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16 Gennaio 2024
16:26

Come funziona la pellicola cinematografica: ecco come si giravano i film prima delle camere digitali

Prima dell'avvento delle tecnologie digitali, nei primi anni 2000, girare un film era un processo lungo e complesso: la pellicola veniva "impressionata" e veniva poi sviluppata.

A cura di Frida Bonatti
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Come funziona la pellicola cinematografica: ecco come si giravano i film prima delle camere digitali
pellicola film

Prima dell’avvento delle camere digitali, nei primi anni Duemila, per girare i film si utilizzava la pellicola cinematografica, ovvero un nastro perforato su cui si trova una sequenza di immagini. Quando sentite parlare di “pellicola 35 mm” è perché questa era la larghezza dei nastri più utilizzati: 35 mm, appunto.

Le immagini catturate dalla pellicola, chiamate fotogrammi, venivano proiettate in successione per dare il senso del movimento. Ai lati dei fotogrammi ci sono dei solchi, chiamati perforazioni: questi permettono alla pellicola di scorrere attraverso un proiettore o altri macchinari di lavorazione. La velocità di scorrimento della pellicola determina il framerate del filmato, ovvero quanti fotogrammi per secondo (fps) vengono proiettati. Tipicamente i film hanno un framerate di 24 fps, cioè 24 fotogrammi per secondo; solitamente i primi film venivano proiettati a 16 o 18 fps.

Per girare dieci minuti di film con una pellicola professionale occorre un nastro della lunghezza di 300 metri circa. Quando è arrotolata su se stessa, la pellicola ha all’incirca lo stesso diametro di una pizza, e pesa una decina di chili. Per questo motivo, una porzione di pellicola arrotolata prende il nome di bobina o per l’appunto, “pizza”. Pensate quindi un film intero quanto poteva pesare! Per un’ora e mezza di girato occorrevano circa 8 “pizze”, dal peso complessivo di un’ottantina di chili!
Ma com’è fatta la pellicola cinematografica, per riuscire a catturare le immagini in movimento?

bobina film
Una bobina film, detta "pizza" di 100 metri. Credits: DRs Kulturarvsprojekt from Copenhagen, Danmark, CC BY–SA 2.0, via Wikimedia Commons.

Di cos'è fatta la pellicola? Lo strato di base e l'emulsione

Anche se sembra così sottile, la pellicola è in realtà formata da due strati, chiamati “base” ed “emulsione”. Lo strato di base è quello più resistente e il suo ruolo è proprio garantire un solido supporto all’altro strato, molto più delicato.

Ai giorni d'oggi la base è fatta di poliestere, un materiale sintetico. Ma dagli anni ‘50 agli anni ‘90, si utilizzava pellicola fatta di acetato di cellulosa, una fibra artificiale di origine vegetale. Ancor prima, la base era fatta da un’altra fibra artificiale: il nitrato di cellulosa, soppiantato perché era molto pericoloso e altamente infiammabile (chi di voi ha visto il film Nuovo Cinema Paradiso, sa di cosa sto parlando).

E invece lo strato di emulsione, a cosa serve? Qui si forma l’immagine vera e propria. Questo strato è infatti formato da dei sali di argento, ovvero dei composti chimici che sono immersi in una sostanza gelatinosa.

Come si forma l'immagine?

La pellicola è montata dentro alla camera. Quando si apre l’obiettivo viene raggiunta dalla luce. In gergo si dice che la pellicola è impressionata. Quello che succede è che i sali d’argento nello strato d’emulsione, scuriscono. Questo scurire, corrisponde proprio all’immagine!

immagine negativa
Un’immagine negativa. Credits: Auckland Museum, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons.

Infatti, più luce “colpisce” i sali d’argento, più questi anneriscono, producendo un’immagine negativa, dove i toni di luce sono invertiti.
A questo punto dunque, abbiamo ancora due problematiche da risolvere:

  • la pellicola non può ancora essere esposta alla luce, sennò si "impressiona" e avremo un'immagine completamente scura.
  • abbiamo un'immagine negativa, inadatta per la proiezione

Per ovviare a queste due questioni, bisogna affrontare gli ultimi due procedimenti: sviluppo e stampa.

Gli ultimi due processi: lo sviluppo e la stampa

Lo sviluppo consiste in un processo chimico, al termine del quale la pellicola può essere esposta alla luce, senza che i grani di luce scuriscano.
Questo procedimento avviene in grandi macchinari, lunghi una decina di metri, dove la pellicola viene fatta scorrere attraverso delle vasche, dove è immersa in sostanze chimiche per circa un'ora e mezza.
Durante lo sviluppo inoltre, si possono operare delle scelte dal punto di vista creativo: in base al tempo in cui la pellicola è immersa nelle vasche, si può intervenire ad esempio sul contrasto.

A questo punto, l'ultimo passaggio è il processo di stampa, per passare dalla nostra immagine negativa a una positiva.
Per farlo, si utilizza una stampante per film: la pellicola negativa viene proiettata, messa a contatto con una pellicola vergine. La luce attraversa la pellicola vergine, creando un‘immagine positiva. La pellicola positiva viene a sua volta sviluppata ed è finalmente pronta per la proiezione.

Immagine
Una stampante per film. Credits: Photo by J–E Nyström, "Janke" Talk Gallery, Public domain, via Wikimedia Commons.

Tutto questo lavoro, è stato soppiantato dai device digitali, che hanno reso tutto più agile. Ma il valore aggiunto di un film o di un video, rimangono la creatività, la storia, le immagini. Questi elementi saranno sempre soggetti alla sensibilità e all’estro dell’Arte.

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Frida Bonatti
Redattrice
Dopo la laurea in Lettere, ho lavorato nel campo del restauro cinematografico per istituzioni culturali in Olanda, Svezia e Italia. Nel frattempo, ho coltivato l'interesse per la produzione di video online e podcast, che ha preso il sopravvento su quello per il cinema. Ho frequentato un corso di Content Management e Copywriting allo IED e sono entrata in Geopop, dove mi occupo della stesura di contenuti branded e editoriali. Sono una grande fan dei Beatles.
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