
Non bisogna essere degli appassionati di serie Crime per conoscerlo: il luminol, un composto chimico utilizzato dalla Polizia Scientifica, si fa notare e ricordare per la sua spettacolarità, tanto amata dai criminologi della TV. Basta spegnere le luci, spruzzare una misteriosa soluzione su un pavimento immacolato ed ecco che compaiono delle macchie luminescenti a svelare il delitto. La luminescenza che vediamo è causata da una reazione di ossidoriduzione tra l’acqua ossigenata e il luminol. Ma allora cosa c’entra il sangue? Il ferro presente nell’emoglobina catalizza (cioè velocizza) questa reazione: il colore bluastro appare molto più vividamente e velocemente in presenza del ferro, ecco perché è utilizzato per la rilevazione delle macchie di sangue. La luminescenza però non è così duratura come la vediamo in tv, e inoltre, non è scaturita solo dal sangue, ma anche da urina, feci e alcune piante, per cui è solo un test preliminare.
Cos’è il luminol: storia della luminescenza più amata dai criminologi
Se doveste comprare del luminol (C8H7O3N3), vi trovereste davanti a una polvere cristallina dal colore giallastro, il cui nome chimico è decisamente più complicato di quello comune: 5-ammino-2,3.diidro-1,4-ftalazindione. Sembra sia stato scoperto già intorno al 1853, sintetizzato nel 1902 da A.J. Schmitz, ma è Albrecht il primo a descrivere, nel 1928 l’intensa luminescenza che emette in particolari condizioni.
Il nome “luminol” compare per la prima volta in resoconti del 1934, mentre è nel 1937 che Specht, grande appassionato e studioso del luminol, propone di utilizzarlo per le investigazioni medico-legali. Specht scoprì anche che macchie secche di sangue producevano una chemiluminescenza molto più vivida di quelle fresche: secondo lui, quanto più vecchie erano le macchie di sangue, più intensa sarebbe stata la reazione.
Oggi, oltre alle investigazioni, il luminol è usato anche nella rilevazione di altre molecole biologiche, come biosensore e nell’industria farmaceutica per la localizzazione cellulare.
Come avviene la reazione per vedere le tracce di sanguere
La chemiluminescenza è un’emissione di luce a seguito di una reazione chimica e, nel nostro caso, avviene grazie alla reazione di ossidoriduzione tra luminol e acqua ossigenata (H2O2). Il ferro (Fe2+) presente nel gruppo eme dell’emoglobina catalizza la reazione, cioè la velocizza: la reazione avverrebbe comunque, ma molto lentamente. Di fatto, la luminescenza che vediamo ci svela la presenza del catalizzatore, nel nostro caso il ferro, proprio come se ci dicesse: "Ehy, qui c'è del ferro!"
La reazione completa prevede una serie di passaggi intermedi, con spostamenti di cariche ed elettroni, ma il succo è che si rompe il legame tra i due atomi di azoto presenti nella molecola; vengono sostituiti da due atomi di ossigeno e si forma una struttura intermedia carica di energia, il 3 amminoftalato. Questo intermedio non ce la fa a sostenere tutta questa energia e la deve sfogare in qualche modo: l’amminoftalato allo stato eccitato rilascia questa energia sotto forma di luce (hν) a una lunghezza d’onda di circa 450 nm e ritorna al suo stato energetico fondamentale.

Poiché è nello spettro della luce visibile, possiamo vederla a occhio nudo, ma è necessario spegnere la luce, perché una fonte di luce esterna coprirebbe quella emessa dalla reazione.
Come si prepara il luminol
Quando pensiamo al luminol come lo vediamo in tv, immaginiamo una singola sostanza che “accende” le tracce di sangue. In realtà, quello che vediamo spruzzare è una soluzione composta da diverse sostanze. Innanzitutto il luminol, poi un agente ossidante, solitamente acqua ossigenata (H2O2) e infine un agente che rendi l’ambiente basico, cioè con un pH maggiore di 7, solitamente idrossido di sodio (NaOH).
Questo ambiente basico è necessario perché a pH neutro, la molecola di luminol forma uno zwitterione, cioè ha sia una carica positiva che una negativa all’interno della stessa molecola. La reazione tra acqua ossigenata e luminol avviene anche quando il pH è acido, ma è più debole e la luminescenza si vede di meno. La formulazione è cambiata nel tempo, ma quella più utilizzata pubblicata nel 1966 da Weber prevede di preparare tre soluzioni iniziali con:
- 8 g di idrossido di sodio (NaOH) in 500 ml d’acqua
- 10 ml di acqua ossigenata al 30% in 490 ml d’acqua
- 0.354 g di luminol in 62.5 ml di sodio idrossido 0.4 N diluiti a 500 ml di acqua.
Poi, si prendono 10 ml di ciascuna di queste soluzioni iniziali e si aggiungono 70 ml di acqua. Ora siete pronti per andare sulla scena del crimine con Grissom di CSI.
Luci e ombre, in tutti i sensi
Il luminol è in grado di rilevare macchie di sangue non visibili a occhio nudo in qualsiasi anfratto, anche se viene lavato o diluito: pensate che rileva fino a diluizioni di 1μl di sangue in 1 L di acqua o altra soluzione! Ecco perché, non importa quanto bene l'assassino pulisca la scena, il luminol non gli lascia scampo. Il suo utilizzo nelle investigazioni infatti è basato sul concetto che niente svanisce senza lasciare una traccia e che il sangue può resistere su diverse superfici anche per decenni! C’è però subito un primo mito da sfatare. La luminescenza è molto più breve di quello che vediamo in TV: dura infatti, circa 30 secondi, ed è per questo fondamentale riuscire a fare una buona foto della scena del crimine.
Il lato positivo è che può essere utilizzato per analizzare ampie superfici, proprio come vediamo fare ai nostri tecnici della scientifica preferiti. Uno dei problemi principali dell’utilizzo del luminol è che non è strettamente specifico per il sangue e può dare dei falsi positivi. La luminescenza viene infatti innescata anche da altri ioni che fungono da catalizzatori, come il cobalto, manganese, nichel o rame. Può essere attivata da enzimi, come le perossidasi presenti nel rafano o nelle feci, e da molecole ossidanti come quelle presenti nella candeggina. Ecco perché è considerato un test preliminare e non definitivo. Immaginate: se si usa la candeggina per lavare i pavimenti, il luminol reagisce comunque, starà poi ai detective capire se stavate nascondendo le prove di un atroce delitto o semplicemente siete degli amanti della pulizia.

Credit: Jack Spades, Public domain, via Wikimedia Commons
Un altro problema è rappresentato dalla tipologia di superfici: se spruzzato su materiali non assorbenti come linoleum, vetro o vinile, la soluzione può “scivolare” diluendo il sangue e di fatto rovinando la prova. Per questo i tecnici usano la minima quantità necessaria e si affrettano a fotografare la scena del delitto. Su tappeti e materiali assorbenti, invece, le macchie possono anche essere lasciate seccare e spruzzate con il luminol anche più volte, ripetendo l’analisi.