
Ma davvero esiste un quadro dell'Ottocento che ritrae una giovane donna mentre tiene tra le mani un moderno smartphone durante una passeggiata? È quello che si sono chieste numerose persone di fronte al dipinto L’atteso, opera del 1860 del pittore austriaco Ferdinand Georg Waldmüller. I dubbi cominciarono nel 2017, quando Peter Russell, un funzionario in pensione di Glasgow, notò il particolare durante una visita al museo Neue Pinakothek di Monaco, in cui il quadro è esposto.
Nell'opera vediamo una giovane donna mentre sta camminando lungo un sentiero di campagna e tiene lo sguardo rivolto verso il basso, osservando un piccolo oggetto che tiene con entrambe le mani. Dietro un cespuglio, c'è un ragazzo in ginocchio con un fiore, pronto a corteggiarla. Osservando la ragazza, Russell ha notato come sembri proprio guardare un telefono.

Eliminiamo subito ogni dubbio: ovviamente non si tratta di un telefono cellulare, visto che il primo è arrivato cento e passa anni dopo la realizzazione del dipinto, con il Motorola Dynatac X8000X, presentato nel marzo del 1983, né tantomeno il primo smartphone, termine che comparve solo nel 1997 quando la Ericsson descrisse così il suo GS88 "Penelope" (anche se il primo smartphone in assoluto, chiamato Simon, fu progettato dalla IBM nel 1992 e commercializzato dalla BellSouth dal 1993). Perfetto: e allora cosa sta tenendo in mano la ragazza?
A rispondere è stato Gerald Weinpolter, CEO dell'agenzia d'arte austrian-paintings.at a Motherboard (testata di Vice): "La ragazza in questo dipinto di Waldmüller non sta giocando con il suo nuovo iPhone, ma sta andando in chiesa tenendo in mano un piccolo libro di preghiere". Un mistero di facile risoluzione, che ci ricorda però quanto il nostro sguardo sia ormai abituato ad associare a immagini antiche oggetti e situazioni a noi vicini. Un fenomeno simile alla cosiddetta pareidolia, cioè la tendenza psicologica a ricondurre pattern casuali a forme familiari (ad esempio a vedere volti o animali nelle nuvole).