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14 Novembre 2024
11:29

Scoperta la prova più importante della teoria della “Terra palla di neve”

Circa 700 milioni di anni fa la Terra era completamente ricoperta dai ghiacci dal Polo Nord al Polo Sud: una nuova prova, la più importante trovata finora, conferma la teoria della "Terra palla di neve". A fornirla sono state le arenarie delle Montagne Rocciose, in Colorado, una regione che al tempo si trovava all'equatore.

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Scoperta la prova più importante della teoria della “Terra palla di neve”
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Tra 717 e 661 milioni di anni fa, nel corso del tardo Proterozoico, la Terra attraversò la cosiddetta “glaciazione sturtiana”. Fu il periodo glaciale più estremo che si sia mai verificato, con i ghiacci che ricoprivano interamente il nostro pianeta dal Polo Nord al Polo Sud e una temperatura media globale che toccava i –50 °C. Questa teoria, elaborata dal geologo australiano Douglas Mawson nella prima metà del Novecento, è conosciuta come teoria della “Terra palla di neve” o “Snowball Earth”. Anche se nel corso del tempo sono state individuate sul pianeta numerose testimonianze di questa lunghissima glaciazione, mancava una prova decisiva del fatto che nel Proterozoico le calotte glaciali ricoprissero i continenti anche nelle zone equatoriali. Ora un team di geologi dell’Università del Colorado è riuscito a fornirla datando particolari arenarie delle Montagne Rocciose in Colorado: risalirebbero alla glaciazione sturtiana e si sarebbero formate a causa del peso delle calotte glaciali su una regione che a quel tempo si trovava all’equatore.

Le rocce che testimoniano la glaciazione sturtiana

La teoria della “Terra palla di neve” finora si è basata in gran parte sul ritrovamento di materiali rocciosi deposti dai ghiacciai in aree che nel Proterozoico si trovavano in ambiente costiero o di mare poco profondo. Ora invece, i ricercatori hanno trovato una prova anche all’interno di un continente che in quell’intervallo di tempo si trovava riunito insieme agli altri nei pressi dell’equatore a formare il supercontinente Rodinia. In particolare, in corrispondenza di Pikes Peak, la cima più alta della catena montuosa Front Range delle Montagne Rocciose in Colorado, già da tempo erano state individuate rocce dalle caratteristiche insolite. Si tratta di arenarie presenti sotto forma di infiltrazioni all’interno di graniti, che si ritiene si siano formate a partire da un fluido mescolato a sabbia “iniettato” all’interno di fratture. Si è ipotizzato che a originare queste arenarie sia stata l’enorme pressione esercitata dalla calotta glaciale sovrastante, che verso la fine della glaciazione avrebbe spinto nelle fratture l’acqua proveniente dalla fusione del ghiaccio mescolata a sedimenti.

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Credit: Almeda Santos et al., 2020.

La datazione delle rocce arenarie nel Colorado

Per confermare l’ipotesi queste infiltrazioni, definite “Tava injectites”, dovevano però essere datate. I ricercatori sono riusciti a farlo solo ora grazie a vene di minerali contenenti ferro (come l’ematite), che tagliano trasversalmente le arenarie. I minerali di ferro, infatti, contengono quantità molto basse di elementi radioattivi presenti in natura, compreso l’uranio, che nel tempo si trasforma per decadimento radioattivo in piombo. Dal momento che si conosce il tempo impiegato dall’uranio per trasformarsi, misurando grazie a un’apposita e avanzata strumentazione il rapporto tra gli isotopi dell’uranio e quelli del piombo presente nei minerali di ferro, è stato possibile datare questi ultimi. Di conseguenza, si è riusciti a ricondurre le arenarie a un intervallo temporale compreso tra 690 e 660 milioni di anni fa, cioè alla glaciazione sturtiana.

Ora l’obiettivo è quello di individuare rocce di questo tipo anche in altre località dell’America settentrionale, in modo da ottenere una visione d’insieme di come apparisse la Terra durante la glaciazione. Negli ultimi anni sono stati fatti molti studi relativi alla teoria della “Terra palla di neve”: si è cercato, per esempio, di comprendere come si sia innescata, come mai sia stata così intensa, perché sia durata ben 56 milioni di anni e come alcuni organismi abbiano potuto sopravvivere. Data la complessità e l’unicità di questo evento, ci vorrà ancora tempo per averne una ricostruzione completa.

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Le "Tava injectites", in Colorado. Credit: James St. John, CC BY–SA 2.0, via Flickr
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