
I profumi che ci circondano durante il Natale e le feste derivano dagli oli essenziali delle varie spezie utilizzate nelle preparazioni dolci e salate o negli addobbi (pensate all’abete dell’albero di Natale). Le responsabili sono piccole molecole volatili (Volatile Organics Compounds, VOCs) emesse da spezie, addobbi e alimenti tipici del periodo, che facilmente si volatilizzano e raggiungono il nostro naso. È difficile associare un profumo specifico a una singola molecola, perché sono il risultato di un’interazione tra molte molecole diverse (anche centinaia!) che, combinate in maniera specifica, rappresentano una sorta di impronta digitale olfattiva. Da un punto di vista chimico, appartengono a una grande varietà di classi di molecole: aldeidi e terpeni, ma anche fenoli e acidi organici. Alcune si ripetono anche in piante dai profumi completamente diversi, a conferma del fatto che ogni combinazione è unica nel suo genere.
Il profumo degli addobbi
Dagli alberi di Natale (solitamente un abete della specie Abies alba) e dai rametti di pino degli addobbi floreali arrivano note fresche e pungenti tipiche delle conifere. I maggiori responsabili sono due monoterpeni, α e β-pinene, presenti in percentuali che vanno dal 25% al 49%, sia negli aghi che nella resina dei pini e degli abeti. Ma troviamo anche una molecola forse più conosciuta, il limonene (17-33%), contenuto anche nelle arance e nei limoni. L’olio essenziale degli aghi è inoltre ricco di bornil acetato e canfene, che donano quella nota fresca all’odore dell’abete.
Cannella, la regina dei dolci
Può non piacere, ma la cannella (Cinnamomum verum) è presente in moltissime preparazioni natalizie e anche in piccole quantità riesce a dare una nota calda, dolce e avvolgente a qualsiasi pietanza. La droga (termine che in botanica e farmacognosia indica la parte della pianta utilizzata) è rappresentata dalla corteccia interna, che una volta essiccata si arrotola naturalmente su sé stessa formando i bastoncini che conosciamo. La molecola che più di tutte la caratterizza è la trans-cinnamaldeide (un’aldeide), presente in concentrazioni che vanno dal 70 all’80%! Sono inoltre presenti eugenolo, cumarine e acetato di cinnamile che contribuiscono al complesso profumo di questa spezia.
Arancia onnipresente nelle ricette natalizie
Dell’arancia non si butta nulla: canditi dal frutto intero, spremute con il succo, marmellate dalla polpa e dalla scorza liquori, infusi (alcolici come il vin brulè, ma anche tisane) e profumatori d’ambiente, sia con il frutto fresco che essiccato. Semplicemente premendo la scorza del Citrus aurantium, si sprigiona un olio essenziale ricco di terpeni, primo fra tutti il limonene (85-90%), ma anche linalolo, acetato di linalile e citrale, che contribuiscono a rendere unico il suo profumo e a differenziarlo da altri agrumi come il limone o il mandarino.
Chiodi di garofano e noce moscata: molecole simili, sapori diversi
Queste due spezie molto usate sia nelle preparazioni dolci che salate hanno profumi totalmente diversi e derivano da piante che non sono neanche lontanamente imparentate: i chiodi di garofano (Syzygium aromaticum) appartengono alla famiglia delle Myrtaceae, mentre la noce moscata (Myristica fragrans) a quella delle Miristicaceae. Eppure le molecole responsabili del loro aroma sono incredibilmente simili, al punto che si differenziano solo per la posizione di un doppio legame tra due carboni, come visibile nell’immagine: eugenolo per i chiodi di garofano, isoeugenolo per la noce moscata! Nell’olio essenziale della noce moscata troviamo anche un vecchio amico, il limonene.

Il profumo lussurioso dell’anice stellato
Dal profumo fresco e delicato e dall’inconfondibile forma a stella, anche l’anice stellato (Illicium verum) è un componente del vin brulè, oltre che delle caramelle all’anice e di molti preparati per pot-pourri. Il principale componente dell’olio essenziale e quindi dell’odore dell’anice stellato, è un etere, il trans-anetolo, ma anche qui ritroviamo alcuni vecchi amici: limonene, α-pinene e linalolo. La molecola che più si associa invece al suo sapore è l’acido shikimico (sì, in chimica diamo nomi buffi alle cose). Nota curiosa: il genere Illicium a cui l’anice stellato appartiene insieme all’anice verde, deriva dal latino e significa “seduzione”.

L'aroma di cioccolato
Dal cibo degli déi, (un nome, un destino) questo il significato di Theobroma cacao, si ottiene una delle bevande immancabili per queste serate fredde: la cioccolata calda. Le note avvolgenti che raggiungono il nostro naso derivano dal processo di fermentazione e successivo essiccamento a cui vanno incontro i semi di cacao freschi. Le molecole che si formano sono pirazine, derivati del metilbutanale, che danno quel pizzico di salato, 4-idrossi-2,5-dimetil-3(2H)-furanone, per il sentore di caramello, il dimetil trisolfuro, che richiama il cavolo cotto (!!), e la fenilacetaldeide, dalle note mielose. La delicata armonia tra queste molecole ha stimolato la ricerca fin dai primi del Novecento, quando Binbridge e Davies identificarono i primi composti nel 1912: a oggi sono stati identificati oltre 500 composti che formano l’aroma di cioccolato!

La vaniglia nei secoli
La regina dell’aroma di vaniglia (Vanilla planifolia) è senza dubbio la vanillina, una piccola aldeide (sempre loro) che rende questa spezia inconfondibile: secondo Cortez la vaniglia veniva già utilizzata dagli Aztechi per aromatizzare la cioccolata. Venne isolata per la prima volta nel 1858 da Gobley e ben presto la domanda di vaniglia del mercato fu talmente elevata che si iniziò a produrla sinteticamente a partire dall’eugenolo. Oggi però, la quasi totalità di vanillina viene prodotta a partire dalla lignina presente negli scarti della polpa di legno nella produzione della carta. Questa vanillina sintetica è esattamente identica a quella estratta dal baccello di vaniglia, ma il sapore di vaniglia può essere differente perché, come per le altre spezie, dipende anche dalla presenza di altre molecole che tutte insieme intonano la melodia gustativa della vaniglia.
L’odore del caminetto che scoppietta
Quando accendiamo il camino, la combustione del legno degrada molte strutture molecolari della pianta, formando composti che ci fanno pensare all’inverno e al Natale. I più comuni sono fenoli, acetofenone, derivati della benzaldeide (aldeidi anche qui!), ma sembra che uno fra tutti sia legato all’odore di caminetto: il siringolo (o 2,6-dimetossifenolo) un prodotto della pirolisi della lignina, il polimero che garantisce resistenza e solidità alle piante. È anche l’aroma principale dei cibi affumicati. Per quanto possa essere piacevole un bel caminetto acceso, ricordate però che è anche fonte di particolato, particelle microscopiche che possono essere inalate o andare nei nostri occhi causando problemi respiratori e occhi rossi.