A pochi chilometri dalla città di Vladivostok, in Russia, nella Ussuri Bay che si affaccia sull'Oceano Pacifico c'è una coloratissima spiaggia chiamata in russo Steklyannaya, dove innumerevoli frammenti di vetro – che un tempo erano bottiglie di birra, vino e vodka – contrastano in maniera spettacolare con la sabbia, le scogliere e la neve invernale. I turisti sono attratti dalla stranezza di questa spiaggia, eppure fino a qualche decennio precedente l'area era considerata poco più di una discarica: il paziente lavoro del mare ha saputo però trasformare i rifiuti delle industrie in una singolare attrazione.
Come si è formata la spiaggia di vetro a Ussuri Bay
La baia di Ussuri, situata alla punta sud-est della Federazione Russa, è territorio storicamente poco popolato, per diversi secoli parte della Manciuria e dell'impero Cinese. L'area venne ceduta alla Russia tra il 1858 e il 1860, e nei decenni successivi la nascita del porto di Vladivostok e l'industrializzazione causarono in questa area un inquinamento crescente, dovuto ai rifiuti abbandonati in discariche a contatto col mare.
Proprio da una queste discariche sono finite in acqua grandi quantità di vetro, scarti di prodotti di una fabbrica locale. Inizialmente, questi rifiuti avevano convinto le autorità a chiudere la spiaggia, ma in seguito a interventi di pulizia e a decenni di erosione in mare i frammenti sono stati limati fino a formare colorati ciottoli, che ora attirano molti turisti.
Qual è l'impatto ambientale di questa discarica
La curiosa e colorata natura di questi vetri nasconde però dei prevedibili lati negativi. Anche il vetro infatti, come la plastica, è spesso gettato come rifiuto senza essere riciclato e in natura si degrada in parti sempre più piccole fino a raggiungere dimensioni microscopiche, e in questa forma può accumularsi nella catena alimentare.
Il vetro più comunemente usato, per bottiglie o altri contenitori, contiene soprattutto silice (SiO2) con percentuali di ossidi di Alluminio (Al2O3) e Calcio (CaO) per renderlo più facilmente lavorabile: la pericolosità di questi frammenti non è quindi da ricercare in particolari metalli pesanti o tossici, quanto nella forma stessa delle particelle e la resistenza ai meccanismi biologici di difesa. Un organismo che ha ingerito o inalato cristalli di silice cercherà infatti di disfarsene attaccandolo con specie ossidanti, che finiranno per danneggiare i tessuti circostanti: è il tipico meccanismo che causa la silicosi.
La questione, però, riguarda anche le microparticelle di materiali in silicio e quarzo naturali come il marmo, e non sembra comunque preoccupare troppo noi umani, attirati da scorci interessanti e inusuali.
Spiagge simili sono infatti diventate attrazioni anche negli Stati Uniti, dove la Glass Beach di Fort Bragg in California è forse l'esempio più apprezzato, ma anche nel nostro paese, in luoghi come le spiagge di Murano o Vietri sul Mare, dove ad abbondare sono le ceramiche dei rinomati centri di produzione locali.
Il vetro di questa spiaggia diventerà sabbia?
Ma se la sabbia è composta anch'essa soprattutto da silicati, è possibile che il vetro possa trasformarsi in granelli?
La risposta è sì, ma con i suoi tempi. In natura il vetro impiegherebbe probabilmente migliaia di anni a diventare fine sabbia, come del resto accade anche alle rocce di montagne e scogliere. Il processo può però essere replicato industrialmente, e se mescolata con altri minerali, la fine sabbia ottenuta può diventare abbastanza simile per forma e colore alla controparte naturale.
Proprio questi processi sono alla base di progetti per riutilizzare il vetro, opportunamente lavorato, come sabbia per contrastare o ridurre l'erosione costale. Mancherà forse il fascino dei mille colori, ma anche in questa forma il vetro potrà dare nuova vita alle nostre spiagge.