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Il bezoar è un aggregato solido che si forma nel tratto gastrointestinale di alcuni animali (e, più raramente, degli esseri umani), spesso composta da fibre vegetali, peli o altro materiale indigeribile. Considerato presso alcune culture un talismano e un antidoto, il bezoar, con cui il professor Piton mise alla prova Harry Potter in uno dei celebri film della saga, esiste davvero: si tratta di un oggetto affascinante, a metà tra il folklore e la medicina, che nei secoli ha alimentato credenze, speranze curative… e un pizzico di mistero.
Cosa sono i bezoari: la spiegazione scientifica, dove si trovano e il valore
Un bezoar, o bezoario, è un agglomerato di materiale parzialmente digerito che si può formare nello stomaco, e qualche volta pure nell’intestino, di mammiferi ruminanti come capre, pecore, bovini e, più raramente, di esseri umani. Nel caso dell'uomo, questi agglomerati possono avere origine da un’eccessiva ingestione di peli e capelli (tricobezoari) oppure di fibre vegetali indigeribili (fitobezoari), e si manifestano in individui con disturbi del comportamento o con alterazione delle normali funzioni gastrointestinali.
Le formazioni possono rimanere del tutto asintomatiche, ma nei casi più gravi provocano problemi anche gravi, come occlusioni intestinali, dolori addominali, nausea e vomito: in questi casi, il trattamento prevede la rimozione mediante terapie farmacologiche specifiche per favorire la dissoluzione del corpo estraneo, oppure l’intervento chirurgico.
I tricobezoari presenti nello stomaco di alcuni animali sono riconducibili, invece, all’abitudine di leccarsi il manto, l’ingestione continua e il conseguente accumulo di peli nello stomaco portano, appunto, alla formazione di un bezoario. Nei ruminanti come capre, pecore e bovini, i bezoari più comuni sono i fitobezoari, ovvero concrezioni formate da fibre vegetali indigeribili o parzialmente digerite. Questi animali, infatti, si nutrono principalmente di foraggi ricchi di cellulosa, e talvolta alcune parti particolarmente fibrose, come bucce, semi o fibre vegetali dure, possono aggregarsi nello stomaco, in particolare nel reticolo o nel rumine, dando origine a queste masse solide. In passato, alcuni di questi bezoari ritrovati nei ruminanti erano particolarmente apprezzati e persino considerati preziosi: rari, levigati e di aspetto insolito, venivano collezionati o usati come presunti antidoti contro i veleni.

A cosa servono i bezoar: tra medicina e superstizione
Il termine latino bezoar deriva dal persiano pādzahr, che significa “protezione contro il veleno”, in altre parole, "antidoto". Le prime attestazioni provengono dall’antica Persia e dall’India, dove i bezoar estratti dallo stomaco dei ruminanti erano considerati potenti talismani in grado di neutralizzare qualsiasi tossina. Attraverso le rotte commerciali del continente eurasiatico, queste credenze si diffusero anche verso occidente e questi agglomerati organici diventarono molto richiesti tra i nobili e i ricchi mercanti del Medio Oriente e dell’Europa. Venivano incastonati in coppe, gioielli e amuleti di ogni genere: si credeva che immergendoli in una bevanda questa si purificasse dai veleni, oppure che ingerendo la loro polvere si potesse guarire dalle intossicazioni. Nel corso del Medioevo, i bezoar divennero così ricercati da essere venduti a prezzi altissimi. Tuttavia, con il passare dei secoli e il progredire delle discipline scientifiche, il bezoar come strumento curativo e per scongiurare eventuali malanni, cadde in disuso.

Negli anni più recenti alcuni esperimenti sembrano aver dimostrato una qualche capacità da parte delle sostanze che compongono un bezoar di neutralizzare chimicamente la tossicità dell’arsenico, uno dei veleni più celebri della storia, utilizzato spesso sotto forma di polvere inodore e insapore da mescolare nel cibo e nelle bevande delle sventurate vittime.
Studi moderni, condotti da Gustaf Arrhenius e Andrew Benson presso la Scripps Institution of Oceanography, hanno dimostrato che i bezoari, immersi in soluzioni contenenti arsenico, sarebbero in effetti in grado di neutralizzarlo: i due principali composti tossici dell’arsenico, arseniato e arsenito, verrebbero neutralizzati secondo due diversi meccanismi, il primo viene eliminato per scambio con il fosfato del minerale brushite presente nei bezoar, mentre il secondo si lega ai composti solforati delle proteine dei peli e dei capelli contenuti nella formazione. Bisogna precisare tuttavia che questi risultati sono stati ottenuti in un laboratorio con condizioni controllate, molto diverse da quelle che avremmo potuto trovare in un banchetto medievale. Nonostante questo, non esistono tutt’ora evidenze scientifiche delle proprietà curative del bezoar tanto decantate nel corso del Medioevo.