
I sindacati CGIL e USB hanno indetto un nuovo sciopero generale nazionale per oggi, venerdì 3 ottobre, “in difesa della Global Sumud Flotilla, dei valori costituzionali e di Gaza”, a meno di due settimane dalla mobilitazione nazionale che lo scorso 22 settembre aveva coinvolto tutta l'Italia.
Poco dopo l'annuncio, il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha valutato la possibilità di precettare lo sciopero, mentre la Commissione di Garanzia sugli scioperi ha dichiarato la mobilitazione “illegittima” perché non comunicata con un preavviso minimo di 10 giorni, come previsto dalla Legge 146/1990. I sindacati hanno già annunciato l'intenzione di impugnare il provvedimento: nel frattempo, sono state organizzate manifestazioni e cortei in decine di città italiane, da Palermo a Bologna, fino a Genova, Venezia e Potenza. Secondo quanto riportato dalla CGIL, ai cortei di Milano starebbero partecipando circa 100.000 persone. Alle stazioni di Napoli, Milano, Torino e Roma sono stati cancellati centinaia di treni, mentre i porti di Trieste e Livorno sono stati bloccati dai lavoratori portuali per protestare contro il blocco della Flotilla e contro ciò che sta avvenendo nella Striscia di Gaza.
Ma, quindi, cosa si intende per precettazione e in quali rischi può incorrere chi decide comunque di scioperare?
Il significato di precettazione e i requisiti per organizzare uno sciopero
La precettazione è un provvedimento amministrativo con cui l'autorità competente impone la limitazione di uno sciopero. Nello specifico, si tratta di un provvedimento amministrativo, con forma di ordinanza, “la cui adozione presuppone l’esistenza di un fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati”.
In altre parole, la precettazione è uno strumento con il quale lo Stato può limitare o rinviare uno sciopero se questo rischia di bloccare i servizi pubblici essenziali, come ad esempio i trasporti, sanità, scuola o sicurezza. L'obiettivo, in questo caso, non è quello di evitare ai manifestanti di protestare, ma serve a bilanciare il diritto di sciopero dei lavoratori con i diritti dei cittadini che potrebbero subire gravi disagi a causa dello sciopero.
Il provvedimento della precettazione è stato introdotto dalla Legge 146/1990, che impone agli scioperi di rispettare alcune regole ben precise per poter essere considerati legittimi: un preavviso obbligatorio di almeno 10 giorni prima dell'inizio dello sciopero, la comunicazione per iscritto della durata e delle motivazioni dell’astensione collettiva e la presenza di fasce orarie di garanzia, durante le quali deve essere garantita l'erogazione dei servizi normalmente offerti.
Cosa può succedere a chi non rispetta la precettazione
Il diritto allo sciopero, comunque, è riconosciuto dall’articolo 40 della Costituzione Italiana, che stabilisce che «il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano», tra cui rientra appunto la Legge 146/1990.
Nel caso in cui i criteri di cui abbiamo parlato sopra non vengano rispettati, è possibile precettare (e quindi “comandare al lavoro”) i lavoratori che avrebbero dovuto partecipare all'astensione collettiva. Se neppure il provvedimento di precettazione dovesse essere rispettato, sono previste sanzioni amministrative pecuniarie (da un minimo di 500 euro fino a un massimo di 1000 euro per “giorno di mancata ottemperanza”) a carico dei soggetti che non hanno rispettato il provvedimento.
In ogni caso, coloro che promuovono lo sciopero (come i sindacati) possono decidere di impugnare il provvedimento di precettazione davanti al Tribunale amministrativo regionale competente entro il termine di 7 giorni dalla sua comunicazione.
Nel caso specifico di oggi, infatti, CGIL e USB hanno comunicato l'intenzione di impugnare il provvedimento sulla base dell'articolo 2, comma 7, della Legge 146/1990, che stabilisce che:
Le disposizioni del presente articolo in tema di preavviso minimo e di indicazione della durata non si applicano nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell'ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumità e della sicurezza dei lavoratori.
Secondo i due sindacati, queste due condizioni sarebbero rispettate perché “non difendendo i connazionali arrestati in acque libere non si stanno rispettando le norme costituzionali”. A questo punto, sarà compito della magistratura valutare l'effettiva legittimità dello sciopero.