridionale dell’area esaminata. Gli edifici vulcanici, di cui in alcuni casi si distinguono i crateri sommitali, si trovano sia isolati sia allineati a formare rilievi allungati. Essi si innalzano fino a oltre 1500 m dal fondale e la sommità del vulcano più alto si trova a circa 600 m sotto il livello del mare. In base ai dati ottenuti finora si tratterebbe di vulcani relativamente giovani, ma la loro età, così come la loro origine, deve ancora essere determinata con precisione.

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Il team di ricerca a bordo della rompighiaccio. Credits: PNRA.

Perché è una scoperta importante

«La scoperta di una catena vulcanica giovane e caratterizzata da risalita di lava e fluidi ha implicazioni sia dal punto di vista geologico e geodinamico sia dal punto di vista fisico-chimico, nonché della composizione delle acque e delle interazioni con la biosfera», afferma Dario Civile, ricercatore e responsabile dell’Unità di Ricerca dell’OGS. In particolare, «l’area studiata dal progetto rappresenta una zona chiave per comprendere l’interazione tra i processi geologici legati ai movimenti delle placche litosferiche e l’evoluzione delle calotte glaciali antartiche», sottolinea Laura Crispini, docente dell’Università di Genova e responsabile scientifica del progetto. L’Antartide, infatti, 180 milioni di anni fa faceva parte del supercontinente Gondwana, in seguito alla cui frammentazione migrò verso il Polo Sud. La separazione dell’Antartide dall’Australia consentì l’instaurarsi della corrente circum-antartica, che rese possibile la formazione della calotta glaciale antartica circa 34 milioni di anni fa.

La ricerca in Antartide

Gli indizi della presenza della catena sottomarina risalgono alla spedizione italiana in Antartide del 2023, ma la conferma è arrivata durante la campagna di ricerca del 2024. Queste spedizioni si svolgono nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), che dal 1985 ha il compito di promuovere e supportare la ricerca italiana in Antartide. Il coordinamento scientifico del PNRA è gestito dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e le campagne di ricerca sono finanziate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

La scoperta, in particolare, è stata fatta nell’ambito del progetto BOOST (Bridging Onshore-Offshore STructures at the Pacific Coast of North Victoria Land, Antarctica: an integrated approach) coordinato dall’Università di Genova e che coinvolge l’OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale) di Trieste, l’Institute for Geosciences and Natural Resources (BGR) di Hannover, l’Università degli Studi Roma Tre e l’Università degli Studi di Trieste.

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La rompighiaccio “Laura Bassi”. Credits: PNRA.
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