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7 Ottobre 2024
15:00

Un anno dal 7 ottobre: panoramica della situazione geopolitica in Israele, Palestina e Medio Oriente

Il 7 ottobre 2023 le forze di Hamas e di altri gruppi della militanza armata palestinese hanno attaccato Israele, fatto che ha portato allo scoppio di una guerra che oggi si è estesa in tutto il Medio Oriente coinvolgendo Iran, Iraq, Libano, Siria e Yemen e che rischia di degenerare ulteriormente. Numerose le commemorazioni nel mondo, a partire da Re'im in Israele dove si è svolto un minuto di silenzio.

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Un anno dal 7 ottobre: panoramica della situazione geopolitica in Israele, Palestina e Medio Oriente
un anno dagli attacchi di hamas ad israele del 7 ottobre 2023

È trascorso un anno dagli attacchi di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023 che hanno riacceso la guerra in Palestina. Tra le tante cause del conflitto possiamo citare il fallimento delle trattative di pace tra israeliani e palestinesi, il rafforzamento del controllo del movimento islamico Hamas sulla Striscia di Gaza con il conseguente screditamento della leadership del presidente palestinese Abu Mazen, il prosieguo del processo di “colonizzazione” dei Territori Palestinesi della Cisgiordania da parte di Israele e l'escalation della “guerra per procura” tra Israele e Iran per il raggiungimento della supremazia nel Medio Oriente. A un anno dall'inizio della guerra, il conflitto si è espanso in altre aree della regione, coinvolgendo diversi attori geopolitici tra cui gli Houthi in Yemen, Libano e Iran. Ripercorriamo le vicende principali dell'ultimo anno e facciamo il punto sulla situazione attuale.

Attenzione: la questione israelo-palestinese è estremamente complessa e delicata e siamo consapevoli che ogni tipo di sintesi rischia di omettere informazioni; pertanto questo articolo va visto nell’insieme dei contenuti che abbiamo proposto e che proporremo prossimamente. Vi invitiamo quindi a non perderli: potete trovare tutto nella categoria Israele-Palestina del nostro sito. Il nostro scopo è far capire la situazione geopolitica con la massima neutralità e stimolare l’interesse per ulteriori approfondimenti.

7-8 ottobre 2023: l'Operazione Diluvio di Al-Aqsa contro Israele

L'attacco palestinese in territorio israeliano (denominata “Operazione Diluvio di Al-Aqsa”), incominciata attorno alle 06:30 locali del 7 ottobre 2023 e inaugurata dal più massiccio invio di razzi visto finora in qualsiasi guerra che abbia opposto Hamas a Israele, ha coinvolto oltre 6000 tra miliziani e civili armati che, mediante un attacco coordinato di vaste proporzioni, sono riusciti a sfondare le poco presidiate linee difensive israeliane e a riversarsi nei territori circostanti.

Gli obiettivi primari dei palestinesi erano le installazioni militari israeliane situate nella fascia di sicurezza intorno alla Striscia di Gaza che sono state sistematicamente espugnate e distrutte. I miliziani tuttavia purtroppo non si sono fatti alcuno scrupolo. ad attaccare anche i kibbutz, i moshav e tutti gli altri insediamenti piccoli e grandi situati nell'area, arrivando a lambire persino centri abitati regionali di una certa importanza come Sderot, Netivot e Ofakim.

L'evento che più ha colpito e sconvolto l'opinione pubblica mondiale è stato il massacro dei giovani riuniti a festa in occasione del “Supernova festival” tenutosi nella località di Re'im. Il bilancio sofferto da Israele nel corso di quei primi due giorni ammonta a 1180 morti, 3400 feriti tra militari e civili e 251 ostaggi, molti dei quali ancora oggi nelle mani di Hamas.

Operazione Diluvio Al Aqsa
Foto satellitare degli incendi degli insediamenti israeliani presi d’assalto dai palestinesi nel corso dell’Operazione Diluvio di Al–AqsA. Credit: Pierre Markuse, via Wikimedia Commons

La reazione israeliana e l'assedio e l'occupazione di Gaza

La reazione israeliana agli attacchi del 7 ottobre è seguita quasi immediatamente col nome di “Operazione Spade di Ferro”, è stata caratterizzata da un'estrema durezza e, secondo molti, dall'essere sproporzionata nei modi e negli esiti (tanto che in Occidente una certa fetta dell'opinione pubblica ha cominciato a parlare apertamente di genocidio). Nel corso dei bombardamenti e delle operazioni militari di terra, che interessano ormai da un intero anno la Striscia di Gaza e hanno permesso a Israele di infliggere colpi importanti alle strutture militari di Hamas e degli altri gruppi militanti palestinesi presenti nella Striscia, sono però stati distrutti e devastati tanto Gaza City quanto i centri abitati minori di quella che è una delle aree a più alta densità di popolazione al mondo.

Essendo gli eventi bellici ancora in pieno svolgimento, è presto per tirare un bilancio definitivo dei lutti che questa guerra purtroppo ha inflitto al popolo palestinese, ma già ora le cifre fornite dal Ministero della Salute di Gaza e rilanciate dalle Nazioni Unite parlano di oltre 40.000 morti, circa 100.000 feriti e un numero di dispersi che alcune stime pongono addirittura a 20.000. Tuttavia, una ricerca pubblicata a luglio 2024 su The Lancet ha stimato che il peggioramento complessivo delle condizioni di vita e l'innalzamento della mortalità causato dalla guerra e dalle sue conseguenze potrebbero tradursi potenzialmente nella morte di 186.000 persone, il che equivarrebbe al 7,9% della popolazione di Gaza prima dello scoppio del conflitto.

L'allargamento del conflitto al Medio Oriente

Da subito la situazione ha mostrato il potenziale di potersi espandere fino a coinvolgere l'intera regione mediorientale, cosa che purtroppo è accaduta, con le operazioni militari israeliane che si sono estese progressivamente fino a comprendere, con diversi gradi di intensità, anche la Cisgiordania, il Libano, la Siria, l'Iraq, lo Yemen e l'Iran. Recentemente Iran e Libano sono finiti nelle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, vista l'invasione di terra di Israele nel sud del Libano e i missili lanciati dall'Iran a Israele.

D'altro canto, in parte le iniziative israeliane sono state il frutto della reazione agli attacchi provenienti proprion da queste aree, e in particolare dai movimenti e dai Paesi proclamatisi come parte del cosiddetto “Asse della Resistenza” (alleati di Hamas); in parte però hanno seguito una sorta di pericolosa “inerzia geopolitica” dimostrata dalla leadership politico-militare dello Stato Ebraico. In particolare il primo ministro Benjamin “Bibi” Natanyahu, sorpreso dagli eventi del 7-8 ottobre 2023, sta cercando con tutte le forze una vittoria militare convincente anche al fine di non perdere il consenso popolare interno.

Nel frattempo la guerra ha certificato una volta ancora l'impotenza delle Nazioni Unite le quali non sono riuscite a fermare la prosecuzione del conflitto, fallendo nell'obiettivo di imporsi tanto nei confronti della leadership di Hamas quanto nei confronti di quella israeliana. A parziale scusante del Segretario Generale dell'ONU, António Guterres, e di tutti i funzionari responsabili dell'operato dell'organizzazione bisogna, però, ammettere che le principali potenze mondiali, in primis gli Stati Uniti, ma anche la Russia, la Cina, la Francia, il Regno Unito e, a ruota, tutti gli altri, hanno dimostrato un sostanziale disinteresse a impegnarsi realmente nell'obiettivo di far cessare gli scontri e ottenere una pace vera e duratura.

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