0 risultati
video suggerito
video suggerito
31 Ottobre 2025
18:00

Come è stato possibile l’incredibile record di apnea di Vitomir Maričić: intervista al Dott. Longobardi

Quasi 30 minuti senza respirare: il record di apnea statica di Vitomir Maričić sembra sfidare le leggi della biologia. Ma come è possibile spingere il corpo umano a questo limite? Non è solo allenamento fisico, ma un incredibile controllo mentale. Per capire cosa c'è dietro, abbiamo chiesto aiuto al Dott. Pasquale Longobardi, esperto di medicina subacquea.

274 condivisioni
Come è stato possibile l’incredibile record di apnea di Vitomir Maričić: intervista al Dott. Longobardi
Intervista al Dott. Pasquale Longobardi
Direttore sanitario del Centro Iperbarico di Ravenna dal 1989 e Vice Presidente della Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica (SIMSI).
thumb apnea

Il croato Vitomir Maričić, nel giugno 2025, ha stabilito un record che sembra sfidare la biologia: 29 minuti e 3 secondi trattenendo il respiro sott'acqua. Come è possibile spingere il corpo umano così oltre? Lo abbiamo chiesto al Dott. Pasquale Longobardi, Vice Presidente della Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica (SIMSI) e Direttore Sanitario del Centro Iperbarico di Ravenna, per svelare la scienza dietro questa impresa ai confini della fisiologia. L'apnea consiste nell'immergersi trattenendo il respiro, senza l'ausilio di bombole. Spesso percepita come uno sport estremo, è in realtà una disciplina diffusa in Italia, con specialità che si adattano a diversi obiettivi e ambienti. Si va dall'apnea statica (restare immobile in un punto della piscina) all'apnea dinamica (percorrere la massima distanza sott'acqua, con o senza pinne, sempre in piscina). In acque libere (mare o lago), la sfida si sposta sulla profondità, con discipline come l'assetto costante (discesa e risalita con le proprie forze) e il jump blue.

Praticare l'apnea in sicurezza richiede allenamento specifico e controlli medici preventivi. Dietro le imprese estreme di professionisti come Vitomir Maričić, c'è un'enorme preparazione fisica e mentale, affiancata da un monitoraggio medico specialistico. Con il Dott. Longobardi abbiamo analizzato proprio cosa succede al corpo umano quando si spinge oltre i limiti del respiro e come si allenano gli apneisti.

Per iniziare, ci aiuta a capire la differenza fondamentale tra questa performance estrema, che prevede la pre-inalazione di ossigeno, e un'apnea tradizionale ad aria?

Sì, il record di Vitomir Maričić sembra sfidare la biologia: 29 minuti e 3 secondi di apnea statica, ottenuti dopo 10 minuti di pre-ossigenazione con ossigeno puro. Quello che vediamo non è un trucco magico, ma la capacità di portare il corpo in uno stato di "sopravvivenza comandata", dove cuore, cervello e polmoni lavorano al minimo indispensabile. È un vero e proprio viaggio al limite neurofisiologico, dove la mente controlla il corpo.

L'apnea tradizionale si fa respirando aria normale, mentre queste performance estreme usano ossigeno al 100% per "caricare" il corpo. Con ‘evoluzione delle tecniche e la comprensione della fisiologia i limiti si sono spostati enormemente in tutte le discipline dell'apnea: basti pensare che negli anni '60 si riteneva impossibile superare i 30 metri di profondità, mentre oggi si superano i 200 metri.

Cosa succede al nostro corpo durante un'apnea? 

Il nostro organismo possiede dei riflessi automatici potentissimi che si attivano ogni volta che immergiamo il viso in acqua, anche in un semplice catino. Il sistema nervoso autonomo innesca l'iperafflusso centrale di sangue, il famoso "blood shift". Il sangue viene "rubato" dalle periferie (braccia, gambe) e convogliato verso gli organi vitali, un po' come un Robin Hood fisiologico che prende l'ossigeno dove serve meno per darlo a cuore e cervello. Questo provoca anche la vasocostrizione periferica e fa sì che il torace, anche a grandi profondità, venga riempito dal sangue (essendo un liquido incomprimibile), resistendo allo schiacciamento.

Contemporaneamente, l'arrivo di più sangue al cuore ne rallenta il battito, che può scendere fino a 30 al minuto, nella condizione chiamata bradicardia. È un meccanismo di protezione incredibile, studiato fin dai tempi di Enzo Maiorca – primo uomo a varcare in apnea la soglia dei 100 metri di profondità – con esperimenti in ambienti iperbarici. Anche la milza svolge un ruolo importante contraendosi e liberando i globuli rossi per aumentare l’ossigeno disponibile.

Oltre a questi riflessi naturali, gli apneisti professionisti utilizzano anche dei "trucchetti" tecnici, come la compensazione glosso-faringea o "tecnica della carpa": l'atleta "boccheggia" per inglobare aria a bocca chiusa e poi la "stantuffa" nei polmoni con la lingua, aumentando il volume d'aria immagazzinato. È una tecnica efficace, ma sconsigliata dai medici perché può causare microlesioni agli alveoli polmonari o nei casi più gravi edemi polmonari (eccesso di liquidi nei polmoni).

Apnea statica
Apnea statica. Credit: Everi Guidi

A proposito dei rischi, quali sono e cosa deve sapere chi si vuole avvicinare a questo sport?

Oltre ai meccanismi fisiologici, nell'apnea entrano in gioco anche i rischi e la predisposizione genetica individuale. Uno dei pericoli è l'edema polmonare da immersione (IPE), un accumulo di liquido negli alveoli causato dalle forti differenze di pressione. Non tutti reagiscono allo stesso modo, e la genetica gioca un ruolo importante.

Per esempio, alcune varianti di geni specifici, i polimorfismi, possono aumentare la vulnerabilità. Uno di questi riguarda l'enzima ossido nitrico sintetasi: l'ossido nitrico (NO) è una molecola fondamentale che il nostro corpo produce, per esempio di notte, per "pulire" i vasi sanguigni, come dei camioncini della spazzatura. Chi produce meno ossido nitrico (alcune varianti genetiche ne producono fino a tre volte meno della media) potrebbe avere una regolazione del flusso sanguigno meno efficiente, aumentando potenzialmente il rischio di incidenti cerebrovascolari in condizioni estreme.

Altre varianti per comprendere meglio la risposta individuale all'apnea profonda e ai suoi rischi riguardano l'ACE (enzima di conversione dell'angiotensina), che regola il calibro dei vasi sanguigni ed è quindi cruciale per l'efficacia del blood shift, il fattore indotto dall'ipossia (HIF-1α) e la predisposizione alla trombofilia (tendenza a formare coaguli).

Dal punto di vista clinico, quali sono le emergenze più comuni che un medico si trova ad affrontare?

Quando le riserve di ossigeno durante l'apnea scendono sotto i livelli di sicurezza, si manifestano i rischi più gravi. La sincope ne è un esempio, il cervello, privato di ossigeno, perde conoscenza. Spesso è preceduta dalla "Samba", una perdita di controllo motorio in cui l'atleta è ancora cosciente ma non coordina più i movimenti. Ho avuto un'esperienza diretta di questo negli anni '90, durante un soccorso a Ustica ho effettuato una ventilazione in acqua. L'apneista era emerso in Samba, mi tuffai per assisterlo con la ventilazione artificiale. L'assenza di un'assistenza immediata ed esperta, porta inevitabilmente all'annegamento.

In sintesi, l’apneista vive una battaglia silenziosa tra calma mentale e caos fisiologico.

L'allenamento dell'apneista: come si allena un atleta per preparare il corpo e la mente a un'impresa del genere? Che tipo di preparazione fisica e mentale c'è dietro a questi record?

Gli apneisti di élite allenano la mente con la stessa intensità con cui allenano il corpo. Imparano a gestire il panico, a rallentare i pensieri e a restare immobili anche quando l'istinto urla di respirare. Tecniche come la meditazione, la mindfulness, la respirazione pranayama e la visualizzazione mentale sono fondamentali e aiutano a mantenere il battito cardiaco lento, a ridurre l'attività corticale e, di conseguenza, il consumo di ossigeno. Un cervello calmo, infatti, può consumare fino al 20-30% in meno di O rispetto a uno stato di allerta.

Questo lavoro mentale si affianca a una solida preparazione fisica, che include un allenamento aerobico mirato a ottimizzare l'efficienza cardiovascolare. È un vero e proprio allenamento neurofisiologico: si impara a ‘ingannare' i centri del respiro nel tronco encefalico, ritardando la sensazione di fame d’aria. Si tratta di un controllo consapevole del sistema nervoso autonomo, supportato da un corpo condizionato a utilizzare l'ossigeno nel modo più efficiente possibile.

tecniche di respirazione
Respirazione prima dell’apnea statica. Credit: Everi Guidi

Perché respirare ossigeno puro prima dell'apnea permette di trattenere il fiato più a lungo? Come funziona esattamente e che vantaggio dà?

La pre-ossigenazione è la chiave dei record come quello di Maricic, l'atleta respira ossigeno puro per circa 10 minuti prima dell'immersione. Questa tecnica non serve solo a riempire i polmoni, ma agisce a livello cellulare, "caricando" i mitocondri, le nostre centrali energetiche. Ogni cellula del cuore, per esempio, ne contiene circa 5000. Funzionano come piccole pile, mantenendo una differenza di potenziale di circa 180 millivolt (mV) grazie all'ossigeno; se questo potenziale scende sotto i 70 mV, la cellula può andare incontro ad apoptosi, cioè a morte programmata.

L'iperossigenazione "carica" questi mitocondri, permettendo loro di produrre più ATP – la nostra "benzina" energetica, ne rigeneriamo circa 50 kg al giorno – e di farlo in modo più efficiente. L'ossigeno si immagazzina anche in molecole come la fosfocreatina e la mioglobina muscolare, aumentando la resistenza all'ipossia di organi vitali come cervello e cuore.

Studiare questa reazione ci aiuta a comprendere come supportare l'organismo in situazioni critiche come traumi cranici, ictus, incidenti da decompressione, o persino nelle missioni spaziali e negli habitat sottomarini. È un modo per esplorare i limiti del corpo umano.

Anche la pre-inalazione di ossigeno ha dei rischi, quali sono?

La tossicità dell'ossigeno è un rischio nell'apnea con pre-ossigenazione, specialmente perché la quantità di ossigeno nel corpo dipende dalla pressione e quindi dalla profondità. Un eccesso può portare a problemi fisiologici, come le convulsioni nell'effetto Paul Bert. Per questo, alcuni studi suggeriscono di attendere 10-15 minuti dopo la pre-ossigenazione prima di immergersi, anche se Maričić si è immerso subito.

La pre-ossigenazione è una pratica accettata dalle Federazioni per quanto riguarda i record? 

Questi record di apnea estrema, ottenuti con la pre-inalazione di ossigeno, in realtà non sono riconosciuti dalle federazioni sportive ufficiali come la FIPSAS o l'AIDA. Sono imprese che puntano più al Guinness dei Primati e spesso sono supportate da sponsorizzazioni private.

Tuttavia, proprio perché sono performance ai limiti, questi atleti sono costantemente seguiti da équipe mediche specializzate. Questo monitoraggio continuo permette di raccogliere dati preziosi e di fare ricerca scientifica, aiutandoci a capire meglio come il corpo umano reagisce a condizioni così estreme.

allenamento apneista
Respirazione prima dell’apnea statica. Credit: Everi Guidi

Quanto del record di Maričić è dovuto all'allenamento fisico e quanto all'allenamento mentale e al controllo del corpo?  

L’apnea estrema è 50% fisiologia e 50% psicologia. Il corpo si adatta, ma è la mente che decide quanto lontano si può andare.

Dal suo punto di vista di esperto, dopo aver visto record del genere, dove si trova il vero limite umano in questa disciplina? È più un limite strutturale del nostro corpo o della nostra capacità di "hackerare" la nostra stessa fisiologia?

Il limite umano nell’apnea non è scritto nei polmoni, ma nella mente. Il corpo ha confini precisi – pressione, capacità polmonare, saturazione d’ossigeno – ma il cervello può spostare il punto di rottura. Gli studi di neurofisiologia mostrano che gli apneisti esperti riescono a mantenere calma e lucidità anche in condizioni di ipossia cerebrale, modulando l’attività del sistema limbico e la risposta allo stress. Quando il cervello ‘non ha paura’, consuma meno ossigeno e guadagna tempo. Maričić lo ha dimostrato: dopo 10 minuti di pre-ossigenazione, ha resistito 29 minuti e 3 secondi in apnea, non solo grazie alla biologia, ma alla capacità mentale di stare nel silenzio assoluto. In fondo, l’apnea estrema non è una gara contro il tempo, ma contro se stessi.

Ogni record sotto l’acqua ci insegna qualcosa su come nel silenzio dell’acqua, la mente vince dove il corpo si ferma. Il motto dell’apneista è “respira a fondo prima e poi lascia parlare il silenzio”.

Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views