“Italia nella morsa dell'anticiclone africano… il caldo torrido e l’afa non risparmiano nessuna regione… e la prossima settimana sarà anche peggio!”. Quante volte in TV abbiamo sentito annunci di questo tipo? Ma “caldo torrido” e “caldo afoso” sono sostanzialmente l'uno il contrario dell'altro: il primo è secco, mentre il secondo è umido.
Cosa si intende per caldo torrido e caldo afoso: la differenza
Il caldo torrido, per definizione, è il caldo secco, in presenza di un’atmosfera con uno scarso contenuto di vapore acqueo: il clima tipico dei deserti, quindi anche del deserto del Sahara, con temperature di 35-40 °C e oltre, accompagnate da tassi di umidità relativa inferiori al 25-30%. Per fare qualche esempio di città con questo clima: Dubai, New Delhi, Madrid. È un caldo descritto tipicamente come “bruciante”.
Il caldo afoso, al contrario, è il caldo umido, con temperature dell’aria non per forza elevatissime, sui 30-35 °C, ma accompagnate da grandi quantità di vapore acqueo al suo interno, dunque da tassi di umidità uguali o superiori al 50-70%. Ne sono un esempio metropoli come Pechino, Giacarta e Shangai. Viene solitamente descritto come “soffocante” oppure “opprimente”.
Perché il caldo afoso è più difficile da sopportare
Ebbene, dal caldo torrido ci si può difendere attraverso la sudorazione: il sudore evapora dalla nostra pelle sottraendole calore e rinfrescandola, a patto che le molecole di acqua del sudore passino nell’aria velocemente, e ciò succede quando l’aria è povera di molecole di vapore acqueo in sospensione. Avrete certamente sperimentato quella sensazione di fresco che si prova quando si esce dal mare o dalla doccia, a volte quasi di freddo…una sensazione tipica quando l’aria è molto secca.
Il caldo afoso, invece, può potenzialmente uccidere. Quando l’umidità dell’aria è elevata, il sudore non riesce a lasciare la nostra epidermide, non c’è evaporazione e dunque non c’è frescura. In altre parole, l’umidità impedisce al sudore di evaporare. A partire dal 90 % di umidità relativa l’aria è talmente carica di vapore acqueo che l’evaporazione diventa quasi impossibile. Inoltre, il sudore tende a restare “incollato” alla nostra pelle, accrescendo ulteriormente la sensazione di caldo e di oppressione.
A quel punto il corpo non si raffredda, anzi la temperatura sale, affaticando polmoni e cuore. Se da un lato si può sopravvivere a temperature di 50 °C in aria secca (molto povera di vapore acqueo), il caldo può diventare un problema già partire dai 35 °C se è presente aria satura di vapore acqueo (100 % di umidità relativa). In assenza di raffreddamento, la temperatura corporea può raggiungere i 42-43 °C ed entrare in ipertermia. Nei soggetti particolarmente sensibili può sopravvenire il collasso o, nei casi più estremi, persino la morte per arresto cardiaco.
Quando fa molto caldo, il fenomeno si accentua perché l'aria calda – per definizione – è in grado di contenere più umidità di quella fredda. A 30 °C l'aria può contenere fino a 30 g di acqua per metro cubo sotto forma di vapore, 10 volte di più che a –5 °C. Di conseguenza, a parità di umidità relativa, a 30 °C si sentono maggiormente gli effetti del riscaldamento atmosferico sul corpo umano rispetto a quando l'aria è fredda (senza contare che si suda meno con il fresco).
E come se non bastasse, in presenza di caldo afoso l’aria umida non solo impedisce al corpo di raffreddarsi, ma è anche più difficile da respirare, il che aumenta la sensazione di oppressione e affaticamento. Questo perché il vapore acqueo sottrae una piccola quantità di ossigeno all’aria: il nostro corpo deve quindi fare uno sforzo supplementare per assumere la stessa quantità di ossigeno.