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11 Settembre 2025
12:30

Ecco la prova che gli orsi combattevano con i gladiatori romani: la scoperta in un cranio di 1700 anni fa

Uno studio su un cranio di orso rinvenuto a Viminacium (Serbia) fornisce la prima prova archeologica diretta della partecipazione degli orsi alle venationes romane. Le tracce ossee rivelano cattività forzata e ferite da arma, confermando quanto noto finora solo da fonti scritte e iconografiche.

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Ecco la prova che gli orsi combattevano con i gladiatori romani: la scoperta in un cranio di 1700 anni fa
gladiatore e orso
Frammento di ceramica decorato con una scena di combattimento fra un gladiatore e un orso, rinvenuto in Germania, oggi al Museo Archeologico di Colonia. Credit: CC BY–SA 3.0; via Wikimedia Commons

Per secoli, le cronache e le raffigurazioni dei giochi gladiatori hanno mostrato orsi che combattevano con uomini armati nell’arena. Ora, uno studio condotto in Serbia, offre la prima prova materiale che questi animali furono davvero protagonisti delle venationes: un cranio di orso bruno racconta la sua storia di cattività, ferite e combattimenti. La partecipazione degli orsi ai giochi gladiatori romani infatti, è attestata da numerosi fonti iconografiche e scritte, e resti di orsi bruni (Ursus arctos) sono stati rinvenuti in alcuni contesti archeologici legati agli anfiteatri, ma solo recentemente lo studio di un cranio di un maschio di circa 6 anni d'età rinvenuto nell'anfiteatro dell'antica Viminacium, oggi Kostolac in Serbia, sembra aver trovato conferma non solo della partecipazione di un orso ai combattimenti, ma anche dello stato di cattività in cui l'animale era tenuto.

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Planimetria dell’anfiteatro di Viminacium, con evidenziato il luogo del ritrovamento del cranio di Ursus arctos. Credit: Markovic et al.

Viminacium, fondata come centro militare, era una delle città romane principali nel territorio dell'attuale Serbia. Come molte altre città a vocazione militare, era dotata di un anfiteatro per ospitare venationes e giochi gladiatorii, alcune delle attività preferite dei soldati di stanza alla frontiera dell'impero. Il cranio d'orso argomento dello studio è stato ritrovato nel 2016 a pochi metri di distanza dall'anfiteatro, in uno strato archeologico datato tra III e IV sec. d.C. che ha restituito i resti ossei di numerosi altri animali, come altri orsi e un leopardo.

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Il cranio d’orso bruno oggetto dello studio. Credit: Markovic et al.

Il cranio, frammentario ma ben conservato, ha permesso uno studio multidisciplinare (pubblicato su Antiquity) che ha visto l'apporto dell'archeozoologia (la scienza che si occupa dello studio dei resti animali nei contesti archeologici), della paleopatologia (lo studio delle malattie sui resti antichi) e del DNA antico. Il gruppo di ricerca, guidato da Nemanja Marković dell'Istituto di Archeologia di Belgrado, si è avvalso della collaborazione di studiosi affiliati alle università di Belgrado, di Varsavia e dell'Indiana. I dati incrociati hanno permesso di ottenere numerose informazioni. L'individuo di orso bruno era di sesso maschile, morto a circa sei anni di età, probabilmente in autunno, considerando l'accrescimento dentale: a dare le informazioni più importanti sono stati infatti lo studio della dentatura dell'animale e dell'osso frontale del cranio.

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Le tracce di usura dentaria e dell’infiammazione cronica della mascella causate probabilmente dalla masticazione delle sbarre della gabbia. Credit: Markovic et al.

I denti presentavano particolari tracce di usura, e sulla mascella erano presenti evidenti segni di una osteomielite alveolare cronica, una infiammazione dell'osso piuttosto comune in numerosi animali tenuti in cattività anche in contesti moderni (specialmente gli animali degli zoo), collegata direttamente con l'azione di masticare le sbarre della gabbia. L'osso frontale dell'orso bruno di Viminacium presentava inoltre una vistosa depressione nella parte sinistra. Si tratta verosimilmente di un trauma causato dall'impatto di un oggetto appuntito, forse la punta di una lancia, considerando le dimensioni. Le tracce della formazione di nuovo tessuto osseo attorno alla ferita e di una successiva infezione testimoniano come l'animale sia sopravvissuto per un certo tempo dopo la ferita.

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Il trauma causato dall’impatto con un oggetto appuntito sulla parte sinistra dell’osso frontale. Credit: Markovic et al.

Nelle numerosi rappresentazioni di venationes note in tutto l'impero, la lancia, uno degli strumenti da caccia per antonomasia, era una delle armi più usate. Lo studio del DNA dell'orso ha dimostrato anche che l'animale proveniva dalla locale popolazione di orsi bruni dei Balcani, ancora presente, suggerendo che probabilmente fosse stato catturato nella zona, non lontano da Viminacium. Numerose iscrizioni militari in tutto l'impero testimoniano l'esistenza presso le fortezze legionarie (come Viminacium) degli ursarii, ovvero cacciatori specializzati proprio nella cattura degli orsi.

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Venator affronta un leone con una lancia, in un mosaico tardoromano custodito al Museo del Bardo, a Tunisi. Credit: Par Pascal Radigue — Travail personnel, CC BY–SA 3.0; via Wikimedia Commons

Nonostante i resti di orsi siano attestati in diversi contesti archeologici legati ai giochi gladiatorii, fino ad oggi non c'era nessuna prova diretta di combattimenti che coinvolgessero questi animali, al di fuori delle fonti iconografiche e letterarie. Lo studio archeozoologico del cranio ha permesso di riconoscere nei resti di questo esemplare di orso bruno la prima prova archeologica a livello osseo di combattimenti tra gladiatori e orsi all'interno di anfiteatri in epoca romana.

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