Lenin, pseudonimo di Vladimir Il’ic Uljanov che significa “uomo della Lena” (un fiume siberiano), è stato un leader politico e un ideologo, primo ministro della Russia e poi dell'URSS dal 1917 al 1924. Nacque a Simbirsk (oggi Uljanovsk) nel 1870 e morì a Mosca nel 1924. Aderì da giovane al socialismo, divenendo uno degli esponenti più in vista del Partito operaio socialdemocratico russo. Fu uno dei promotori della separazione dei bolscevichi (maggioritari) dai menscevichi (minoritari) e, dopo un lungo esilio in Europa occidentale, nel 1917 rientrò in Russia e guidò la rivoluzione d’ottobre, con la quale prese il potere. Instaurò in Russia uno Stato socialista, l'URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) che guidò in maniera dittatoriale fino al 1924, ed elaborò una dottrina politica che, associata al pensiero di Marx, divenne nota come marxismo-leninismo.
La nascita e la formazione politica di Lenin
Vladimir Il’ic Uljanov, detto Lenin, nacque nel 1870 a Simbirsk (dal 1924 chiamata Uljanovsk in suo onore) da una famiglia benestante. In Russia il potere era concentrato nelle mani del sovrano, lo zar, contro il quale erano attivi vari movimenti rivoluzionari di ideologia populista. Il giovane Vladimir si interessò sin da giovane di politica, seguendo le orme del fratello Aleksandr, che nel 1887 fu accusato di aver pianificato un attentato contro lo zar e impiccato. In seguito a questo evento, Vladimir iniziò a pensare che il populismo e gli attentati non fossero la soluzione adatta per rovesciare lo zarismo. Maturò così convinzioni marxiste, ritenendo che la classe operaia dovesse promuovere la rivoluzione e instaurare un sistema economico socialista.
Nel 1891 si laureò in giurisprudenza e per breve tempo esercitò la professione di avvocato, ma dedicava le sue energie soprattutto alla politica. Per questo era tenuto sotto stretto controllo dalla polizia zarista e nel 1895 fu condannato a tre anni di deportazione in Siberia, presso il fiume Lena.
Gli anni dell’esilio
Durante la prigionia convolò a nozze con Nadezda Krupskaia, una compagna di lotta politica. Nel 1900, scontata la pena, si trasferì all’estero, vivendo tra Francia, Germania e Svizzera fino al 1917. Dal 1901 iniziò a usare lo pseudonimo di Lenin (che significa “uomo della Lena”). Aderì al Partito operaio socialdemocratico russo (Posdr), nato nel 1898, e nel 1902 scrisse una delle sue opere più note, il saggio Che fare? nel quale espose l’idea che il partito doveva includere un gruppo ristretto di rivoluzionari di professione, senza diventare un’organizzazione di massa. Nel 1903 il partito si divise in due fazioni: quella menscevica (letteralmente “minoritaria”) e quella bolscevica (maggioritaria), alla quale aderiva Lenin, che ne era il leader più in vista.
La Prima Guerra Mondiale e il ritorno di Lenin in Russia
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Lenin e i bolscevichi si schierarono a favore della neutralità, a differenza dei partiti socialisti di altri Paesi. Nel 1917, dopo che in Russia la rivoluzione di febbraio – un sollevamento popolare scoppiato a febbraio a Pietrogrado – ebbe rovesciato lo zarismo, Lenin poté tornare in patria. Viaggiò su un treno speciale finanziato dalla Germania e il 16 aprile arrivò a Pietrogrado, rivedendo la Russia dopo 17 anni.
La Rivoluzione d’ottobre e l’ascesa al potere
La rivoluzione di febbraio aveva portato al potere un governo provvisorio, del quale facevano parte vari partiti liberali e socialisti, ma non i bolscevichi. Il governo doveva condividere il potere con i soviet, consigli di operai e contadini che avevano sede presso i luoghi di lavoro e centri urbani, nei quali i bolscevichi erano maggioritari.
Appena giunto a Pietrogrado, Lenin pubblicò un documento noto come Tesi di aprile, nel quale chiedeva che la Russia uscisse dalla guerra, che fossero distribuite le terre ai contadini, che tutto il potere passasse ai soviet.
Per realizzare questo programma, i bolscevichi organizzarono un colpo di Stato: il 25 ottobre (7 novembre secondo il calendario gregoriano) occuparono il Palazzo d’Inverno di Pietrogrado, dove aveva sede il governo provvisorio, e altri edifici strategici. I ministri fuggirono o furono arrestati e fu creato un Consiglio dei commissari del popolo, presieduto da Lenin.
Lenin a capo della Russia
Il Consiglio doveva affrontare problemi difficilissimi. Anzitutto, doveva portare la Russia fuori dalla guerra mondiale e, a tale scopo, nel marzo del 1918 firmò l'accordo di pace di Brest Litovsk, che prevedeva la cessione di vasti territori alla Germania. Inoltre, doveva affrontare la guerra civile, scatenata dai sostenitori dello zar con il sostegno delle potenze europee, e l’invasione delle truppe polacche, che attaccarono la Russia da ovest. L’Armata rossa, il nuovo esercito fondato da uno dei collaboratori di Lenin, Lev Trotskij, riuscì a respingere tutti gli attacchi, ma il governo instaurò un regime dittatoriale, che si rese responsabile di arresti ingiustificati ed esecuzioni.
In economia, Lenin era deciso a instaurare uno Stato socialista, ma la collettivizzazione immediata dei mezzi di produzione, stabilita dal cosiddetto comunismo di guerra, si rivelò controproducente. Lenin varò perciò la Nuova politica economica (Nep) che prevedeva alcune aperture all’economia di mercato.
La morte di Lenin e la successione
Nel 1918 Lenin fu ferito gravemente in un attentato, dal quale non si riprese mai del tutto, e nel 1922 subì anche un ictus, che lo lasciò semiparalizzato. Nel Partito bolscevico iniziò la lotta per la successione, che contrapponeva Trotskij a Josif Stalin. In uno dei suoi ultimi scritti Lenin sconfessò Stalin, ma la sua volontà non fu sufficiente a fermarne l’ascesa: nel volgere di alcuni anni Stalin prese il potere e instaurò un regime totalitario.
Lenin morì il 21 gennaio 1924. Si è dunque da poco celebrato il centenario della scomparsa. Dopo la morte, la salma di Lenin fu imbalsamata ed esposta in un mausoleo sulla Piazza Rossa, a Mosca, dove si trova tuttora.
Le idee politiche: il leninismo
Il leninismo si basa sulle idee di Marx in merito all’economia, ma le rinnova in merito alla prassi politica. Lenin riteneva infatti che la rivoluzione non doveva essere fatta nei Paesi dove il capitalismo era più avanzato, come voleva Marx, ma in quelli più arretrati, come la Russia. Inoltre, pensava che la rivoluzione dovesse essere opera del partito comunista, formato da un piccolo nucleo di rivoluzionari di professione organizzati per cellule.
In merito allo Stato, nella celebre opera Stato e rivoluzione, pubblicata nel 1917, Lenin sostenne che era destinato a scomparire, ma doveva essere "usato" temporaneamente dai bolscevichi come strumento per fare la rivoluzione.