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19 Settembre 2025
18:30

Chi è l’italiano medio? Cos’è l’uomo medio in statistica e come diventa un pregiudizio

Basandoci sui dati più recenti, l’italiano medio ha circa 46 anni, una speranza di vita alla nascita di 81,4 anni, un diploma di scuola superiore, un lavoro stabile ma non necessariamente ben retribuito, naviga spesso online ma ha competenze digitali di base.

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Chi è l’italiano medio? Cos’è l’uomo medio in statistica e come diventa un pregiudizio
italiano medio
Immagine generata con AI.

Chi è davvero l’italiano medio? Quello che beve il caffè la mattina, guarda la partita la sera e si lamenta delle tasse, oppure un semplice numero nei database dell’ISTAT che riassume i dati della popolazione in Italia? Se l’immaginario comune mescola realtà e caricatura, la statistica scatta una foto più realistica: basandoci sui dati più recenti, l’italiano medio ha circa 46 anni e una speranza di vita alla nascita di 81,4 anni. Ha un diploma di scuola superiore, un lavoro stabile, ma non necessariamente ben retribuito, e naviga spesso online, anche se ha competenze digitali di base.

L’origine dell’idea dell’uomo medio

Storicamente, l’idea di uomo medio non è mai stata neutra. Già nell’Illuminismo, scienziati e studiosi cercavano di misurare e standardizzare l’umanità. Il modello, però, era quasi sempre: maschio, bianco, benestante e occidentale. Un profilo tutt’altro che universale.

L’origine del concetto moderno di uomo medio si deve all'astronomo e statistico Adolphe Queletet, che nel 1835 nella sua opera “Sur l’homme et le développement de ses facultés” descrisse l’homme moyen come una sorta di “uomo ideale” definito dalla media delle caratteristiche osservabili in una popolazione. Questo concetto influenzò profondamente criminologia ed eugenetica e continua a influenzarci oggi.

Ad esempio, a Quetelet dobbiamo anche l’ideazione del BMI (Indice di Massa Corporea), ancora oggi usato per valutare la forma fisica delle persone in base a un numero che rappresenta la “media ideale” del rapporto tra peso e altezza al quadrato di un individuo. Ma è un indice che non tiene conto delle differenze individuali (come età, massa muscolare e metabolismo) ed è per questo spesso criticato.

Perché la media può diventare una trappola?

In statistica, l’uomo medio non esiste come persona reale, ma solo come ritratto matematico. L’ISTAT, per esempio, ci dice che in Italia il numero medio di figli è 1,2: un dato utile per capire i trend, ma ovviamente nessuna donna può partorire 1,2 figli.

La media è quindi uno strumento prezioso per conoscere una popolazione: dalla statura media al reddito, dai voti scolastici ai consumi. Pensiamo infatti anche al “ceto medio”, che comprende l’insieme dei lavoratori con reddito e consumi medi.

Ma c’è un rischio: confondere media con normalità. Ed è qui che la statistica diventa un’arma a doppio taglio. I dati medi sulla popolazione delineano un’identità statistica utile per analizzare trend e pianificare politiche, ma incompleta. E usare il profilo medio per giudicare chi ne è lontano è un errore: chi si allontana dalla media rischia di essere considerato anomalo, fuori posto o meno valido, mentre la normalità è una costruzione sociale e culturale. Infatti, la media non ci dice nulla sulle differenze individuali.

Pensiamo all’Italia: il fatto che sia un Paese in cui in media si fanno pochi figli non deve farci dimenticare che ci vivono anche famiglie numerose per le quali quello che si adatta ad una famiglia monofiglio può risultare stretto o insufficiente.

Ma quindi, l’italiano medio esiste? Sì, ma solo nei numeri e negli stereotipi. Nella vita reale, nessuno è davvero medio. Ed è proprio questa diversità a rendere la società più ricca. Per questo, parlare di italiano medio rischia di creare stereotipi discriminatori. In fondo, la media è un numero. E nessuno di noi è un numero.

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