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24 Ottobre 2025
6:00

Come sono fatti i tartufi, perché hanno “odore di gas” e le principali tipologie in Italia

I tartufi sono funghi ipogei, cioè sotterranei, che vivono in simbiosi con gli alberi e si riproducono grazie al loro aroma, un segnale chimico che "seduce" gli animali e li porta a scavare nel terreno per mangiarli e disseminare poi le spore con gli escrementi.

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Come sono fatti i tartufi, perché hanno “odore di gas” e le principali tipologie in Italia
tartufo cesto

Immagina di camminare in un bosco d’autunno, con l’aria umida che profuma di terra e foglie. Sotto i tuoi piedi, a pochi centimetri dal suolo, si nasconde un tesoro che non brilla d’oro, ma d’aroma: il tartufo. Nascosti nella profondità del terreno, i tartufi si fondono con le radici di alberi come querce o pioppi, scambiando con loro acqua, minerali e composti organici. Incapaci di spargere le proprie spore con il vento, perché crescono sotto terra, i tartufi hanno trovato una strategia diversa per riprodursi: diffondere nell'aria un profumo capace di richiamare animali, che scavano nella terra per trovarli, grazie a quel sentore complesso e terroso che nasce da molecole organiche e composti di zolfo. La percezione di questo aroma è soggettiva: per alcuni, queste molecole odorano di gas e "puzzano", mentre per altri sono un profumo piacevole. Dentro la scorza ruvida – il peridio – si nasconde la gleba, cioè la polpa che custodisce le spore e può rivelare l'età e la specie del tartufo. Alcuni tartufi hanno un peridio chiaro, altri scuro: ne sono un esempio rispettivamente il Tuber magnatum, il bianco pregiato d'Alba e il Tuber aestivum, conosciuto come scorzone.

Come sono fatti i tartufi e la loro simbiosi segreta

I tartufi diffusi in Europa appartengono quasi tutti al genere Tuber, e sono funghi ipogei, cioè che vivono e si sviluppano sottoterra. Non sono degli organismi isolati, ma stringono delle relazioni simbiotiche con gli alberi circostanti, come pioppi, faggi, pini, querce, noccioli, ontani e tigli. Le ife (sottili filamenti del fungo che si diramano nel terreno) si intrecciano con le radici dell'albero, formando una complessa struttura chiamata micorriza. Da questa collaborazione, entrambi traggono vantaggio: il tartufo fornisce acqua e sali minerali alla pianta, l’albero “ripaga” con zuccheri e altre sostanze organiche. È una perfetta cooperazione naturale, attiva nel sottosuolo e invisibile ai nostri occhi.

Ciò che comunemente chiamiamo “tartufo” è in realtà lo sporoforo del fungo, cioè la parte fruttifera deputata alla produzione e alla disseminazione delle spore.
È composto da due porzioni principali:

  1. Il peridio, cioè la il rivestimento esterno;
  2. La gleba, ovvero la polpa interna, protetta dal peridio.
tartufo gleba e peridio
La gleba è ciò che vediamo quanto tagliamo il tartufo, la parte interna, con venature e colori caratteristici che permettono di definire anche il grado di maturazione del tartufo

La gleba è ciò che vediamo una volta tagliato il tartufo, con delle caratteristiche venature che donano un aspetto marmoreo: al suo interno sono presenti due tipi di striature, le vene sterili, che non producono spore, spesso chiare; e le vene fertili, più scure, che contengono gli aschi, le capsule che contengono le spore. Il colore della gleba e l’aspetto – per esempio se presenta zone più chiare o più scure, vene evidenti – sono utili indicatori per determinare la specie di tartufo e il suo stato di maturazione. La gleba è spesso più chiara nei tartufi giovani, ma si scurisce gradualmente con la maturazione delle spore, fino a mostrare la tinta caratteristica di ciascuna specie.

Perché il tartufo "puzza": la causa dell'odore di gas

I tartufi non possono disperdere le spore con il vento, come fanno i funghi comuni. Hanno quindi sviluppato un’altra strategia: il profumo. Le molecole aromatiche del tartufo sono irresistibili per molti insetti e animali – spesso mammiferi come cinghiali, volpi e lupi – che scavano per mangiarli. Le spore passano poi attraverso l’apparato digerente e vengono espulse altrove, pronte a germogliare. Esempi di questi composti volatili (cioè che si disperdono facilmente nell'aria) sono derivati del butanale, una molecola organica costituita da quattro atomi di carbonio che appartiene alla categoria delle aldeidi. Altre molecole sono composti solforati, come il dimetilsolfuro (DMS) e il dimetildisolfuro (DMDS), particolarmente noti per il loro odore intenso e caratteristico.

Le tipologie di tartufi bianchi e neri in Italia

Le specie che presentano un peridio di colore più chiaro (come biancastro, beige, giallo-ocra) e spesso più liscio vengono comunemente chiamate “bianche”. Le specie con peridio scuro (dal marrone al nero) – spesso con superficie più ruvida – sono dette “nere”. Attenzione però: la distinzione tra "tartufi bianchi" e "tartufi neri" non ha un valore tassonomico rigoroso, e all'interno di questi due gruppi esistono numerose varietà, ognuna con proprie caratteristiche morfologiche ed organolettiche.

tartufo bianco pregiato
Tuber magnatum, tartufo bianco pregiato

In Italia, tra le varietà di tartufo bianco spicca il T. magnatum, molto diffuso nell'area di Alba, in Piemonte, tra i più pregiati e costosi, tanto che a inizio degli anni 2000 aveva raggiunto il prezzo di quasi 8000 € al Kg. Il valore di questo tartufo non dipende solo dal suo aroma intenso e inconfondibile, ma anche da altri fattori come la necessità di un habitat estremamente specifico, che non gli permette di crescere ovunque. Accanto al "re" dei tartufi bianchi esiste anche un suo "cugino", il T. borchii, chiamato anche "bianchetto", che è  più diffuso e facilmente coltivabile, e quindi meno raffinato.

Passando ai tartufi neri, abbiamo il T. melanosporum, conosciuto anche come "tartufo nero pregiato", dal colore nero brillante che può assumere anche sfumature marroni/rossicce soprattutto tra le venature. Si tratta di un tartufo molto pregiato dall'odore aromatico e intenso. Quello che conosciamo come scorzone, è il T. aestivum, diffuso non solo in Italia ma anche in gran parte d'Europa, meno pregiato, ma molto utilizzato in cucina, grazie al suo caratteristico aroma che ricorda il malto tostato.

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