
Tutti l’abbiamo vista almeno una volta: la scena del pilota che tira una maniglia e viene sparato fuori dall'aereo caccia in pieno volo. In realtà, i piloti sono equipaggiati con seggiolini eiettabili, dei dispositivi, utilizzati soprattutto negli aerei militari, che permettono al pilota di abbandonare rapidamente il velivolo in caso di emergenza. Ma cosa succede davvero in quel momento? Quanto è violento? Quanto è rischioso? E soprattutto: cosa c’è dietro quel gesto?
Perché eiettarsi?
Semplice: perché l'alternativa è schiantarsi con l'aereo. L’eiezione è l’ultima risorsa, il piano B quando tutto il resto è andato a rotoli. Ma attenzione: non stiamo parlando di un sedile qualsiasi. Il seggiolino eiettabile è un vero sistema di salvataggio ad alta tecnologia.
Uno dei modelli più usati al mondo è l’ACES II, prodotto da Collins Aerospace e montato su jet come l’F-16. Un altro produttore celeberrimo è il britannico Martin-Baker, i cui seggiolini sono utilizzati da moltissime forze aeree, inclusa quella italiana. Tutti sono progettati per funzionare in condizioni "zero-zero", ovvero a zero altitudine e zero velocità. Quindi sì, un pilota potrebbe eiettarsi anche da un aereo fermo sulla pista.

Le prime fasi dell’eiezione: come funziona
Tutto comincia con un gesto: il pilota afferra la maniglia d’eiezione. Da quel momento, la sequenza è irreversibile. Le cinture si tendono automaticamente: le spalle vengono tirate contro lo schienale e le gambe bloccate. Questo serve a prevenire movimenti incontrollati durante l’espulsione, che a quelle velocità potrebbero causare lesioni gravi agli arti.
Prima di uscire, il pilota deve superare il tettuccio in plexiglass. I metodi principali sono due:
- Jettisoning: piccoli esplosivi fanno saltare via l’intero tettuccio.
- Through-Canopy Penetration: una Miniature Detonating Cord (MDC) o micro-carica esplosiva frantuma il plexiglass lungo una linea predefinita, visibile spesso come una zigrinatura sulla superficie. Se la MDC non è presente, il sedile può rompere fisicamente il tettuccio grazie a speciali punte metalliche chiamate Canopy breakers. Tutto questo avviene in circa 0,2 secondi.

Cosa succede nel momento dell’espulsione dal caccia
Sotto il sedile c’è un sistema a due stadi:
- Una carica di gas spara il sedile lungo guide verticali, allontanandolo rapidamente dall’abitacolo.
- Un razzo a propellente solido si attiva subito dopo, fornendo la spinta principale.
L’accelerazione può arrivare a 14 g, con punte anche più alte in certe condizioni. Significa che, per una frazione di secondo, il corpo del pilota pesa quasi una tonnellata e mezzo. Il sangue viene spinto con violenza verso i piedi – rischiando di causare un "blackout" – e la spina dorsale si comprime con una forza tale che le fratture vertebrali sono tra le lesioni più comuni.
Le fasi finali di stabilizzazione
Una volta fuori, il pilota affronta il cosiddetto windblast: un impatto violento con l’aria, che a 1.000 km/h ha la consistenza di un fluido denso e violento. Se il corpo non è perfettamente allineato, il rischio di fratture o traumi è elevato. Per evitare che il sedile inizi a roteare in modo incontrollato, si apre subito un piccolo paracadute di frenata e stabilizzazione, chiamato drogue chute. Serve a rallentare il sedile e a metterlo nella posizione corretta per il rilascio del pilota.
Un computer di bordo valuta in tempo reale altitudine e velocità. Se l’eiezione avviene ad alta quota, ritarda l’apertura del paracadute principale, per scendere più velocemente in una zona con più ossigeno e meno freddo, per evitare ipossia o congelamento. Quando l’altitudine e la velocità lo consentono – spesso sotto i 3.000 metri – altre piccole cariche esplosive sganciano il pilota dal sedile. Un istante dopo, si apre il paracadute. Allo stesso tempo si attiva il kit di sopravvivenza, collegato al pilota, contente: radio, acqua, cibo e in certi casi anche una zattera.
L’eiezione non è solo un atto spettacolare da film d’azione. È una manovra estrema, progettata per quei momenti in cui ogni secondo può fare la differenza tra la vita e la morte. Un gesto che mette alla prova i limiti del corpo umano, ma anche le capacità della tecnologia. Sì, lascia segni profondi – sul corpo e nella mente. Fratture, traumi, ricordi difficili. Ma resta una delle invenzioni più straordinarie mai concepite: un sistema di salvataggio che, nonostante tutto, funziona. E quando funziona, significa che un pilota ha avuto una seconda possibilità.